Dalla Curva

Vieni. Ti porto a vedere il derby…

Un tifoso e lettore delle pagine di questo sito ci racconta le sue sensazioni ed i suoi ricordi. Noi ne ammiriamo la sua sportivita’

È il 29 marzo del 1987. Mio padre è ancora ricoverato all’ospedale Pugliese dove ha da pochi giorni subito un’operazione al setto nasale. Io lo vado a trovare, di domenica pomeriggio. La giornata è naturalmente ventosa e il cielo non promette nulla di buono. Arriva mio zio, scambia quattro chiacchiere con mio padre, poi mi appoggia una mano sulla spalla dicendo: “Vieni. Ti porto a vedere il derby”. Per la prima volta entro al vecchio Militare, in tribuna laterale. Lo stadio è stracolmo, il Catanzaro è vicino alla serie B. L’avversario, il Cosenza, ha qualche punto in meno in classifica e, soprattutto, non ha un piccolo grande uomo, tornato a Catanzaro per rinverdire i fasti d’un tempo: Massimo Palanca. È lui che segna e fa segnare. Il Catanzaro vince 2-0 e io mi innamoro del Catanzaro. I rumori assordanti, i colori splendenti e Massimo Palanca: per un bambino di nove anni appassionato di calcio non c’è niente di meglio. A fine partita torno all’ospedale da mio padre a raccontargli le mie emozioni. Fuori, per strada, infuria la battaglia. I tifosi se le danno di santa ragione. Mio zio mi spiega che il derby è anche questo.

Proprio questi ricordi mi tornano alla mente in un pomeriggio di fine luglio, quando la notizia della scomparsa del Cosenza Calcio 1914 si diffonde rapidamente, provocando manifestazioni di rabbia e di sconforto ai piedi della Sila, fremiti di soddisfazione e, in alcuni casi, di giubilo nel resto della Calabria calcistica. Rigurgiti di un campanilismo mai sopito, uno dei tratti distintivi dell’Italia pallonara e non solo. Quel campanilismo sano che è il sale della competizione sportiva. Ma anche quel campanilismo malato che porta un tribunale di Catania a pretendere l’iscrizione della squadra della propria città in serie B e un tribunale di Palermo a rispedirla in C1 con tanti saluti alla Giustizia.

Ma che gusto c’è ad esultare per la scomparsa definitiva degli odiati “cugini”? Forse che gli interisti gioirebbero per la scomparsa del Milan? Con chi giocheremo i nostri infuocati derby? Chi insulteremo nei momenti bui e chi sfotteremo nei momenti felici? Certo, tredici anni di C2 sono duri da digerire. Abbiamo ingoiato una quantità tale di rospi da far impallidire anche gli interisti. È ovvio e comprensibile che in un primo momento i sentimenti di rivincita e di gioia siano forti. Soprattutto nei confronti di chi ti ha rinfacciato negli ultimi tre lustri la propria superiorità e i tuoi insuccessi. Nei confronti di chi il 17 giugno di due anni fa coniò la famosa “VivinC2” e il 15 giugno di quest’anno ha nuovamente goduto della nostra Caporetto acese.

Ma riacciuffarli sul campo sarebbe stata un’altra cosa. Ribadire la nostra chiara superiorità nei confronti diretti sul rettangolo di gioco e sugli spalti sarebbe stato uno schiaffo per chi, con un colpo di spugna, pretendeva e pretende di riscrivere la storia dei rapporti di forza tra le squadre calabresi. Se è vero che i dirigenti rossoblu negli ultimi anni hanno sempre dovuto fare i salti mortali per presentare dei bilanci decorosi; se è vero che la morte del Cosenza era stata più volte rimandata con oscure manovre; se è vero che solo un cavillo formale ha negato quest’anno un’altra salvezza in extremis agli odiati “cugini”; se è vero tutto questo, è altrettanto vero che le promozioni e le retrocessioni dovrebbero essere ottenute sul campo. Noi ne sappiamo qualcosa, illudendoci ogni anno di poter riconquistare con un ripescaggio quella maledetta C1 persa a tavolino.

Può sembrare un paradosso, ma la scomparsa del Cosenza Calcio 1914 è una grave perdita per il Catanzaro e per noi tifosi. Muore insieme al Cosenza un pezzo glorioso ed esaltante della nostra storia. Rimangono i ricordi, dai trionfi in trasferta alla tripletta di Palanca, da quel primo derby visto al “Ceravolo” all’ultimo vinto al “San Vito” con un gol di De Sensi. Rimangono le splendide coreografie e i sarcastici striscioni di scherno, i bollettini medici dopo gli scontri e gli insulti sulle pagine dei siti Internet. Rimane la consapevolezza che non potrò più dire al mio migliore amico “Aspettateci, stiamo tornando per battervi”, e non sentirò più la sua voce rassegnata che mi risponde “È vero, con voi non vinciamo mai”.

In attesa che il Cosenza torni, magari già l’anno prossimo in C2, con un’altra denominazione. Non sarà la stessa cosa, ma almeno un giorno anch’io potrò dire a mio figlio: “Vieni. Ti porto a vedere il derby”.

Ivan Pugliese

Autore

Davide Pane

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