di Olga Iembo – www.ildomanionline.it
CATANZARO —
La composizione del Tribunale che deve decidere le sorti del “caso Abramo” sta per cambiare. Ma il processo è salvo. Forse perché tutto è giunto ormai a un passo dalla conclusione, forse perché la terna giudicante è giunta ormai alla sua terza variazione… Certamente perché sono trascorsi oltre tre anni e tre mesi dalla prima udienza (che risale al primo giugno 2004), tutti ieri, il pm Luigi De Magistris, l’avvocato di parte civile Ernesto D’Ippolito, i difensori degli imputati Enzo Ioppoli e Aldo Casalinuovo, hanno annunciato che presteranno il proprio consenso a proseguire, mantenendo per buona tutta l’attività sin qui faticosamente compiuta, quando a novembre prossimo si tornerà in aula davanti a un Tribunale “orfano” del giudice Emanuela Folino, che nel frattempo avrà lasciato il posto a uno dei colleghi della sezione penale (Antonio Saraco o Emma Sonni). Sgombrato il campo dall’incubo “azzeramento”, l’udienza è proseguita con gli ultimi quattro testi chiamati dalla difesa di Sergio Abramo, ex sindaco di Catanzaro e attuale consigliere regionale, imputato per due ipotesi di abuso d’ufficio, falso, concussione e turbata libertà degli incanti, sotto processo assieme a Domenico Vasapollo, che risponde per concorso in un caso di abuso d’ufficio. Nel processo l’accusa ipotizza un disegno illecito finalizzato complessivamente a far ottenere ad aziende del Gruppo Abramo il servizio di informatizzazione delle multe elevate dai Vigili urbani, in cui vittima sarebbe stato il comandante Salerno, spostato ingiustamente dal suo posto di comandante della Polizia municipale a un altro per essersi opposto ai propositi di Abramo. Il primo a prendere la parola è stato Emilio Verrengia, all’epoca dei fatti assessore ai Trasporti, Viabilità, Sicurezza e Protezione civile che, come aveva già fatto in passato chiamato al microfono anche come testimone della pubblica accusa, ha ripercorso e descritto le numerose “disfunzioni” in cui il settore da lui “politicamente” diretto si trovava, quando Salerno fu spostato ad altro incarico, raccontando anche che Abramo rilevò quelle disfunzioni, nella seduta di giunta in cui si parlò della questione, e che lui stesso condivideva «tutto ciò che sosteneva il sindaco», anche per via di una “sintonia politica”. Questo e solo questo sarebbe stato il motivo del trasferimento del dirigente, ha affermato Verrengia, che poi ha spiegato di come le ragioni concretamente scritte nel provvedimento (relative a specifici compiti che Salerno non avrebbe portato a termine in marito a questioni legate all’introduzione dell’euro o a un censimento che andava operato) fossero difformi dalle problematiche sistematicamente rilevate da più parti (viabilità difficile, problemi con gli ambulanti ecc) proprio perché «non si voleva ledere la professionalità del comandante», un “dirigente di fiducia”. L’avvocato D’Ippolito, per parte sua, ha rilevato come questa presunta volontà non sembrasse propriamente in linea con le numerose note “negative” inviate da Verrengia al Nucleo di valutazione rispetto all’operato di Salerno. Le domande di Ioppoli (difensore di Abramo), comunque, sono servite a Verrengia per ribadire in ogni modo che nessun ulteriore motivazione c’era stata dietro lo spostamento del dirigente, fuorché le le disfunzioni organizzative di cui soffriva il suo settore. Disfunzioni che lo stesso comandante, ha detto Verrengia, addebitava ad altre cause, come la scarsità di uomini e mezzi. E del resto, da una conversazione fra i due, la cui trascrizione è agli atti, Salerno confermò di non avere proprio nulla contro il sindaco, ma di aver compreso cosa accadeva, «ormai – disse il comandante – so tutto, so tutto, so tutto». E se in quella conversazione Verrengia rispose a Salerno facendo riferimento a «personaggi che ci ruotano attorno…», nulla di più l’assessore ha saputo precisare quando D’Ippolito gli ha chiesto chi sarebbero stati quei “personaggi”. «Parlavo genericamente» ha spiegato, e poi ancora, al presidente del Collegio che gli ha chiesto chiaramente chi lo avesse sollecitato relativamente alle presunte mancanze di Salerno, ha risposto «la città!». Molto più breve la successiva deposizione di Pasquale Costantino, all’epoca dirigente del settore Finanziario e Informatico, che ha raccontato di come, su richiesta da Salerno, indicò l’ingegnere Virone come possibile componente della commissione per la gara di informatizzazione, perché faceva parte di quella società (la Ifm, coinvolta nel caso) che già forniva i software al Comune. Unico dettaglio da chiarire, nel prosieguo, è se il comandante mostrò disapprovazione per quell’indicazione. «No», ha detto Costantino, senza ricordare di aver mai ricevuto la nota n° 38815 con cui, secondo D’Ippolito, il comandante invece avrebbe espresso le sue perplessità. Breve anche la testimonianza di Raffaele Brutto, all’epoca autista del sindaco, che ha raccontato di un tentativo andato a vuoto di far incontrare Salerno e Abramo per un chiarimento, e ancor più rapido l’intervento di Amedeo Cardamone, al tempo dei fatti di causa vice di Salerno, relativamente alla pubblicazione, il 2 maggio 2003, del bando di gara per l’informatizzazione. In aula si tornerà il 15 novembre per la requisitoria e le richieste del pm, e poi il 29 novembre, per le arringhe difensive e la sentenza.