Arrivano come ogni anno a maggio le Bandiere Blu, il prestigioso riconoscimento assegnato dalla Fondazione per l’Educazione Ambientale (FEE), un’associazione internazionale non governativa con sede in Danimarca ma operante in oltre 60 paesi del mondo. E anche quest’anno Catanzaro “brilla” per la sua assenza dopo essere stata Bandiera Blu dal 2003 al 2006. Nessuna spiaggia e nessun approdo turistico della provincia hanno ottenuto la segnalazione. E del resto , pubblicate da Puntonet qualche giorno fa, chiariscono ampiamente alcuni dei motivi per cui è difficile ottenere la nomination. In tutta Italia sono 233 le spiagge e 125 i comuni premiati. La Calabria ha ottenuto 5 bandiere, una in più rispetto al 2010. Oltre alle confermate Marina di Gioiosa e Roccella (Reggio Calabria), Cirò Marina (Crotone) e Cariati (Cosenza), anche Amendolara – località dell’alto Jonio cosentino – è stata inserita nella speciale classifica.
L’obiettivo della FEE è quello di diffondere le buone pratiche ambientali, attraverso molteplici attività di educazione, formazione e informazione per la sostenibilità. Nello specifico del progetto “Bandiera Blu”, la fondazione vuole spingere gli enti locali a rendere più puliti le proprie spiagge, i lidi, gli approdi turistici. L’assegnazione della bandiera – che spesso è oggetto di polemica politica e di accuse per la scarsa trasparenza – avviene secondo criteri ben definiti che rispondono a quattro macro-aree: educazione ambientale e informazione, qualità delle acque, gestione ambientale, servizi e sicurezza. Il più importante criterio di valutazione – almeno per le spiagge – è ovviamente la qualità delle acque di balneazione. Ma contano molto anche la depurazione delle acque reflue, la certificazione ambientale, la gestione dei rifiuti, i servizi turistici, la sicurezza, l’accessibilità nelle spiagge, l’educazione e la comunicazione ambientali, le iniziative di sostenibilità ambientale.
Intanto, sul progetto Bandiera Blu pesa l’incognita del cosiddetto “decreto sviluppo” varato dal governo pochi giorni fa. Nel decreto, oltre alla possibilità di costruire nuovi edifici su terreni demaniali e su quelli adiacenti, viene introdotto il diritto di superficie per 90 anni che in pratica consente ai gestori degli stabilimenti balneari di diventare di fatto proprietari del terreno in cambio di un canone a prezzi di mercato (su concessione dei comuni). Un provvedimento che secondo il governo è destinato a «incrementare l’efficienza del sistema turistico italiano», mentre gli ambientalisti sono sul piede di guerra e prevedono – oltre alla svendita dei terreni demaniali – che una colata di cemento si abbatterà sulle coste italiane.
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