La striscia di oggi non può non partire da ciò che dice chiaramente la classifica. Il Catanzaro di Aiello, Pitino e Auteri è una squadra che ha tutti i numeri per giocarsi il campionato sino all’ultima giornata. Sei vittorie, un pareggio, nessuna sconfitta e diciannove goal realizzati rappresentano un bottino degno di una grande squadra. Di quelle che, senza fattori esterni, possono dare una netta impronta alle sorti di un campionato.
Questo Catanzaro potrebbe essere un degno erede delle corazzate che segnavano le stagioni già nella fase di preparazione di agosto. Basti pensare al Catania di anni addietro, al Messina di Torino, al Sorrento, al Benevento e allo stesso Cosenza della scorsa stagione.
Queste squadre hanno avuto un unico comune denominatore: partenza a razzo e sfiancamento psicologico degli avversari rassegnati ad ambire al massimo ai play-off.
Proprio il Catanzaro di Provenza dell’ultimo campionato rappresenta l’esempio lampante, vittima della macchina da guerra Cosenza. Purtroppo la penalizzazione ha rappresentato un deterrente per il possibile volo del Catanzaro. I rivali Gela, Cisco e la stessa Juve Stabia possono ancora sperare invogliati da una classifica che “piange” i punti mancanti, per cause non dipendenti dagli attori citati all’inizio.
Della partita vista ieri (il sottoscritto dall’alto), bisogna cogliere innanzitutto i lati positivi ma vanno segnalati anche quelli negativi poiché la perfezione nel calcio non esiste. Il merito principale di questo Catanzaro è soprattutto quello di costruire calcio, imponendo il proprio gioco verso l’unico obiettivo della vittoria.
Per certi versi ricorda molto, soprattutto nella disposizione in campo e nella mentalità, il Catanzaro di G.B. Fabbri. Una macchina da goal che crea tantissime occasioni, che concede opportunità anche agli avversari ma che riesce sempre fare un goal in più.
Sul lato squisitamente tecnico, contro squadre quadrate come le vespe stabiesi che hanno in rosa calciatori con esperienza di categoria superiore, è necessario che in alcune zone del campo siano utilizzati elementi di ruolo e non adattati. Il buon Benincasa spostato a sinistra può funzionare contro elementi di basso spessore, ma può andare in difficoltà contro calciatori di provata classe ed esperienza come Capparella. Al portiere bisogna dare fiducia, ma durante la campagna di riparazione dovrà essere valutata la situazione. Il Catanzaro è una squadra che concede agli avversari molti spazi. Per questo motivo, fra i pali, è necessario avere delle certezze e non dei punti interrogativi.
Ultima nota tecnica. Squadre come la Juve Stabia nel corso degli anni ne abbiamo viste tante: esperta, arroccata e pronta a giocarsi la partita con mezzi leciti e illeciti (ci riferiamo al gioco duro e alla risse continue). Eppure l’antidoto adottato ieri da Auteri e dai calciatori schierati ha avuto sempre lo stesso motivo: tu meni ma io gioco al calcio. E alla fine la vittoria è stata meritatissima come gli applausi dei presenti.
E veniamo alle altre questioni. Quelle di cui non vorremmo mai parlare ma che il dovere di cronisti e tifosi c’impone.
La scorsa settimana avevamo evidenziato i meriti di questa società che si sta sforzando a diventare normale dal punto di vista organizzativo. Nell’ordine, l’ultimo elogio va fatto per la questione degli accrediti che addirittura, nelle passate stagioni (come dimenticare i play off con il Pescina), grazie al numero esorbitante di omaggi concessi, ha costretto i bambini al pagamento del tagliando d’ingresso poiché la quota del 4% destinata agli omaggi era stata bruciata dalle istituzioni e dai vari organismi federali. Bisognerà continuare su questa strada e occorrerà facilitare sempre di più l’ingresso al “Ceravolo” di tutti i tifosi, con un occhio di riguardo per chi ama questi colori e vive lontano dalle mura di Catanzaro.
Positiva è anche l’iniziativa di riportare la squadra nelle amichevoli del giovedì in provincia, come avveniva nei tempi d’oro del Catanzaro. Sarà vero che i tempi sono cambiati, ma siamo convinti che la casacca giallorossa, per quello che ha rappresentato negli anni, qualche emozione la porta sempre e l’obiettivo deve essere quello di far risvegliare quegli affetti sopiti ma pronti a esplodere.
Poche ma indicative righe vanno scritte anche per le noti dolenti.
Perché questo bel Catanzaro spumeggiante deve essere accompagnato dai se e dai ma? Perché mai i tifosi non possono vivere un campionato senza porsi le domande classiche di questi anni?
Li pagano, non li sistemano, a gennaio vedremo, a marzo chissà e via dicendo?
