Fabiolo, nella notte precedente la tenzone, avverte i componenti della propria Armata del possibile tentativo di assedio da parte della legione capitanata da Pippolo, il quale, pur conscio delle oggettive difficoltà, esorta i suoi a far di tutto per conquistare il campo militare inespugnato da oltre 40 anni. Una vittoria porterebbe la Repubblica marinara a sole tre miglia dal sassaiolo esercito neroverde che da tempo domina il secondo feudo del territorio italico. Vengono impedite le libagioni notturne, ci vuole concentrazione.
Fabiolo, dal canto suo, durante la veglia risistema l’apparato bellico e ordina ai suoi di attaccare alle prime luci dell’alba nel tentativo di sorprendere i contendenti nonostante la presunta inferiorità. Impartisce al Capitano d’Armata l’ordine di non dare punti di riferimento e incita le proprie schiere all’attacco ponderato. L’assedio è evitato, i normanni controbattono ogni velleità di sopraffazione e ricacciano le truppe ostili verso il loro accampamento riuscendo in alcuni tratti ad assediarle, pur senza abbatterle.
La battaglia è aspra, corretta, indomita. Non ci sono né vincitori né vinti e al tramonto, deposte le armi, l’Armata normanna e la Repubblica marinara si dichiarano entrambe soddisfatte per aver rispolverato, eroicamente, i fasti di un mondo antico.
Lina
