CATANZARO  Per la partita di ritorno della finale play off, la capienza del “Ceravolo” sarà , probabilmente di 20.000 unità . La richiesta della società di via Lombardi alle autorità competenti è andata oltre. Venticinquemila i posti che la dirigenza giallorossa vorrebbe a disposizione per l’ultima uscita stagionale. Una soluzione che soddisferebbe le richieste di assistere all’evento che tutti i catanzaresi e non aspettano da due anni a questa parte. Quasi sicuramente, però, l’ex Comunale sarà agibile al massimo per 20.000 persone. In settimana, la Commissione di vigilanza decreterà , nel corso di un sopralluogo, il numero massimo di spettatori che potrà assistere all’incontro.
Dai primi novanta minuti del doppio confronto play off Acireale-Catanzaro, intanto, a uscirne indebolita è la squadra siciliana. Dopo il pareggio a reti bianche in Sicilia, per centrare la promozione in C/1, i giallorossi avranno, infatti, a disposizione due risultati su tre. Un vantaggio oggettivo non solo dal punto di vista delle probabilità , ma anche sotto l’aspetto mentale. Tra le fila dei siciliani, mancheranno, per giunta, Anastasi, Bonanno e Cardinale, che con l’ammonizione a testa ricevuta domenica, saranno squalificati. Mister Costantini dovrà rinunciare ai tre giocatori acesi che hanno maggiormente impressionato in gara uno.
Franco Dellisanti dovrà fare a meno del solo Ascoli, che, tuttavia, ha dimostrato di essere uno dei giocatori più in forma della rosa. Il centrocampista sarà sostituito o dal ventenne Basile, o da Ambrosino. Quest’ultimo ha già disputato due spezzoni di partita nelle tre gare play off. Il centrocampista ex Giulianova è anche un veterano degli spareggi, avendone giocati quattro in precedenza. Adesso, il Catanzaro e i suoi tifosi devono solamente esorcizzare il brutto ricordo della finale persa col Sora.
DELLISANTI. Il tecnico giallorosso afferma riguardo al risultato finale: «Eravamo andati ad Acireale per vincere, ma una squadra ben messa in campo non ci ha permesso di raggiungere la vittoria. Noi, però, non abbiamo lasciato alcuno spazio agli avversari. Le due azioni più pericolose in avanti sono state create da noi. Rispetto all’ultima partita, non siamo ripartiti con molta frequenza. Dobbiamo fare meglio. Per quanto fatto, Lo Giudice è da elogiare, così come il resto della panchina, composta da professionisti seri che non si sono mai lamentati».
Moscelli, però, ha dimostrato di non aver gradito la sostituzione fatta dal trainer al 28′ della ripresa. La punta, dopo il cambio, ha dato in escandescenze contro i vetri della panchina. Un gesto plateale dettato forse dall’insoddisfazione provata per la prestazione offerta, certamente non all’altezza del suo standard qualitativo. Discorso diverso per quanto riguarda la fascia sinistra. In quel settore, il Catanzaro non ha dato il massimo. Il 35enne Lo Giudice ha preso il posto di Corazzini (infortunato), senza, però, avere i 90′ nelle gambe. A centrocampo, Ferrigno era, dal canto suo, reduce da una contrattura che non gli ha permesso di esprimersi al meglio.
QUESTIONE DI STILE. Al “Tupparello” i supporters catanzaresi hanno dato una lezione di civiltà ai loro rivali. Alcuni tifosi siciliani, facenti parte di uno sparuto gruppetto che si trovava nel settore attiguo a quello ospite, hanno lanciato bottiglie, aste di bandiera e quant’altro contro il pubblico calabrese, nel corso della gara con l’Acireale. La risposta non si è fatta attendere: due lunghi applausi all’indirizzo degli avversari, nient’altro. Fastidiosi, inoltre, sono risultati i fuochi d’artificio sparati dietro la curva locale. I giochi pirotecnici sono andati avanti fino al 12′ del primo tempo, provocando forte disturbo sia agli atleti scesi in campo, sia ai giornalisti impegnati nel commento della partita. Un diversivo che pare non aver gradito neanche il direttore di gara, viste le tante, nove, ammonizioni comminate in una partita non “cattiva”.
