ARCHIVIAZIONE PER DE MAGISTRIS: LA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA

Riceviamo e pubblichiamo

“Per realizzare un fine di giustizia correlato all’andamento
del procedimento in corso”. Questo è ciò che ha mosso i magistrati salernitani
giunti a Catanzaro per eseguire perquisizioni e sequestri nell’ambito
dell’inchiesta su presunti gravi illeciti commessi in quella Procura. Lo ha scritto
il giudice per le indagini preliminari di Perugia, Massimo Ricciarelli, il
quale, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Sergio Sottani, ha
archiviato tutte le accuse di abuso d’ufficio e interruzione di pubblico
servizio formulate a Catanzaro nei confronti di Luigi De Magistris, già pm nel capoluogo
calabrese ed attuale europarlamentare europeo dell’IdV, e di sette colleghi
di Salerno, tra i quali l’ex procuratore Luigi Apicella ed i suoi sostituti
Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, titolari delle indagini a carico dei
magistrati in servizio a Catanzaro, nonché i pm Patrizia Gambardella, Roberto
Penna, Vincenzo Senatore, Antonio Centore, che coadiuvarono l’esecuzione del
decreto di perquisizione e sequestro emesso dall’Ufficio campano ed eseguito in
Calabria il 2 dicembre scorso. Si chiude così, dopo alcuni mesi, un caso
giudiziario in cui del coinvolgimento dell’europarlamentare si venne a sapere
esattamente il giorno dopo la conferenza stampa con la quale Antonio Di Pietro
annunciò la candidatura di de Magistris come indipendente con l’Italia dei
valori. Un caso in cui, per altre vie, i protagonisti hanno subito pesanti
interventi dell’organo di autogoverno della magistratura che li ha sradicati
dai rispettivi uffici.  

L’intera vicenda affonda le sue radici nella complessa
storia dell’ex pm de Magistris cui, in rapida successione, tra il 29 marzo e il
19 ottobre del 2007, i vertici dell’Ufficio calabrese tolsero di mano le
inchieste “Poseidone” e “Why not”, entrambe mirate a svelare l’esistenza di
intrecci politico-affaristico-istituzionali finalizzati all’illecita gestione
delle risorse pubbliche destinate alla Calabria.  

Rispetto a quelle due indagini, e ad una terza conosciuta come “Toghe
lucane”, forse ancor più nota e scottante per il coinvolgimento di diversi
magistrati all’epoca in servizio in Basilicata, decine furono le denunce
piovute sul pm titolare contro il quale, alla Procura di Salerno – competente
ad indagare nei casi in cui risultano coinvolti magistrati in servizio nel
distretto di Catanzaro – furono incardinati ben 70 procedimenti penali. Tutte
le ipotesi d’accusa contro de Magistris – calunnia, abuso d’ufficio e
rivelazione di segreto d’ufficio – sono state archiviate lo scorso aprile, a
seguito di una richiesta avanzata circa un anno prima.

Parallelamente, sempre a Salerno, un’altra indagine, nata questa volta
dalle denunce fatte da de Magistris, 
ha portato a ipotizzare che contro il pm in servizio a Catanzaro sia
stata messa in atto una strategia di delegittimazione finalizzata ad ostacolarne
le indagini ed a “promuoverne l’allontanamento dal suo ufficio”. Secondo gli
investigatori, tra l’altro, anche la revoca della delega di “Poseidone” e
l’avocazione di “Why not” sono state illegali. In questa inchiesta diverse
ipotesi di concorso in corruzione in atti giudiziari, concorso in omissione di
atti d’ufficio, diversi casi di concorso in abuso d’ufficio, favoreggiamento, e
falso ideologico, più ipotesi di calunnia e diffamazione a danno di Luigi de
Magistris, sono ipotizzate, a vario titolo, anche nei confronti di alcuni magistrati
che sono stati o che sono in servizio a Catanzaro, anche in ruoli apicali degli
uffici. Per poter proseguire efficacemente nelle investigazioni, il pool di pm
campani richiede all’Ufficio di Catanzaro, per la prima volta a febbraio 2008, copia
di una serie di atti relativi alle indagini oggetto del procedimento, e cioè
“Poseidone” e “Why not”. Nel corso di otto mesi, fino a settembre 2008, le
richieste della Procura campana di susseguono, ma rimangono di fatto inevase.

I pm Nuzzi e Verasani, con l’avallo del procuratore Apicella, emettono
così, a fine novembre 2008, un decreto di perquisizione e sequestro e, il 2
dicembre 2008, si recano personalmente a Catanzaro, assieme ad altri quattro
colleghi ed a polizia e carabinieri, per prendere la documentazione ritenuta
necessaria al prosieguo delle indagini e mai trasmessa loro. I nuovi titolari
dell’inchiesta “Why not”, con in testa il procuratore generale Enzo Jannelli, reagiscono
con un “contro- sequestro” delle carte, e muovono ai sette magistrati campani
le accuse di abuso d’ufficio ed interruzione di pubblico servizio. E’ il 4
dicembre del 2008. L’Ufficio catanzarese, però, non è competente ad indagare
sui magistrati campani, e così, il 19 dicembre, il fascicolo viene inviato per
competenza alla procura di Roma. Dalla Capitale passerà il 2 aprile 2009, sempre
per competenza territoriale, alla Procura di Perugia, poiché a marzo ha preso
servizio a Latina il pm Nuzzi, trasferita dal Consiglio superiore della
magistratura di sede e di funzioni, come anche il suo collega Verasani,
spostato a Cassino.

Intanto, quello stesso mese di marzo, e precisamente il martedì 17, Luigi
de Magistris – già molto prima trasferito di sede e di funzioni dal Csm – e
Antonio Di Pietro annunciano la candidatura del primo all’Europarlamento. Meno
di ventiquattro ore dopo, giorno 18 marzo, si diffonde la notizia che de
Magistris è indagato a Perugia assieme ai sette pm di Salerno.

Queste le tappe principali di una vicenda oggi definitivamente chiusa
senza conseguenze, almeno sul piano giudiziario, per tutti gli indagati, dal
momento che il gip perugino ha attestato la correttezza del loro operato –
ricordando che già il tribunale del riesame di Salerno, all’inizio di febbraio,
confermò la bontà del decreto di emesso a carico dei magistrati catanzaresi -.

Il giudice, nel proprio provvedimento di sette pagine, evidenzia: “… è
un fatto che a distanza di mesi dalla prima richiesta degli atti, quest’ultima
non era stata almeno per buona parte soddisfatta, e che la disponibilità di
quegli atti continuava ad essere ritenuta necessaria” per la prosecuzione di
un’indagine rispetto alla quale il gip scrive che: “Non va sottaciuto che il
voluminoso provvedimento (di sequestro emesso dai pm campani, ndc) consente in
qualche modo di ricostruire una linea guida a sostegno dell’ipotizzato fumus
delicti”, aggiungendo poi che: “non sembra possibile sostenere che tutto fosse
stato fatto al solo scopo di favorire il de Magistris e di convalidare
surrettiziamente un’ipotesi di complotto”.  

Autore

Salvatore Ferragina

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