Al telefono i dipendenti della Idro Mineral Beverage di Feroleto Antico parlavano con gli amici e gli sconsigliavano di comprare l’acqua “Futura”, soprattutto se avevano bambini. Così gli investigatori delle Fiamme gialle sono arrivati a sequestrare 170 mila bottiglie di acqua minerale, cioè alcuni lotti prodotti nel capannone di Dipodi andato in fumo la sera del 20 febbraio scorso.
Nelle bottiglie, nascosto perchè infinitamente piccolo, c’era lo “pseudomonas aeruginosa”, un batterio multiresistente agli antibiotici che provoca patologie all’apparato urogenitale per le infezioni alle vie urinarie, all’apparato digerente con diarrea nei bambini e ascessi rettali nei malati di tumore, al sistema circolatorio (metaemoglobinemia) e anche nel sistema nervoso con la meningite da rachicentesi.
Dopo un’analisi accurata le partite d’acqua infetta sono state ritirate dal mercato quando le bottiglie erano già state distribuite in Calabria e soprattutto in Sicilia.
Dopo un’analisi accurata le partite d’acqua infetta sono state ritirate dal mercato quando le bottiglie erano già state distribuite in Calabria e soprattutto in Sicilia.
Uno dei reati contestati ai quattro imprenditori al centro dell’inchiesta “Beverage” è proprio quello del commercio e distribuzione di sostanze alimentari pericolose. Si tratta della tranche probabilmente più pesante di un’indagine che riguarda 12 imprenditori, almeno tre aziende, e contributi statali e comunitari erogati per complessivi 5 milioni e mezzo di euro.
Dagli accertamenti effettuati dal Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza su richiesta del sostituto procuratore lametino Domenico Galletta emerge che l’acqua prelevata dalla fonte di Dipodi, nel territorio di Feroleto, è risultata più volte contaminata dal batterio pericoloso, e nonostante questo non è stata ritirata dal mercato da parte dell’azienda. L’acqua infetta, tra l’altro, secondo l’accusa è stata commercializzata con più marchi ma dalle stesse società che si trovano indagate.
Gli specialisti del Nucleo di polizia tributaria hanno pure rilevato che le analisi effettuate dall’azienda sui campioni d’acqua da imbottigliare sarebbero state contraffatte modificando alcuni valori in modo tale da poter commercializzare il prodotto.
Anche per questo motivo , oltre che per la truffa allo Stato e all’Unione europea, il pubblico ministero Galletta aveva chiesto al Gip l’arresto ed il carcere di Gennaro Isabella Valenzi, suo figlio Saverio, Michele Surace e Andrea Francesco Giordano. Richiesta che il Gip Carlo Fontanazza ha respinto ordinando per loro l’obbligo di dimora nel comune di residenza.
Pur riscontrando gli indizi della truffa e del commercio illegale dell’acqua contaminata il giudice per le indagini preliminari del tribunale lametino non ha riscontrato l’esigenza di rinchiudere in carcere i quattro imputati, nè di disporre gli arresti domiciliari per altri cinque di loro. Come dire che ci sono diversi documenti già acquisiti dagli investigatori e non c’è il pericolo d’inquinamento delle prove.
È stata invece condivisa dal Gip la richiesta di sequestro dei beni immobili e conti bancari per un valore di 22 milioni di euro intestati a diverse imprese ed ai loro amministratori e soci. Così com’è stato accordato il sequestro di una polizza che assicura la Idro Mineral Beverage da danni provocati dagli incendi fino a 13,6 milioni di euro. La scadenza della polizza è prevista esattamente per oggi 3 marzo.
«Non ci sono indizi che portano a collegamenti con clan mafiosi», ha assicurato ieri il procuratore della Repubblica Salvatore Vitello, «nè finora ci sono elementi per collegare l’incendio della sera del 20 febbraio scorso con l’assicurazione».
Ma il magistrato inquirente ha pure garantito ieri in conferenza stampa al terzo piano del tribunale cittadino che l’inchiesta continua per accertare le origini dell’incendio che ha praticamente distrutto l’intero stabilimento in poche ore nonostante il pronto intervento dei vigili del fuoco del distaccamento di Caronte.
gazzetta del sud