Enrico Foresta – Il Quotidiano
Encomiabili gli oltre mille tifosi giallorossi giunti ad Acireale per la finale play off
Il sogno che accende una cittÃ
I supporter calabresi danno una lezione di civiltà ai locali
DOMENICA 8 giugno 2003, ore 7 del mattino, la maggior parte dei cittadini catanzaresi è ancora sotto le coperte, mentre la “minoranza” più calda del tifo calcistico è già per le strade a preparare il grande esodo in terra sicula. Passare dal piazzale antistante il cimitero di Pontepiccolo, significa incontrare migliaia di tifosi intenti ad allestire una carovana di pullman e ad intonare i primi cori della lunga giornata giallorossa.
Man mano che passano i minuti, la folla continua ad aumentare e agli oltre 20 pullman del tifo organizzato, si aggregano numerose macchine intenzionate a raggiungere la stessa identica meta, Acireale. Qualcuno comincia a nutrire il sospetto di non riuscire a trovare alcun tagliando, una volta giunti nella cittadina etnea, eppure questo non scoraggia chi questa trasferta la sognava da oltre 14 lunghi anni.
Sciarpe, cappelli e bandiere, sono il fondamentale bagaglio di cui si equipaggia la grande “marea rossa”, già perché l’esperienza positiva, della scaramantica maglia gialla con su scritto “Fohra Gabbu”, ha indotto gli Uc ’73 a riproporre quei simpatici gadget, con una azzeccata variante cromatica. Pronti via dunque, destinazione paradiso, con la consapevolezza di essere testimoni e protagonisti di una delle pagine più belle, della storia giallorossa.
Inenarrabile è l’emozione che si prova nel vedere le strade, che portano fino a Villa S. Giovanni, completamente occupate da tifosi del Catanzaro ed immenso è l’imbarazzo degli addetti all’imbarco, nel dover allestire tre traghetti da destinare ai soli sostenitori delle aquile. L’arrivo in Sicilia, è il dejà vu dello sbarco dei garibaldini, con la variazione sia della meta, Acireale anziché Marsala, sia del numero dei suoi avventurieri, quasi 500 in più delle 1000 giubbe rosse. I biglietti ci sono, in un modo o nell’altro i calabresi si sanno arrangiare e il settore della curva nord, solitamente riservato ad un gruppo di opposizione degli ultras locali, viene consegnato ai supporters ospiti.
Questo provoca le ire dei tifosi granata, che contestano duramente la società , ritenuta responsabile dello sfratto, e cominciano un fitto lancio di oggetti verso la tifoseria avversaria.
L’indifferenza totale, con cui rispondono i catanzaresi, è sintomo di una maturità sportiva, che è ormai documentabile e cancella ogni residuo ostacolo, per il rilancio di questa gloriosa società . Lo spettacolo, più che sul campo, lo offrono le due tifoserie sugli spalti.
Gli acesi cominciano lanciando una serie infinita (è durata un quarto d’ora circa) di fuochi d’artificio, mentre i catanzaresi rispondono con lo sventolio di bandiere ed il solito inimitabile urlo, “Siamo la Massimo Capraro”!
A dire il vero, la vera anima della tifoseria granata provoca il meno possibile i nostri tifosi, pensando solamente a incitare la squadra, al contrario di quanto fanno invece gli altri tifosi acesi, sistemati nella nord.
Quando i supporters giallorossi intuiscono che mancano solo pochi minuti alla fine della gara, l’intensità dei loro cori comincia ad aumentare, quasi a voler zittire definitivamente quelle fievoli e rassegnate voci dei tifosi di casa, che tentano di incitare fino all’ultimo la propria squadra.
Il triplice fischio dell’arbitro, coincide con un vero boato, che bissa quello sentito a Nocera solo sette giorni prima. Anche Massimo Poggi, amministratore delegato e Sergio Abramo, sindaco di Catanzaro, scendono in campo senza riuscire a contenere la gioia.
Il ritorno in città è una festa infinita, la speranza, la gioia, la consapevolezza di avercela finalmente fatta, di poter davvero abbandonare quell’inferno dal nome C2, sono sentimenti comuni in tutti i tifosi, ma qualcuno, con nella mente ancora fresco il ricordo di quel 17 giugno 2001, continua a predicare calma ed uno scaramantico, quanto mai opportuno Fohra Gabbu.
Domenico Concolino – Il Quotidiano