Gli ultimi tre anni ci hanno insegnato che pur senza grandi capitali da investire, solo con unità d’intenti si possono raggiungere risultati importanti. L’unita d’intenti in quest’attuale società non c’è. Ed è inutile che qualcuno si sforzi per parlarci di amore passione e altro.
Si viaggia su tre livelli diversi. Da una parte il nuovo rappresentato da Aiello e dal suo staff; dall’altra l’ex presidente Soluri, invogliato all’epoca dall’ex presidente Pittelli a rientrare; dall’altra ancora l’ex presidente Bove che, dall’alto della sua comprovata fede di supertifoso del Catanzaro, non decide da quale parte stare e tiene paradossalmente e inconsciamente frenati importanti pezzi della tifoseria organizzata e non. Una tifoseria che deve prendere posizione, che non può solo limitarsi a un generico incoraggiamento ad Aiello (troppo facile), ma che necessariamente deve prendere le distanze su ciò che è stato il passato e ciò che potrebbe ancora riservarci in futuro.
Sappiamo bene quali danni possano arrecare in una società i proprietari che non viaggino con unione d’intenti. È bene sempre ricordare l’epoca dei gruppi Princi-Procopio da una parte e Parente-Poggi-Mirante dall’altra. O ancora Pittelli da una parte e Coppola dall’altra. E quali conseguenze portava l’implosione della situazione.
È necessario prevenire, ora che si è ancora in tempo.
In settimana, come d’incanto, nel momento in cui si è palesata la possibilità che Aiello ottenesse la maggioranza delle azioni, a Catanzaro si sono rivisti i soliti personaggi che hanno fatto il loro tempo e che sicuramente non sono venuti per caso o per buttarsi nel fuoco per il Catanzaro.
Oggi, dal punto di vista tecnico, abbiamo solo certezze. Ancora maggiori rispetto all’era-Domenicali e all’era-Provenza. Manca il passo decisivo che può e deve essere compiuto da Aiello in primis, ma anche da parte di chi ha nel suo DNA i colori giallorossi che non possono essere contaminati da ingerenze esterne o da assurdi patti d’onore (vedi comunicati agostani).
Nel rilevare le quote da Pittelli, Bove dimostrò coraggio. Un passaggio che si rivelò poi devastante per Bove stesso e per il Catanzaro ma che, per molti, fu una conferma che l’orgoglio di essere tifoso del Catanzaro ancora esisteva. Oggi serve ancora un atto di coraggio.
Basta con i silenzi assordanti. Siamo certi che i veri tifosi comprenderanno. E soprattutto lo capirà (i segnali già ci sono stati) la nuova proprietà. E noi tifosi potremmo dire che è stato
“Il silenzio degli innocenti”.
SF
Questo Catanzaro potrebbe essere un degno erede delle corazzate che segnavano le stagioni già nella fase di preparazione di agosto. Basti pensare al Catania di anni addietro, al Messina di Torino, al Sorrento, al Benevento e allo stesso Cosenza della scorsa stagione.
Queste squadre hanno avuto un unico comune denominatore: partenza a razzo e sfiancamento psicologico degli avversari rassegnati ad ambire al massimo ai play-off.
Proprio il Catanzaro di Provenza dell’ultimo campionato rappresenta l’esempio lampante, vittima della macchina da guerra Cosenza. Purtroppo la penalizzazione ha rappresentato un deterrente per il possibile volo del Catanzaro. I rivali Gela, Cisco e la stessa Juve Stabia possono ancora sperare invogliati da una classifica che “piange” i punti mancanti, per cause non dipendenti dagli attori citati all’inizio.
Della partita vista ieri (il sottoscritto dall’alto), bisogna cogliere innanzitutto i lati positivi ma vanno segnalati anche quelli negativi poiché la perfezione nel calcio non esiste. Il merito principale di questo Catanzaro è soprattutto quello di costruire calcio, imponendo il proprio gioco verso l’unico obiettivo della vittoria.
Per certi versi ricorda molto, soprattutto nella disposizione in campo e nella mentalità, il Catanzaro di G.B. Fabbri. Una macchina da goal che crea tantissime occasioni, che concede opportunità anche agli avversari ma che riesce sempre fare un goal in più.
Sul lato squisitamente tecnico, contro squadre quadrate come le vespe stabiesi che hanno in rosa calciatori con esperienza di categoria superiore, è necessario che in alcune zone del campo siano utilizzati elementi di ruolo e non adattati. Il buon Benincasa spostato a sinistra può funzionare contro elementi di basso spessore, ma può andare in difficoltà contro calciatori di provata classe ed esperienza come Capparella. Al portiere bisogna dare fiducia, ma durante la campagna di riparazione dovrà essere valutata la situazione. Il Catanzaro è una squadra che concede agli avversari molti spazi. Per questo motivo, fra i pali, è necessario avere delle certezze e non dei punti interrogativi.
