“Sarei venuto se non fossi impedito da impegni inderogabili, anche se il vostro incontro aperto ha una valenza sotto certi aspetti superiore. Sarei venuto da democratico insaziabile, per riaffermare in me-in un tempo altamente difficile per la democrazia- il principio che la libertà è indiscutibile. Non trattabile. Non riducibile, se non quando la manifestazione di essa non arrechi danno a persona o limitazione dell’altrui libertà. Sarei venuto, e idealmente ci sono, per dirvi due cose. La prima è che vi porto nuovamente la mia solidarietà per la vile aggressione subita dal vostro compagno. Inorridisco al pensiero che si possa rischiare la vita e versare sangue del proprio corpo, perché chi non ha ragione e disprezza le parole, ricorre alla violenza. Mi addolora che tra i giovani vi sia chi possa coltivare odio ideologico nei confronti di altri giovani. Prima, molto prima, della lotta contro quel “nemico” giurato, ci sono tanti nemici veri da contrastare, e democraticamente, in una società che, divenuta sempre più ingiusta, proprio contro i giovani rivolge quella sottile indifferenza che li emargina. E non solo dal mondo del lavoro, ma anche dalla possibilità di costruire con la loro intelligenza una nuova qualità della vita. Che necessariamente passa da una nuova e più degna qualità del lavoro. Questa società è da cambiare. Ma senza i giovani, nessuno escluso, non sarà possibile. Se le nuove generazioni immettessero unitariamente le loro sane energie in un’azione di cambiamento di questa politica e di moralizzazione delle istituzioni, probabilmente quel mondo ribaltato che tanti sognano, non sarà a portata di mano, ma molte cose potranno cambiare in direzione dell’affermazione di alcuni principi ampiamente condivisi. La seconda cosa che vi avrei detto, e vi dico, è di restare calmi, di non accettare provocazioni, di non trasformare la sfiducia nelle istituzioni in un desiderio di rivalsa. La stessa esortazione mi verrebbe da rivolgere agli aggressori dell’altra sera, e a quanti li hanno accompagnati inconsapevoli delle conseguenze. Vorrei che fossero loro stessi a pentirsi dell’accaduto attraverso l’unico modo possibile: convertire la loro forza fisica e la loro rabbia nel pensiero e nel ragionamento. E nel confronto, per quanto duro, aperto. Anche a chi è distante mille miglia dalla loro ideologia. C’è una terza cosa che avrei detto, e che dico. Essa non riguarda voi. Si rivolge alle Forze dell’ordine e alle Istituzioni. Alle prime rivolgo un pressante invito affinché fatti come questi non vadano sottovalutati, anche al fine di evitare che la spirale di violenza si prolunghi. Alle istituzioni ribadisco la sollecitazione a non chiudere gli occhi, o far finta di non vedere. Non si può guardare sempre dalla stessa parte, dove c’è il potere e gli interessi che lo muovono. C’è inquietudine nel mondo giovanile e tanto disagio, che richiedono ascolto e risposte adeguate. Ma c’è anche voglia di partecipazione e di sogni. La “ribellione” giovanile si esprime anche nelle forme del silenzio, della rinuncia e della sfiducia, quando non nel ripiego verso quell’auto- violenza rappresentata dall’uso di sostanze distruttive. La Città non può restare indifferente a tutto questo. Non può lasciare che le sacche di povertà si gonfino e l’ingiustizia dilaghi. Non può farlo. Perché non può morire”.
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