La Forleo esordisce così: “Vengo dalla Puglia, una terra che amo, e dove vedo cose che puntualmente denuncio, anche se comincio a vedere dei passi avanti. Conosco gli sforzi e i sacrifici perché vinca il senso dello Stato e perché la legge sia uguale per tutti. Per me era un dovere essere qui e intervenire come magistrato a favore di De Magistris e di tanti altri colleghi che operano in territori difficili. Luigi ha avuto la sventura di imbattersi più di una volta nei cosiddetti poteri forti o meglio negli interessi collegati ai poteri forti. Ha pagato e sta pagando, ma è il coraggio quello che conta”.
Poi l’affondo durissimo contro i politici e la politica fatta nel Mezzogiorno: “È ora che il Sud si liberi dei don Rodrigo e dei suoi bravi”. E le conseguenze per un giudice che non si tira indietro davanti ai “poteri forti”: “Si finisce per essere lasciati soli da tanti colleghi. Dopo aver fatto scelte scomode via via si perdono gli inviti a cena e a teatro”. E quello che è successo ancora ieri quando si è sparsa la notizia che la Forleo sarebbe andata in tv: “Ho ricevuto molte telefonate in cui mi raccomandavano prudenza. Allora mi sono ricordata dei santini appesi nelle auto degli anni Cinquanta “attenta a non sbattere””.
Su De Magistris la sezione disciplinare del Csm avrebbe dovuto decidere lunedì prossimo, ma ieri il vicepresidente Nicola Mancino non ha escluso che ci potrebbe essere uno slittamento per la mole di pagine del dossier a cui, su richiesta del ministro, si aggiungeranno i rapporti della prima commissione che ha lavorato sulle toghe lucane. Ma De Magistris è tranquillo, rompe il silenzio, e a Sandro Ruotolo di Annozero dichiara: “Sono sotto ispezione, senza soluzione di continuità, da circa tre anni. E ciò conferma la bontà del lavoro investigativo che sto facendo. Peccato che da due anni trascorra due giorni alla settimana, il sabato e la domenica, a difendermi”.
Anche se gli ispettori glielo contestano, De Magistris insiste sulle minacce ricevute: “Ho subito pressioni e intimidazioni da ambienti istituzionali”. È pesante la denuncia di un’incredibile condizioni logistica: “Sono sotto tutela, ma ho una vettura blindata senza benzina. Devo metterla di tasca mia. Quando propongo di usaree la mia auto, mi vietano di posteggiarla sotto il palazzo di giustizia e se chiedo come devo fare mi rispondono ” dovrebbe stare a casa””. Anche De Magistris si sente solo: “Una dose di solitudine fa parte del mestiere. Ma qui ne avverto una profonda e inquietante. È la solitudine istituzionale. Ma la gente mi è vicina”.
De Magistris nega di aver utilizzato i tabulati telefonici di Prodi, di molti ministri (tra cui Mastella e Amato), di Mancino, dei vertici delle polizie. Mentre monta la protesta politica bipartisan (lo difende Di Pietro, lo attaccano l’Udeur di Mastella, il forzista Cicchitto, il centrista Vietti), il magistrato smentisce e replica seccamente: “La sequela di nomi citati non forma oggetto alcuno, né diretto, né indiretto, delle indagini preliminari del mio ufficio. Non sono l’autore di un grande fratello giudiziario”.
Il suo consulente Gioacchino Genchi, che si è occupato di tutte le intercettazioni, parla di “bufala mediatica” e di “ulteriore tentativo di delegittimazione”, ma al Csm vogliono vederci chiaro. L’ex pm Felice Casson, ora senatore dell’Ulivo, fa un’interrogazione e chiede che Mastella chiarisca al più presto in Parlamento.
da repubblica.it