Catanzaro News Dalla Redazione

Mi piace la gente semplice. Vincenzo Vivarini, “l’uomo giusto”

Scritto da Redazione

Umanità e riconoscenza catanzarese per il condottiero abruzzese. Il ritratto di Emanuele Ferragina sul tecnico giallorosso

Il rumore della gente in festa si dissolve e il vecchio militare resta lì, solo, con la sua imperitura memoria. Un miracolo lungo sette mesi si è compiuto davanti ai suoi occhi, e lui è il teatro custode della materia di cui sono fatti i nostri sogni. Lui c’era anche 90 anni fa ad accompagnare il Catanzaro di Géza Kertész alla prima storica promozione in serie B. Oggi come allora il condottiero del nostro Catanzaro è un uomo giusto. ‘L’uomo giusto’. Non c’è presente senza passato.  

Tutto accade e tutto resta scolpito nella memoria, però il nostro destino è quello di passare, passare percorrendo strade, strade diverse che però sempre conducono al mare. Non ho mai inseguito la gloria, né tantomeno creduto di poter lasciare scolpito nella memoria degli uomini il mio canto. So solo che canto per la gente semplice, quella a cui troppo spesso non si da peso, mi piace farlo come guardare alle bolle di sapone. Quelle bolle di sapone che somigliano ai miei sogni da bambino. Sogni come bolle di sapone che si dipingono al sole mentre volano nel cielo azzurro. Amavo guardarle tremare per un attimo e poi rompersi improvvisamente. 

Viandante, sono i tuoi passi la strada e nulla di più. Viandante, la strada non esiste, perché la strada la fai camminando. E mentre camminerai per il mondo, volgendo lo sguardo indietro vedrai il sentiero che non dovrai mai più ripercorrere. Viandante la strada non esiste, la strada la fai camminando.

(Libera re-interpretazione di ‘Cantares’ di Joan Manuel Serrat)

____

E alla fine ce l’hai fatta. La vittoria era scritta nel tuo nome, con tutte quelle V che creano un’assonanza sibilante ogni volta che le pronunci con rapidità: Vincenzo ViVarini. Vincenzo alla fine ce l’hai fatta. Sei riuscito a trasformare un’idea – la tua utopia – in una macchina da corsa che ha triturato gli avversari per sette mesi. Però quanta fatica per quella fede incrollabile nelle tue idee. Non hai mai ceduto al compromesso, quel “risultatismo” senza gioco che alberga a tutte le latitudini. Metafora di un paese incapace di rischiare per cambiare il proprio destino.

Vincenzo, non ti sono riconoscente solo per il tuo calcio ma anche e soprattutto per la tua umanità. «Il calcio è crudele per la gente di Catanzaro. Però adesso bisogna accettarlo e andare avanti», dicevi mentre ci leccavamo le ferite per l’ennesima beffa del destino trattenendo a stento la rabbia. Il calcio era stato crudele anche con te Vincenzo, ma non ti sei appellato ai torti subiti e al fato, hai assorbito il colpo facendoti carico della delusione di un popolo in quella giornata infausta e ti sei rimesso in cammino. Quel giorno è la pietra angolare che ti ha trasformato da semplice allenatore a condottiero silenzioso. Che ti ha trasformato nell’eroe umile che disegnavo nelle mie storie da bambino. Vincenzo, è grazie a quella tua umanità semplice da antieroe, mai separata dalla freddezza maniacale dei tuoi schemi e dei tuoi dettami tattici, che hai saputo costruire questa squadra ed entrare in punta di piedi nel cuore e nella storia di un popolo. Quell’umanità semplice che si legge nei tuoi occhi. Quegli occhi commossi dopo Juve Stabia-Catanzaro, che sono gli stessi di Nardella e Carnuccio ne “La Striscia”, e del bambino che mi sventola il vessillo giallorosso davanti mentre la curva intona l’ennesimo coro di un gospel che sa di marcia trionfale.

Vincenzo quanta fatica per ritrovare la nostra strada verso il mare. Come novelli Sisifo ci siamo incamminati verso campi impolverati senza certezza del risultato, e mi piace pensare che il successo di oggi sarebbe stato impossibile senza vittorie come quella di Ischia sette anni fa. Certo meno scintillanti, ma impastate di cuore, umiltà e fatica. Nella voce rotta di Salvatore che paragona la partita successiva da giocare con il Melfi in casa a quella con l’Udinese, che da bambino vissi come la prima grande gioia in giallorosso, la fede di un popolo che affronta il presente gramo con la schiena dritta di chi ha fatto la storia. Vincenzo, forse tu non lo sai, ma da quel 5 a 2 all’Udinese sono passati quasi 34 anni. Non c’è presente senza passato, tu avevi terminato da un paio di settimane il tuo primo campionato di serie C2 con la Turris ed anche quel giorno il vecchio militare era pieno.

Ora lo possiamo dire Vincenzo, non era la serie B quello che contava veramente – anche se tanto agognata – ma il cammino che avremmo dovuto percorrere per tornarci insieme. Le orme lasciate sulla sabbia fresca – pur se cancellate dal mare in tempesta – sono ormai dentro di noi. Dalle lacrime di Monopoli e Padova alla gioia di oggi. L’ennesima rappresentazione di quello spettacolo meraviglioso che è il tuo Catanzaro, un’utopia che si concretizza in undici maglie giallorosse che si muovono con un solo obiettivo. Ci hai redento e ti sei redento da anni di delusioni con organizzazione e lavoro, ci hai redento e ti sei redento restando te stesso e mettendo tutta la tua umanità dentro questa squadra. Non è facile vincere in una città con un passato glorioso e un presente piccolo piccolo, non è facile vincere senza compromessi, non è facile superare ogni ostacolo come una macchina perfetta restando umani, non è facile mettere il noi davanti all’io in un mondo del calcio che è ormai ridotto ad un circo senza dignità. Non ci hai regalato solo il Catanzaro più bello di sempre, ma anche la possibilità di guardare indietro con gli occhi lucidi e ritrovare quella consapevolezza che aveva commosso Giorgio Vignando tanti anni fa: “valeva davvero la pena aspettare tanto”.

