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Lea Garofalo scrisse al Capo dello Stato chiedendo aiuto

Pubblicato il memoriale di Lea Garofalo sul Quotidiano della Calabria

TEMEVA di essere uccisa. Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia di Petilia Policastro ammazzata a Milano e poi sciolta nell’acido. Lo scrisse in una lettera (mai pubblicata finora) al capo dello Stato e ai direttori di alcuni giornali nazionali. Un memoriale che riportiamo integralmente. SIGNOR presidente della Repubblica, chi le scrive è una giovane madre, disperata, allo stremo di tutte le proprie forze, psichiche e mentali in quanto quotidianamente torturata da anni dall’assoluta mancanza di adeguata tutela da parte di taluni liberi professionisti, quali il mio attuale legale che si dice disponibile a tutelarmi e di fatto non risponde neanche alle mie telefonate. Siamo da circa 7 anni in un programma di protezione provvisorio in casi normali la provvisorietà dura all’incirca 1 anno, in questo caso si è oltrepassato ogni tempo e, permettetemi, ogni limite, in quanto quotidianamente vengono violati i nostri diritti fondamentali sanciti dalle leggi europee. 

IL MIO AVVOCATO NON MI TUTELA 
Il legale assegnatomi dopo avermi fatto figurare come collaboratrice, termine senza che mai e dico mai ho commesso alcun reato in vita mia. Sono una donna che si è presa sempre le proprie responsabilità e che da tempo ha deciso di rompere ogni tipo di legame con la propria famiglia e con il convivente. Cercando di riniziare una vita all’insegna della legalità e della giustizia con mia figlia. Dopo numerose minacce psichiche, verbali e mentali, decido di denunciare tutti. Vengo ascoltata da un magistrato dopo un mese dalle mie dichiarazioni in presenza di un maresciallo e di un legale assegnatomi, mi dissero che bisognava aspettare di trovare un magistrato che non fosse corrotto dopo oltre un mese passato scappando di città in città per ovvie paure e con una figlia piccola, i carabinieri ci condussero alla procura della Repubblica di C. e li fui sentita in presenza di un avvocato assegnatomi dalla stessa procura. Questi mi comunicarono di figurare come collaboratore, premetto di non avere nessuna conoscenza giuridica, pertanto il termine di collaboratore per una persona ignorante, era corretto in quanto stavo collaborando al fine di far arrestare dei criminali mafiosi. Dopo circa tre anni il mio caso passa ad un altro magistrato e dai lui appresi di essere stata maltutelata dal mio legale. 
HO PERSO TUTTO E SIAMO ISOLATE 
Oggi mi ritrovo, assieme a mia figlia isolata da tutto e da tutti, ho perso tutto, la mia famiglia, ho perso il mio lavoro (anche se precario) ho perso la casa, ho perso i miei innumerevoli amici, ho perso ogni aspettativa di futuro,ma questo lo avevo messo in conto, sapevo a cosa andavo incontro facendo una scelta simile. Quello che non avevo messo in conto e che assolutamente non immaginavo, e non solo perché sono una povera ignorante con a mala pena un attestato di licenza media inferiore, ma perché pensavo sinceramente che denunciare fosse l’unico modo per porre fine agli innumerevoli soprusi e probabilmente a far tornare sui propri passi qualche povero disgraziato sinceramente, non so neanche da dove mi viene questo spirito, o forse sì, visti i tristi precedenti di cause perse ingiustamente da parte dei miei familiari onestissimi! Gente che si è venduta pure la casa dove abitava, per pagare gli avvocati e soprattutto, per perseguire un’idea di giustizia che non c’è mai stata, anzi tutt’altro! Oggi e dopo tutti i precedenti, mi chiedo ancora come ho potuto, anche solo pensare che in Italia possa realmente esistere qualcosa di simile alla giustizia, soprattutto dopo precedenti disastrosi come quelli vissuti in prima persona dai miei familiari. 
CONOSCO GIÀ IL DESTINO CHE MI ASPETTA 
Eppure sarà che la storia si ripete o che la genetica non cambia, ho ripetuto e sto ripetendo passo dopo passo quello che nella mia famiglia è già successo, e sa qual è la cosa peggiore? La cosa peggiore è che conosco già il destino che mi aspetta, dopo essere stata colpita negli interessimateriali e affettivi arriverà la morte! Inaspettata indegna e inesorabile e soprattutto senza alcuna soddisfazione per qualche mio familiare è stata anche abbastanza naturale se così di può dire, di una persona che muore perché annega i propri dolori nell’alcol per dimenticare un figlio che è stata ucciso per essersi rifiutato di sottostare ai ricatti di qualche mafioso di turno. Per qualcun altro è stato certamente più atroce di quanto si possa immaginare lentamente, perché questo visti i risultati precedenti negativi si è fatto giustizia da solo e, si sa, quando si entra in certi circoli viziosi difficilmente se ne esce indenni tutto questo perché le istituzioni hanno fatto orecchie da mercante! 
CREDO ANCORA NELLA GIUSTIZIA 
Oracon questa mia lettera vorrei presuntuosamente, cambiare il corso della mia triste storia perché non voglio assolutamente che un giorno qualcuno possa sentirsi autorizzato a fare ciò che deve fare la legge e quindi sacrificare se pur per una giustissima causa la propria vita è quella dei propri cari per perseguire un’idea di giustizia che tale non è più, nel momento in cui ce la si fa da soli e, con metodi diciamo così spicci. Vorrei Signor Presidente, che con questa mia richiesta di aiuto, lei rispondesse alle decine, se non centinaia di persone oltre a me che oggi si trovano nella mia stessa situazione. Ora non so, sinceramente, quanti di noi non abbiano mai commesso alcun reato e, dopo aver denunciato diversi atti criminali, si sono ritrovati catalogati come collaboratori di giustizia e quindi appartenenti a quella nota fascia di infami, così comunemente chiamati in Italia, piuttosto che testimoni di atti criminali, perché le posso assicurare, in quanto vissuto personalmente che esistono persone che nonostante essere in mezzo a situazioni del genere riescono a non farsi compromettere in nessun modo a ad aver saputo dare dignità e speranza oltre che giustizia alla loro esistenza. Lei oggi, signor presidente, può cambiare il corso della storia, se vuole può aiutare chi, non si sa bene perché, o come, riesce ancora a credere che anche in questo paese vivere giustamente si può, nonostante tutto! La prego signor presidente ci dia un segnale di speranza, non attendiamo che quello, e a chi si intende di diritto civile e penale, anche voi aiutate chi è in difficoltà ingiustamente! Personalmente non credo che esiste chissà chi o chissà cosa, però credo nella volontà delle persone, perché l’ho sperimentata personalmente e non solo per cui, se qualche avvocato legge questo articolo e volesse perseguire un’idea di giustizia accontentandosi della retribuzione del patrocinio gratuito e avendo in cambio tante soddisfazioni e una immensa gratitudine da parte di una giovane madre che crede ancora in qualcosa di vagamente reale, oggi giorno in questo paese si faccia avanti, ho bisogno di aiuto, qualcuno ci aiuti. 

(Il Quotidiano della Calabria, edizione di oggi 3 dicembre 2010)

Autore

Salvatore Ferragina

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