Quando ho preso la decisione di scendere ho parlato con pochissime persone. Ovviamente quelle a me più vicine e già sapevo che quasi tutti mi avrebbero consigliato di desistere, invitato a rinunciare. Ma a questo ero preparato, i cambiamenti spaventano un pò tutti. E’ molto più facile avere la presunzione di dire “stai facendo una sciocchezza”, che fermarsi a riflettere sul perchè di una scelta e limitarsi ad augurare semplicemente un “in bocca al lupo”. Quando ho deciso di far ritorno in Calabria avevo una casa, una professione, una compagna e un ottimo gruppo di amici. Avevo la mia vita a Milano. Avevo tutto ciò che molti miei coetanei ancora non hanno o semplicemente vorrebbero avere. Mancavano ancora un matrimonio e dei figli. Ed è su questi due obbiettivi che si sono concentrati i pensieri più importanti.La mia scelta non è stata dettata dall’egoismo di un cambiamento personale, nè dall’avventatezza delle decisioni prese in un momento di difficoltà. Ho deciso di fare rotta verso sud quando ancora ritenevo di averne le possibilità. E cioè prima di metter su famiglia. Quindi con la ferma intenzione di ricominciare da dove ero partito. Con la volontà di far nascere i miei figli nella stessa città che mi ha dato i natali. E con la consapevolezza che un giorno probabilmente avrei sofferto cosi come hanno sofferto i miei genitori quando ho chiuso la mia prima valigia.
Per chi non è nato a sud questo passaggio può sembrare un atto di puro masochismo. Un’apparente follia vendicativa. Chi invece è nato a sud sa cosa significa avere una terra nel cuore. Sa cosa significa sentire ogni giorno la mancanza dell’affetto dei cari. In una regione poverissima, dove a stento emergono le menti più brillanti, ogni giorno si assottiglia il margine d’errore che ci è concesso dal punto di vista professionale. Perchè è nella mancanza del lavoro la prima causa di tutti i mali. Ogni giorno paghiamo un interesse altissimo sul gap che ci divide dal nord del paese. Ma a ben guardare non è solo e sempre una questione lavorativa. Dal benessere alla cultura, dallo spettacolo alla giustizia, dallo sport al turismo. Qualsiasi argomento vede il sud del paese in un continuo e affannoso inseguimento. Eppure non è tutto oro quello che luccica. Io a Milano non ho trovato la pentola d’oro che sta alla fine dell’arcobaleno. Quel fascio di luci e colori, che inseguivo da ragazzo, è improvvisamente sparito quando ho scoperto che la realtà delle cose era ben diversa. Ho avvertito la mancanza della mia terra e l’affetto dei miei cari quando il distacco stava per diventare definitivo. E’ stato in quel momento che ho deciso di fare marcia indietro. Quando mi sono chiesto per quale ragione al mondo non avevo diritto di godermi i miei genitori ogni volta che volevo. Per quale ragione al mondo mio fratello stava diventando un buon amico di quelli che si sentono una volta la settimana. Per quale misterioso disegno del destino mi ostinavo a vivere in una città che da una parte mi dava molto e dall’altra mi toglieva moltissimo. Perchè è con questo che facciamo i conti tutti i giorni. Con la bilancia della nostra quotidiana soddisfazione. Con l’umore che ci accompagna sull’uscio di casa quando apriamo la porta a un giorno uguale a quello precedente. E un giorno ho scoperto che mi mancava qualcosa di più importante. Non erano i weekend in Europa e nemmeno gli aperitivi nei locali più trend. Non erano le partite di champions league e non erano le serate a teatro. Non erano le passeggiate in centro e non era lo shopping nei negozi alla moda. Non erano i weekend sulla neve e non erano le cene con gli amici. Non erano le vacanze in Sardegna e non erano le gite fuori porta. Ho perso il conto delle cose bellissime e indimenticabili che ho fatto in undici anni di vita a Milano. L’anno scorso per la prima volta ho comprato un albero di natale. E’ stata un’idea della mia compagna. Lo abbiamo addobbato di tutto punto e le luci a intermittenza sono rimaste accese fino al 20 dicembre. Poi siamo scesi giù in Calabria dove abbiamo brindato e festeggiato in compagnia di amici e parenti. Una settimana di tempo per scambiarsi auguri e regali, poi di corsa ancora a Milano dove con un po’ di malinconia abbiamo riposto nel cassetto quelle luci che avevano brillato solo nei giorni antecedenti le festività. Come a testimoniare la loro inutile funzione decorativa, spogliata del sorriso e del buon umore che la gente riscopre nei giorni di festa. Quest’anno il regalo più gradito sarà quello di addobbare l’albero di natale giù in Calabria con le persone che amo. Senza più alcuna intermittenza. Con l’augurio che ogni emigrante possa un giorno accendere una luce colorata nella sua terra d’origine.
D.