Il Sud? Sta diventando un Paese per vecchi, con una senescenza demografica crescente e sempre meno lavoro per i giovani. E’ la fotografia che emerge dal Rapporto Svimez 2011 presentato ieri. Il Mezzogiorno è in recessione, continua a crescere meno del Centro-Nord, e lavora ufficialmente meno di un giovane su tre con un tasso di disoccupazione reale che sarebbe del 25%. Un’area a rischio tsunami demografico, in cui nel 2050 gli over 75 cresceranno di dieci punti percentuali. In base a valutazioni Svimez nel 2010 il Pil e’ aumentato nel Mezzogiorno dello 0,2%, in decisa controtendenza rispetto al -4,5% del 2009, ma distante di un punto e mezzo percentuale dalla performance del Centro-Nord (+1,7%). Non va meglio nel medio periodo: negli ultimi dieci anni, dal 2001 al 2010 il Mezzogiorno ha segnato una media annua negativa, -0,3%, decisamente distante dal + 3,5% del Centro-Nord, a testimonianza del perdurante divario di sviluppo tra le due aree. In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno e’ passato dal 58,8% del valore del Centro Nord nel 2009 al 58,5% del 2010. In valori assoluti, a livello nazionale, il Pil e’ stato di 25.583 euro, risultante dalla media tra i 29.869 euro del Centro-Nord e i 17.466 del Mezzogiorno. Nel 2010 la regione piu’ ricca e’ stata la Lombardia, con 32.222 euro, seguita da Trentino Alto Adige (32.165 euro), Valle d’Aosta (31.993 euro), Emilia Romagna (30.798 euro) e Lazio (30.436 euro).
Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato e’ stata l’Abruzzo (21.574 euro), che comunque registra un valore di circa 2.200 euro al di sotto dell’Umbria, la regione piu’ debole del Centro-Nord. Seguono il Molise (19.804), la Sardegna (19.552), la Basilicata (18.021 euro), la Sicilia (17.488), la Calabria (16.657) e la Puglia (16.932). La regione più povera e’ la Campania, con 16.372 euro. Delle 533 mila unità perse in Italia tra il 2008 e il 2010, ben 281 mila sono nel Mezzogiorno. Nel Sud dunque pur essendo presenti meno del 30% degli occupati italiani si concentra il 60% delle perdite di lavoro determinate dalla crisi. Incide in questa area, più che altrove, il calo fortissimo dell’occupazione industriale (meno 120 mila addetti, che vuol dire quasi il 15% di calo, che diviene il 20% in Campania). Secondo la Svimez, per uscire dall’impasse occorre promuovere una nuova politica industriale specifica per il Sud, con risorse adeguate. Uno degli elementi fondamentali dovrebbe essere costituito dalla fiscalità di vantaggio. Nel 2010 gli occupati in Italia sono stati 22 milioni 872mila unità, 153mila in meno rispetto al 2009, di cui 86.600 nel solo Mezzogiorno. Ma la vera e propria emergenza – rileva il Rapporto Svimez – e’ tra i giovani.
Nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) e’ giunto nel 2010 ad appena il 31,7% (nel 2009 era del 33,3%): praticamente al Sud lavora meno di un gio-vane su tre. Situazione drammatica per le giovani donne, ferme nel 2010, al 23,3%, 25 punti in meno rispetto al Nord del Paese (56,5%). E’ come se la “debolezza” sul mercato del lavoro, legata in tutto il Paese alla “condizione giovanile”, al Sud si protraesse ben oltre l’età’ in cui ragionevolmente si può parlare di “giovani”. Dal brain drain, cioè dalla “fuga dei cervelli”, il drenaggio di capitale umano dalle aree deboli verso le aree a maggiore sviluppo, siamo ormai passati al brain waste, lo “spreco di cervelli”, una sottoutilizzazione di dimensioni abnormi del capitale umano formato che non trova neppure più una valvola di sfogo nelle migrazioni.
Nel 2010 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente e’ stato del 13,4% al Sud e del 6,4% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro. Nel Centro-Nord la perdita di posti di lavoro tende a trasformarsi quasi interamente in ricerca di nuovi posti di lavoro; nel Mezzogiorno solo in minima parte diventa effetti-vamente ricerca di nuova occupazione. Rispetto all’anno precedente, i disoccupati sono aumentati più al Centro-Nord (+9,4%) che al Sud (+6,6%). In testa alla non invidiabile classifica, la Sicilia, con un tasso del 14,7%, seguita dalla Sardegna (14,1%) e dalla Campania (14%). In valori assoluti i disoccupati sono aumen-tati di 59.300 unita’ nel Mezzogiorno, di cui 18.500 in Campania e 12.600 in Puglia.
Nel Sud – prosegue il Rapporto Svimez – cresce la domanda di lavoro in agricoltura (+2%), dopo la forte flessione del 2009 (-5,8%), con un forte boom in Calabria e Abruzzo, superiore al 10%. In calo l’industria, che segna -5,5%. Ancora peggio se consideriamo l’industria in senso stretto: -7,3%, più del doppio del Centro-Nord (-3,3%). La dinamica dell’occupazione industriale e’ sensibilmente negativa in tutte le regioni del Sud, particolarmente in Sicilia (-8,1%), Calabria (-6,9%) e Campania (-6,1%). Fa eccezione il Molise (+3,7%), per l’ampio ricorso alla cig. Giù anche i servizi, con un calo dello 0,4%, ben più marcato che nell’altra ripartizione (+0,2%). Particolarmente negativo il dato del Molise (-4,9%) e della Basilicata (-3,6%). In controtendenza la Sardegna (+3,1%). In valori assoluti, il Sud ha perso nel 2010 77.500 unità nel settore industriale (-126.600 nel Centro-Nord), e 17.300 unità nei servizi (+52.100 nel Centro-Nord). Gli occupati in agricoltura sono cresciuti invece di 16.500 unità, di cui 8.400 al Centro-Nord e 8.100 al Sud (con una forbice compresa tra +5.800 in Calabria e -4.900 in Sardegna).