Manca il coraggio politico, tanto a livello locale quanto a livello romano, di intervenire drasticamente per razionalizzare in modo reale, e non fittizio, l’apparato statale ed eliminare gli sprechi che si producono dal centro alla periferia. Le cose non cambieranno mai nel nostro Paese se i particolarismi e le ipocrisie continueranno a dettare legge. L’emendamento stilato e approvato in queste ore dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera in merito alla soppressione delle Province è un insulto all’intelligenza dell’opinione pubblica nazionale giacché, secondo quel bizzarro documento, saranno soltanto quattro le province da cancellare! Ciò toglie credibilità alla politica perché conferma il sospetto che nessuno abbia la reale intenzione in Parlamento di imporre la soppressione totale degli enti intermedi o, quanto meno, tagliarne un numero considerevole, per esempio tutti quelli sotto i 300.000 abitanti, ovvero un taglio secco del 40%. Stessa cosa dicasi per gli enti regionali dove è auspicabile mettere ordine. Prendiamo il caso della Calabria: a quarant’anni dalla istituzione dell’ente siamo ancora costretti a subire un anacronistico e scomodo duopolio tra il capoluogo, Catanzaro, e Reggio dove sono allocati Consiglio Regionale e altri uffici di valenza regionale. Che senso ha tutto questo rispetto ad una regione che ambisce ad essere moderna e funzionale? Anche qui manca il coraggio politico di intervenire drasticamente e riconoscere alla Calabria un capoluogo compiuto, oggi sacrificato sull’altare delle clientele politiche e dei beceri particolarismi territoriali. Quarant’anni fa Catanzaro fu ufficializzata capitale regionale non solo per ragioni storiche ma anche per i benefici offerti dalla sua centralità geografica: benefici di cui però nessun calabrese gode giacché il Consiglio si riunisce in riva allo Stretto, cioè in posizione assai decentrata! Che senso ha, allora, invocare la centralità geografica? La legge per Catanzaro presentata in Senato circa un anno fa va esattamente nella direzione di azzerare tali anomalie, per dare un vantaggio a tutti i calabresi; ma anche in questo caso dobbiamo registrare inattivismo, pigrizia e assenza di coraggio politico di chi, per non scontentare qualcuno, preferisce mantenere lo status quo basato su sprechi, duopoli, doppioni. E la musica continua a non cambiare. Si preferisce navigare a vista facendo avanzare la barca col vento dell’ipocrisia, come quella tirata fuori durante l’ultima campagna elettorale per le regionali dove l’argomento “capoluogo” è stato propagandato, salvo poi abbandonarlo una volta preso possesso dell’ambito scranno.
C’è poi un ultimo aspetto di questo castello di ipocrisie, che riporta la riflessione sul dato nazionale: si vuol far credere che tagliando qualcosa agli emolumenti dei politici si possa moralizzare l’ambiente. Niente è più fuorviante. I veri costi della politica, il vero sperpero di soldi pubblici non sono rappresentati dallo stipendio dei parlamentari bensì dalla cattiva gestione dei finanziamenti: secondo una stima molto indicativa, ancorché approssimativa, pare che ammonti a non meno di 80 miliardi di euro lo sperpero determinato dal “cattivo uso” della politica. In questo caso non è solo questione di coraggio politico, ma non c’è convenienza e onestà sufficiente ad affrontare la faccenda.
Fabio Lagonia
Movimento Civico “CatanzaroNelCuore”