Per la procura di Salerno ci sarebbe una «regia» dietro gli attacchi al pm di Catanzaro, Luigi De Magistris. E finiscono sotto inchiesta i suoi maggiori «nemici». Non solo il procuratore capo Mariano Lombardi ma anche l’aggiunto Murone e il pm Rinaldi: tutti e tre per corruzione in atti giudiziari per vicende legate alle inchieste «Why Not» e «Poseidone». E sul registro degli indagati della procura campana finisce anche, per abuso d’ufficio e calunnia, il procuratore generale facente funzioni della Corte d’Appello di Catanzaro, Dolcino Favi, quello che ha avocato l’inchiesta Why Not che coinvolge il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, e il premier Romano Prodi.
Tutto questo, e molto altro ancora, hanno raccontato il 9 gennaio di fronte alla prima commissione del Csm, i pm di Salerno Dionigi Verasani e Gabriella Nuzzi, titolari dei fascicoli sulle toghe del capoluogo calabrese. Un’audizione alla quale ha partecipato anche il procuratore capo Luigi Apicella, durata due ore e mezzo e poi segretata, in cui i sostituti hanno spiegato che le indagini sono ancora in corso e interessano protagonisti del mondo giudiziario e politico. L’esito sarebbe, però, imminente.
Sembra quindi che i magistrati di Salerno diano credito alle accuse rivolte da De Magistris soprattutto ai colleghi che gli hanno sottratto, una dopo l’altra, le indagini più scottanti. E ipotizzano una sorta di «filo conduttore» nelle azioni che avrebbero intralciato il lavoro del magistrato, con addebiti sia penali che disciplinari. Fu lo stesso Guardasigilli, iscritto da De Magistris per i suoi contatti con il principale indagato della Why Not Antonio Saladino, a chiedere al Csm l’apertura di un procedimento disciplinare e il trasferimento urgente del pm. Quest’ultimo subisce ora un processo disciplinare a palazzo dei Marescialli, e parallelamente su di lui svolge un’istruttoria la prima commissione, competente per il trasferimento d’ufficio «incolpevole» per incompatibilità ambientale e funzionale.
I due pm avrebbero anche sostenuto al Csm che, allo stato, non emergerebbero fatti penalmente rilevanti riguardo alle presunte violazione del segreto istruttorio da parte di De Magistris.
Verasani e Nuzzi hanno spiegato che, sulla base del fascicolo trasmesso a Salerno da De Magistris e di esposti su di lui, è stato inoltre indagato per abuso d’ufficio Gianfranco Mantelli, l’ispettore del ministero inviato da Mastella per fare luce su presunte «gravi anomalie» compiute da De Magistris nell’inchiesta «toghe lucane». Fascicoli sono stati aperti anche sul senatore azzurro Giancarlo Pittelli e sull’ex governatore della Calabria, Giuseppe Chiaravalloti. Infine, a Salerno si cercherebbe di fare luce su una possibile incompetenza territoriale della procura di Matera per l’indagine che riguarda magistrati e politici della Basilicata, avviata da De Magistris.
Nell’audizione di ottobre alla prima commissione del Csm, il procuratore Apicella aveva sostenuto che entro la fine dell’anno tutte le inchieste su De Magistris sarebbero state chiuse. Per questo era stato fissato ai primi di gennaio il nuovo incontro. Le indagini, invece, si sono rivelate più complesse del previsto e proseguono. La commissione ne tornerà a discutere martedì prossimo ma, come ha precisato il presidente dell’organismo Mario Patrono, è sempre più chiaro che le due inchieste parallele del Csm si stanno intersecando.
«Dovremmo tener conto anche dell’esito della sezione disciplinare, perché i fatti esaminati sono in alcuni casi coincidenti con quelli del giudizio disciplinare».
Tutto questo, e molto altro ancora, hanno raccontato il 9 gennaio di fronte alla prima commissione del Csm, i pm di Salerno Dionigi Verasani e Gabriella Nuzzi, titolari dei fascicoli sulle toghe del capoluogo calabrese. Un’audizione alla quale ha partecipato anche il procuratore capo Luigi Apicella, durata due ore e mezzo e poi segretata, in cui i sostituti hanno spiegato che le indagini sono ancora in corso e interessano protagonisti del mondo giudiziario e politico. L’esito sarebbe, però, imminente.
Sembra quindi che i magistrati di Salerno diano credito alle accuse rivolte da De Magistris soprattutto ai colleghi che gli hanno sottratto, una dopo l’altra, le indagini più scottanti. E ipotizzano una sorta di «filo conduttore» nelle azioni che avrebbero intralciato il lavoro del magistrato, con addebiti sia penali che disciplinari. Fu lo stesso Guardasigilli, iscritto da De Magistris per i suoi contatti con il principale indagato della Why Not Antonio Saladino, a chiedere al Csm l’apertura di un procedimento disciplinare e il trasferimento urgente del pm. Quest’ultimo subisce ora un processo disciplinare a palazzo dei Marescialli, e parallelamente su di lui svolge un’istruttoria la prima commissione, competente per il trasferimento d’ufficio «incolpevole» per incompatibilità ambientale e funzionale.
I due pm avrebbero anche sostenuto al Csm che, allo stato, non emergerebbero fatti penalmente rilevanti riguardo alle presunte violazione del segreto istruttorio da parte di De Magistris.
Verasani e Nuzzi hanno spiegato che, sulla base del fascicolo trasmesso a Salerno da De Magistris e di esposti su di lui, è stato inoltre indagato per abuso d’ufficio Gianfranco Mantelli, l’ispettore del ministero inviato da Mastella per fare luce su presunte «gravi anomalie» compiute da De Magistris nell’inchiesta «toghe lucane». Fascicoli sono stati aperti anche sul senatore azzurro Giancarlo Pittelli e sull’ex governatore della Calabria, Giuseppe Chiaravalloti. Infine, a Salerno si cercherebbe di fare luce su una possibile incompetenza territoriale della procura di Matera per l’indagine che riguarda magistrati e politici della Basilicata, avviata da De Magistris.
Nell’audizione di ottobre alla prima commissione del Csm, il procuratore Apicella aveva sostenuto che entro la fine dell’anno tutte le inchieste su De Magistris sarebbero state chiuse. Per questo era stato fissato ai primi di gennaio il nuovo incontro. Le indagini, invece, si sono rivelate più complesse del previsto e proseguono. La commissione ne tornerà a discutere martedì prossimo ma, come ha precisato il presidente dell’organismo Mario Patrono, è sempre più chiaro che le due inchieste parallele del Csm si stanno intersecando.
«Dovremmo tener conto anche dell’esito della sezione disciplinare, perché i fatti esaminati sono in alcuni casi coincidenti con quelli del giudizio disciplinare».