Vincenzo, ti sono riconoscente perché sei un uomo moderno e d’altri tempi. Un uomo moderno per quel calcio frizzante fatto di triangolazioni rapide, pressing alto e gioco in velocità che esalta le doti tecniche dei tuoi calciatori. Un uomo d’altri tempi perché con quella faccia da prelato abruzzese, fai pensare all’onestà semplice della gente di Ignazio Silone. Sei arrivato a Catanzaro con il volto sbarbato, e con il tempo quel volto pulito ha lasciato spazio a una barba folta da condottiero. Una barba che copre i segni delle cocenti delusioni: Teramo, Empoli, Bari. Neanche della vittoria del campionato avevi potuto gioire. Oggi il Dio del calcio ti rida tutto con gli interessi Vincenzo, e lo meriti perlomeno quanto lo meritiamo noi. Sarri e Mourinho non si erano sbagliati, avevi solo bisogno di trovare un popolo con un’incontenibile voglia di rivalsa per percorrere insieme quel sentiero verso il mare.

È destino che l’uomo della provvidenza venga dall’Adriatico. Gente schietta e sincera ma con la pazienza per capire chi siamo. Uomini veri, privi di quel narcisismo che rende le vittorie meno corali, meno popolari. Ari dista due ore scarse da Loreto, una strada da percorrere guardando il mare dal finestrino, una strada che ha il profumo di un pellegrinaggio giallorosso. E se poi uno sposta lo sguardo un po’ più in là, vede apparire in dissolvenza città di costa e di montagna che hanno segnato questi anni di cammino. Ascoli e Giulianova per una gioia fugace, e la Marsica tanto cara ad Ignazio Silone per il sapore acre di sconfitte epocali, Avezzano e finanche la meteora Pescina. Non è un caso che tra Loreto ed Ari ci sia Pescara e il mare.

Ma in fondo, il calcio è solo la ragione che ha permesso al nostro cammino d’incrociarsi Vincenzo. Quello che ci accomuna è l’amore per la gente semplice, per il calcio che si fa metafora di vita. Quell’umanità che oggi si riunisce al Ceravolo dalla lontana America, dalla Germania, con un solo grido nei polmoni. Quell’umanità che applaude le sgroppate a tutta fascia di Scognamillo e i rientri fulminei di Verna, che ci riempiono d’orgoglio almeno quanto i tuoi occhi lucidi che scrutano il vecchio militare in festa. Quell’umanità semplice che oggi guarda di nuovo quelle undici maglie giallorosse come una speranza su un prato verde. Quell’umanità semplice che nell’epoca delle stelle tutte uguali, soldi e carriera oltre i sentimenti, ribadisce che la strada meno transitata verso il mare – per quanto lunga e tortuosa – non è per forza quella peggiore Vincenzo. Semmai è unica.

_____

Mi piace la gente semplice, Vincenzo, anche se il tuo calcio è complicato. Mi piace la gente semplice Vincenzo, che pur vivendo in una casa povera ha nel cuore un tesoro da milionario. Mi piace la gente semplice, Vincenzo, quella che suda e si rompe le mani, quella capace di giocarsi la vita per il pane dei suoi fratelli.

Mi piace la gente semplice, Vincenzo, perché sa che il vino si chiama vino, e il pane si chiama pane. Mi piace la gente semplice Vincenzo, perché si da all’altro totalmente e senza intermediari. Mi piace la gente semplice, Vincenzo, perché condivide con noi il rispetto per questo miracolo giallorosso che si compie.

Mi piace la gente semplice, Vincenzo, quella che si sveglia presto perché deve pulire la strada, scaricare il camion della frutta, consegnare le lettere, servire il caffè, guarnire un piatto, tagliare un albero con precisione per fare una chitarra, con la quale un giorno un cantore attraverserà il paese per raccontare della gente semplice. Mi piace la gente semplice, Vincenzo, perché senza la sua umanità non c’è niente che abbia valore al mondo.

Autore

Redazione

Dal 2002 il portale più letto e amato dai tifosi giallorossi del Catanzaro

9 Commenti

  • Parallelamente quest’anno ho scritto un po’ meno, forse per scaramanzia, sicuramente perché bisogna aiutare soprattutto quando si è in difficoltà, dopo tutti questi anni vissuti insieme quasi non ci credo, abbiamo ottenuto la B nel mondo migliore, facendo il Catanzaro, non rubando a nessuno e giocando benissimo.
    Ripenso a questi ultimi 10 anni tra alti (con kamara ci siamo esaltati) e bassissimi, ci siamo salvati per miracolo.
    Penso a molti di voi che da anni frequentano con me questo sito, ricordo i molti litigi in, per lo stadio, per il presidente (io ad esempio difendevo cosentino), per gli allenatori (vi ricordate di Brevi?), Per i giocatori che però spesso hanno fatto una brutta fine.
    Adesso inizia una nuova grande avventura, grazie alla nostra splendida società e ai tifosi che hanno dimostrato di essere di categoria superiore.
    Grazie ancora e non svegliarmi ❤️💛

Scrivi un commento