di Olga Iembo – www.ildomanionline.it
CATANZARO – Giunti già in aula per la “prima tornata” delle indagini condotte dagli Uomini della Polizia di Stato, stanno per comparire davanti al giudice anche coloro i quali sono rimasti coinvolti nel secondo round dell’operazione “Kafila”, diretta a sgominare una presunta associazione a delinquere dedita alla tratta di esseri umani. Il sostituto procuratore Luigi De Magistris, titolare delle indagini, ha infatti avanzato la richiesta di rinvio a giudizio a carico di 10 persone, che avrebbero dato vita all’organizzazione, con la predisposizione di tutti i mezzi e gli accorgimenti necessari, per «realizzare fatti criminosi finalizzati all’ingresso e alla permanenza illegale di persone nel territorio nazionale, con divisione di ruoli in Italia e all’estero, e altresì al fine di sequestrare i cittadini stranieri per procedere alla loro liberazione solo dopo il pagamento del riscatto da parte dei prossimi congiunti».
È l’oramai tristemente noto copione seguito da questi presunti trafficanti di nuovi schiavi, venuto alla luce in varie precedenti inchieste, molte delle quali hanno già superato il vaglio giudiziario con l’emissione di pesanti condanne, mentre altre sono in fasi precedenti, come “Kafila 1” i cui imputati sono nell’aula del gup cui hanno chiesto di accedere al rito abbreviato. Lo scorso giugno, alla conferenza stampa di presentazione dell’operazione, fu spiegato che “Kafila 2”, partita circa un anno prima, aveva contribuito a confermare la pista investigativa che puntava a ricostruire 4 presunte associazioni a delinquere: una già delineata con Kafila, dedita alla tratta di clandestini e composta da sudanesi; un’altra operante in Sicilia, costituita da sudanesi e marocchini e dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; una terza, riconducibile al presunto trafficante di esseri umani libico “Aziz”, dedita alla predisposizione e realizzazione dei viaggi dalla Libia in Italia; la quarta costituita da cittadini del Nord Africa, dedita alla fabbricazione di documenti falsi, stabilitasi nel territorio milanese. La stessa Squadra mobile di Milano, infatti, partecipò assieme a quella di Crotone all’inchiesta diretta dalla Procura catanzarese, eseguendo poi i provvedimenti di fermo emessi dal sostituto De Magistris. Provvedimenti che in seguito trovarono il pieno conforto dei gip d’Italia (e precisamente di Milano, Lodi, Palermo e Caltanissetta) chiamati per competenza territoriale (a seconda dei luoghi dove sono stati presi gli indagati) a pronunciarsi sulla bontà dell’iniziativa del pm, e sulla sua richiesta di emettere ulteriori ordinanze di custodia, che hanno infatti lasciato i presunti negrieri dietro le sbarre.
Ora è il giudice dell’udienza preliminare quello chiamato a pronunciarsi su un impianto accusatorio che focalizza l’attenzione sul più atroce nuovo business che esista al mondo, il “commercio” di esseri umani, perché di questo parlano le accuse quando fanno riferimento alla restituzione della libertà ai clandestini solo dopo il pagamento di un riscatto.
Sarà il gup distrettuale di Catanzaro a decidere se ritenere maggiormente fondata la tesi dell’accusa o quella della difesa, e dunque se e chi degli indagati dovrà finire sotto processo.
È l’oramai tristemente noto copione seguito da questi presunti trafficanti di nuovi schiavi, venuto alla luce in varie precedenti inchieste, molte delle quali hanno già superato il vaglio giudiziario con l’emissione di pesanti condanne, mentre altre sono in fasi precedenti, come “Kafila 1” i cui imputati sono nell’aula del gup cui hanno chiesto di accedere al rito abbreviato. Lo scorso giugno, alla conferenza stampa di presentazione dell’operazione, fu spiegato che “Kafila 2”, partita circa un anno prima, aveva contribuito a confermare la pista investigativa che puntava a ricostruire 4 presunte associazioni a delinquere: una già delineata con Kafila, dedita alla tratta di clandestini e composta da sudanesi; un’altra operante in Sicilia, costituita da sudanesi e marocchini e dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; una terza, riconducibile al presunto trafficante di esseri umani libico “Aziz”, dedita alla predisposizione e realizzazione dei viaggi dalla Libia in Italia; la quarta costituita da cittadini del Nord Africa, dedita alla fabbricazione di documenti falsi, stabilitasi nel territorio milanese. La stessa Squadra mobile di Milano, infatti, partecipò assieme a quella di Crotone all’inchiesta diretta dalla Procura catanzarese, eseguendo poi i provvedimenti di fermo emessi dal sostituto De Magistris. Provvedimenti che in seguito trovarono il pieno conforto dei gip d’Italia (e precisamente di Milano, Lodi, Palermo e Caltanissetta) chiamati per competenza territoriale (a seconda dei luoghi dove sono stati presi gli indagati) a pronunciarsi sulla bontà dell’iniziativa del pm, e sulla sua richiesta di emettere ulteriori ordinanze di custodia, che hanno infatti lasciato i presunti negrieri dietro le sbarre.
Ora è il giudice dell’udienza preliminare quello chiamato a pronunciarsi su un impianto accusatorio che focalizza l’attenzione sul più atroce nuovo business che esista al mondo, il “commercio” di esseri umani, perché di questo parlano le accuse quando fanno riferimento alla restituzione della libertà ai clandestini solo dopo il pagamento di un riscatto.
Sarà il gup distrettuale di Catanzaro a decidere se ritenere maggiormente fondata la tesi dell’accusa o quella della difesa, e dunque se e chi degli indagati dovrà finire sotto processo.