Ultima nota tecnica. Squadre come la Juve Stabia nel corso degli anni ne abbiamo viste tante: esperta, arroccata e pronta a giocarsi la partita con mezzi leciti e illeciti (ci riferiamo al gioco duro e alla risse continue). Eppure l’antidoto adottato ieri da Auteri e dai calciatori schierati ha avuto sempre lo stesso motivo: tu meni ma io gioco al calcio. E alla fine la vittoria è stata meritatissima come gli applausi dei presenti.
E veniamo alle altre questioni. Quelle di cui non vorremmo mai parlare ma che il dovere di cronisti e tifosi c’impone.
La scorsa settimana avevamo evidenziato i meriti di questa società che si sta sforzando a diventare normale dal punto di vista organizzativo. Nell’ordine, l’ultimo elogio va fatto per la questione degli accrediti che addirittura, nelle passate stagioni (come dimenticare i play off con il Pescina), grazie al numero esorbitante di omaggi concessi, ha costretto i bambini al pagamento del tagliando d’ingresso poiché la quota del 4% destinata agli omaggi era stata bruciata dalle istituzioni e dai vari organismi federali. Bisognerà continuare su questa strada e occorrerà facilitare sempre di più l’ingresso al “Ceravolo” di tutti i tifosi, con un occhio di riguardo per chi ama questi colori e vive lontano dalle mura di Catanzaro.
Positiva è anche l’iniziativa di riportare la squadra nelle amichevoli del giovedì in provincia, come avveniva nei tempi d’oro del Catanzaro. Sarà vero che i tempi sono cambiati, ma siamo convinti che la casacca giallorossa, per quello che ha rappresentato negli anni, qualche emozione la porta sempre e l’obiettivo deve essere quello di far risvegliare quegli affetti sopiti ma pronti a esplodere.
Poche ma indicative righe vanno scritte anche per le noti dolenti.
Perché questo bel Catanzaro spumeggiante deve essere accompagnato dai se e dai ma? Perché mai i tifosi non possono vivere un campionato senza porsi le domande classiche di questi anni?
Li pagano, non li sistemano, a gennaio vedremo, a marzo chissà e via dicendo?
Gli ultimi tre anni ci hanno insegnato che pur senza grandi capitali da investire, solo con unità d’intenti si possono raggiungere risultati importanti. L’unita d’intenti in quest’attuale società non c’è. Ed è inutile che qualcuno si sforzi per parlarci di amore passione e altro.
Si viaggia su tre livelli diversi. Da una parte il nuovo rappresentato da Aiello e dal suo staff; dall’altra l’ex presidente Soluri, invogliato all’epoca dall’ex presidente Pittelli a rientrare; dall’altra ancora l’ex presidente Bove che, dall’alto della sua comprovata fede di supertifoso del Catanzaro, non decide da quale parte stare e tiene paradossalmente e inconsciamente frenati importanti pezzi della tifoseria organizzata e non. Una tifoseria che deve prendere posizione, che non può solo limitarsi a un generico incoraggiamento ad Aiello (troppo facile), ma che necessariamente deve prendere le distanze su ciò che è stato il passato e ciò che potrebbe ancora riservarci in futuro.
Sappiamo bene quali danni possano arrecare in una società i proprietari che non viaggino con unione d’intenti. È bene sempre ricordare l’epoca dei gruppi Princi-Procopio da una parte e Parente-Poggi-Mirante dall’altra. O ancora Pittelli da una parte e Coppola dall’altra. E quali conseguenze portava l’implosione della situazione.
È necessario prevenire, ora che si è ancora in tempo.
In settimana, come d’incanto, nel momento in cui si è palesata la possibilità che Aiello ottenesse la maggioranza delle azioni, a Catanzaro si sono rivisti i soliti personaggi che hanno fatto il loro tempo e che sicuramente non sono venuti per caso o per buttarsi nel fuoco per il Catanzaro.
Oggi, dal punto di vista tecnico, abbiamo solo certezze. Ancora maggiori rispetto all’era-Domenicali e all’era-Provenza. Manca il passo decisivo che può e deve essere compiuto da Aiello in primis, ma anche da parte di chi ha nel suo DNA i colori giallorossi che non possono essere contaminati da ingerenze esterne o da assurdi patti d’onore (vedi comunicati agostani).
Nel rilevare le quote da Pittelli, Bove dimostrò coraggio. Un passaggio che si rivelò poi devastante per Bove stesso e per il Catanzaro ma che, per molti, fu una conferma che l’orgoglio di essere tifoso del Catanzaro ancora esisteva. Oggi serve ancora un atto di coraggio.
Basta con i silenzi assordanti. Siamo certi che i veri tifosi comprenderanno. E soprattutto lo capirà (i segnali già ci sono stati) la nuova proprietà. E noi tifosi potremmo dire che è stato
“Il silenzio degli innocenti”.
SF