Una volta era un fortino quasi inespugnabile. Brutto, sporco e cattivo nonostante il vecchio pino, dentro la curva, a ingentilire il panorama. Ribolliva di passione e metteva paura già dal nome. La letteratura del vecchio “Militare” è ricca di aneddoti. Giocatori di casa che fuggono nascondendosi in un’ambulanza. Tifosi ospiti rinchiusi all’interno fino a tarda sera. Squadre avversarie e terne arbitrali assediate negli spogliatoi. Un fortino che solo gli impavidi tifosi giallorossi riuscivano ogni tanto a violare, quando al classico “tutto esaurito” rispondevano scavalcando le recinzioni. Insomma, dopo aver percorso decine di chilometri da tutta la Calabria per arrivare sui tre colli, si faceva di tutto, lecito o non lecito, per poter presenziare alla “messa pagana” domenicale, al rito nel tempio.
TEMPI MODERNI – Oggi, invece, succede il contrario. Lo scollamento tra squadra e città è all’apice, dopo la recisione, avvenuta già da tempo, del cordone ombelicale con la regione e con gran parte della provincia. Tutti i record negativi sono stati aggiornati negli ultimi tempi. Dal minimo storico di spettatori per un derby col Cosenza (meno di 5.000 spettatori a maggio) a quelli per gli esordi in Coppa Italia e campionato in questa stagione, passando per i “soli” 7.000 della semifinale col Pescina. Aldilà delle cifre ufficiali (che sono comunque simili), il Catanzaro ha raccolto in 4 partite poco più di 3.000 spettatori. Complessivamente. Nonostante il grande impegno profuso dalla società e il lancio promozionale in grande stile, il Catanzaro ha 518 abbonati. Cifre impietose se si considera questo inizio di campionato scintillante. Il ripetuto prolungamento della campagna abbonamenti sembra solo un’agonia.
LA LEZIONE DI CERAVOLO – Nel 1969 Nicola Ceravolo parlava al Corriere della Sera dell’opportunità di far giocare la serie B al sabato per ovviare al calo di spettatori e, nello specifico della realtà catanzarese, per riavvicinare i tifosi della Provincia. Diceva il presidentissimo: ”[…] E manca soprattutto il pubblico giovane. Abbiamo invogliato i ragazzi a venire alle partite istituendo uno speciale abbonamento, poche migliaia di lire, con diritto di accesso alla tribuna se sono accompagnati dal padre. L’iniziativa purtroppo ha avuto scarso successo […]”. Dove non riuscì il marketing dell’epoca, arrivarono i risultati, unico vero motore della passione calcistica. La promozione in serie A spazzò via qualsiasi tipo di disaffezione e il Catanzaro Calcio diventò vanto di una regione intera e volano economico per la città.
DISAFFEZIONE E DISERZIONE – Oggi la storia si ripete. Sono passati 40 anni e i problemi si sono ingigantiti. Tralasciando tutte le motivazioni sociologiche comuni ad altre realtà (crisi economica, concorrenza di altri sport, stile di vita, differenziazione dei consumi, normative anti-violenza e così via), resta la nausea di 20 anni di calcio semi-dilettantistico. Restano un sanguinoso fallimento e un Lodo Petrucci dilapidato. E i personaggi che ruotano intorno al Catanzaro sono sempre gli stessi. La cosiddetta “Diserzione per Esistere” ha portato allo scoperto questa disaffezione che ha radici profonde, diventandone portavoce naturale. Dopo l’iniziale disprezzo nei confronti dei promotori, la società pare pian piano avvicinarsi. Dalle piazzate in conferenza stampa agli appelli ai “disertori”, il passo è stato breve.
L’APPELLO DI AUTERI – L’ultima uscita è proprio di Auteri che, insieme al DS Pitino e a capitan Gimmelli, ha ascoltato e compreso, in un faccia a faccia con il Club Palanca, le istanze e le motivazioni della diserzione. L’appello di Auteri è stato preciso, diretto proprio ai disertori. Un indiscutibile riconoscimento e un segnale di rispetto verso una posizione difficile ma chiara e coerente. Ora tocca ad Aiello raccogliere l’assist del mister. Perché per riportare la gente allo stadio e riempirlo non basta convincere con le promesse i “disertori” che hanno messo una firma su un petizione. Non serve il presidente operaio che scende acclamato sul prato verde e apre gratuitamente i cancelli dello stadio (gesto apprezzabile, ma comunque una toppa a una disfunzione organizzativa). In una società per sua stessa ammissione “povera”, servono le idee, le capacità gestionali, le competenze manageriali, le professionalità adeguate per colmare il gap economico con chi ha casse più floride. Affinché non si ripeta mai più la colletta salva-calcio, non si ri-mettano mai più le mani nelle tasche dei cittadini e il Catanzaro non venga “mai più umiliato”. Solo così si potranno centrare dei risultati, battendo la disaffezione di massa e riconquistando il popolo giallorosso. Altrimenti il “gioiellino”, rinfrescato con due spennellate di vernice e una spruzzata di giallorosso, resterà desolatamente vuoto. E continueremo a rimpiangere il nostro vecchio fortino. Brutto, sporco e cattivo.