C’è anche il “capitolo Ceravolo” nelle motivazioni in base alle quali il Tribunale del Riesame ha annullato il sequestro preventivo di beni nell’ambito dell’inchiesta sul fallimento dell’Us Catanzaro. Nel documento di 18 pagine vengono affrontati preliminarmente i provvisori d’imputazione relativi alla presunta bancarotta. E tra questi c’è anche la “distrazione, occultamento e dissipazione del capitale sociale attraverso simulazione di costi per asseriti lavori di ristrutturazione dello stadio Nicola Ceravolo e attraverso la restituzione verso i soci delle somme erogate alla società a titolo di contributo“. Su questo fronte il collegio del Riesame (presidente e relatore Pietro Scuteri, a latere Emanuela Romano e Ilaria Tarantino) osserva che i dati, allo stato, sono «complessivamente poco chiari e soprattutto frammentari», anche alla luce di «una lettera raccomandata trasmessa dall’ufficio legale del Comune datata 10 agosto 2007 con la quale si attestava che l’Ente non ha mai rilasciato alla società calcistica nessuna autorizzazione necessaria ed indispensabile per effettuare i lavori in questione ed ancor più che la società non ha mai avanzato apposita richiesta».
I lavori oggetto di accertamento sono stati eseguiti per l’adeguamento dello stadio in vista della stagione 2004/2005. E sono stati affidati in appalto ad una società, già socia dell’Us, per un corrispettivo di 1 milione di euro. Secondo la Procura l’operazione sarebbe stata «simulata».
Tutti i passaggi dell’inchiesta vengono snocciolati, in rapida successione, nel provvedimento del Tdl. Partendo dall’osservazione secondo la quale «determinati aspetti fattuali della vicenda, specie sotto il profilo della tempistica, appaiono oggettivamente nebulosi e confusi», il collegio del Riesame conclude sancendo che alcune delle condotte contestate «sono temporalmente collegate all’erogazione dei contributi da parte della Lega Calcio e del Comune e della Provincia di Catanzaro». Però, «a giudizio del Tribunale, sia con riferimento ai contributi erogati dalla Provincia e dal Comune, sia con riferimento alle somme erogate dalla Lega Calcio, seppur per ragioni in parte diverse, non appare astrattamente configurabile, nei termini contestati, la fattispecie delittuosa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche». Infatti (come già pubblicato nell’edizione di ieri) per quanto riguarda le somme versate all’Us da Comune e Provincia «non appare oggettivamente sussistere alcun collegamento causale tra le accuse descritte nei capi d’imputazione e l’erogazione dei contributi a favore della società calcistica», mentre sul fronte della Lega Calcio «essa non è qualificabile come Ente Pubblico», un presupposto che fa cadere automaticamente l’ipotesi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche a carico degli indagati.
Nell’inchiesta sul fallimento della storica società calcistica sono indagati Claudio Parente (54 anni, di Catanzaro), Massimo Poggi Madarena (60, di Catanzaro), Bernardo Colao (53, di Simeri Crichi), Giuseppe Ierace (50, di Locri), Domenico Cavallaro (50, di Roma) e Gerardo Carvelli (63, di Catanzaro), tutti ex amministratori – in epoche diverse – dell’Unione sportiva Catanzaro. La presunta truffa – secondo la ricostruzione del pm Alberto Cianfarini – si sarebbe concretizzata nell’incasso risalente a giugno del 2007 di «contributi pubblici» ritenuti indebiti per 3 milioni 410mila euro da parte della Lega Calcio e di 536mila euro da parte della Provincia e del Comune.
L’annullamento dei sequestri deciso dal Tdl potrebbe essere impugnato in Cassazione dalla Procura, che si appresta anche ad avanzare le proprie richieste al gup nel senso del rinvio a giudizio e dell’archiviazione.
Al Tdl hanno presentato ricorso tutti gli indagati ad accezione di Carvelli. Del collegio difensivo fanno parte gli avvocati Armando Veneto, Annalisa Pisano, Salvatore Staiano, Bruno Ganino, Antonella Canino, Alessio Di Amato, Giuseppe Fonte, Antonietta Denicolò e Benedetto De Seta, Massimo Poggi Madarena e Claudio Parente.(g.l.r.) Gazzetta del Sud