ANALISI
CATANZARO-PESCINA=2-3
Di Paolo Carnuccio
Il Catanzaro per qualificarsi doveva giocare meglio del Pescina e non lo ha fatto.
Già nella partita di andata si erano avute le prime avvisaglie per una manovra che è apparsa frettolosa, poco ragionata e comunque imprecisa.
Nella zona centrale del campo non si è palleggiato corto e basso preferendo lanci lunghi per le punte contro una difesa molto forte sulle palle alte.
Gli attaccanti si muovevano solo sulla profondità e mai sulle linee di scambio determinando fratture tra i reparti.
Nessun movimento di rientro e, sul recupero, lo spazio da percorrere era così ampio che Iannelli e Montella arrivavano a sostegno quando la palla era già andata via dal portatore del Pescina.
Sulle corsie esterne due diverse considerazioni: a) Corapi, che la palla la deve avere sempre sul piede, non allargava mai la difesa avversaria (Zaminga lo richiamava spesso ad una posizione più larga), non tentava la giocata uno contro uno per la superiorità; b) Tomi, che la palla la può avere anche sul movimento, nonostante la diversa fisicità non era puntuale a trovare il tempo per l’accorcio sul portatore e l’inserimento senza palla.
In difesa Montella e Ciano, bloccati da Rosamilia e Cruciani che difettavano entrambi di corsa e contrasto, contribuivano a mantenere poca fluidità di manovra e privare il centrocampo delle ulteriori soluzioni di gioco.
La prima palla dal fondo era gestita da Berardi, anzicchè da Zaminga, era gestita male per la fretta e la scarsità di soluzioni delle linee, e consisteva solo nella palla lunga.
Quando invece la sfera era nei piedi di Di Maio la diagonale con Tomi diventava scontata e facile preda dei difensori del Pescina.
La squadra avversaria ha innanzitutto messo in mostra delle individualità di ottimo spessore (Blanchard e Bettini devastanti), e quantomeno provato a fraseggiare ordinato per linea bassa e corta con Giordano- De Angelis verso gli esterni e gli attaccanti.
La fase di non possesso, o della riconquista del pallone, del Pescina non è mai esistita perché bastava che Blanchard o Petitto svettassero di testa ed il gioco era fatto.
Ciò ha consentito di risparmiare energie nevose e lucidità nella manovra (vedi il primo gol) a fronte di un Catanzaro compassato e soprattutto poco reattivo a livello nervoso.
La pausa caffè di Cruciani sul primo gol con Berardi di fronte immobile, le incertezze di Mancinelli, le paure di Montella e Ciano, la mancanza di personalità di Zaminga, la mancanza di iniziativa di Corapi, i “fuori tempi” di Tomi, “lo scappare via sempre” senza mai aiutare da parte di Iannelli, si spiegano con un approccio psicologico non corretto.
I play-off sono partite difficilissime da affrontare dove è necessario analizzare ogni minimo dettaglio.
Forse anche la sostituzione (Mangiacasale-Ianneli) ha un po’inciso sulle reali intenzioni di portare a casa un pari.
L’inerzia della gara spesso capovolge l’atteggiamento psicologico, così come l’episodio favorevole o sfavorevole.
In questo l’essere andati in vantaggio aveva portato il Catanzaro in una situazione di favore, ma poi se non hai la giusta concentrazione finisci per prendere gol ed allora tutto cambia, la squadra che segna si trova meglio di quella che subisce.
L’ulteriore episodio sfavorevole, punizione inventata e poi ribattuta con palla più avanti, ti distrugge perché non hai la forza ed il tempo per poter recuperare.
La conclusione è che nell’eliminazione del Catanzaro vi sono certamente errori tecnici ed episodi sfavorevoli che hanno pesantemente condizionato il risultato, ma forse la più grande colpa, a mio modesto parere, è stata quella di non pensare che, alla luce non del risultato dell’andata, ma della prestazione e del gioco (quella che in gergo si chiama organizzazione e sviluppo della manovra), il Catanzaro avesse l’obbligo di migliorare le proprie qualità.
Rimane la grande delusione perché proprio sotto il profilo dell’organizzazione di gioco il Catanzaro durante il campionato aveva dimostrato di essere una delle migliori squadre, fattore sul quale non si è lavorato a sufficienza nella settimana cercando di trovare correttivi ed alternative.
Si può andare avanti con l’episodio, ma quando questo ti gira contro, se non giochi o comunque tenti di giocare meglio dell’avversario purtroppo vai fuori.
Di Paolo Carnuccio