Ci offende ma non ci sorprende l’ennesima bufera che investe il sistema universitario calabrese troppo spesso vittima di biechi interessi e collusioni che con la cultura e la formazione non hanno e non devono avere assolutamente relazioni.
Quanto emerso dall’indagine della procura di Reggio Calabria è la prova di quanto la zona grigia sia piena di insospettabili e come ogni settore della società, in Calabria come nel resto del paese, non sia affatto immune alle influenze della criminalità.
La ‘ndrangheta evidentemente manda i suoi figli a studiare, meglio ancora a frodare e rubare, nelle università italiane e utilizza questi presidi come nuovi centri di gestione del suo potere.
Alle università calabresi si chiede di essere un presidio culturale, un baluardo per l’affermazione della democrazia e dei diritti fondamentali. Un sole che dipana nel territorio prima di tutto senso critico, consapevolezza, impegno, coscienza di se e degli altri. Si chiede alle università calabresi, di rivendicare il proprio ruolo ed il lavoro che quotidianamente da anni fanno in questa regione.
Il mercimonio delle competenze e della meritocrazia con esami truffa e con l’assegnazione scellerata di borse di studio, specie in questo momento di grossi tagli e crisi economica, sono un danno grave ed irreparabile per i giovani di questa regione troppo spesso costretti a fuggire o a subire le vessazioni di questo assurdo sistema.
Agli Atenei calabresi coinvolti nelle vicende domandiamo da subito chiarezza nell’accertare le responsabilità e le complicità; esigiamo, soprattutto, serietà e rigore nel garantire che simili situazioni non si ripetano più, estirpando dalle proprie istituzioni accademiche, senza se e senza ma, i servitori infedeli.
Si dica no nei fatti alla ‘ndrangheta. Lo si faccia con decisione. Lo si faccia per ridare fiducia nel sistema universitario calabrese. Lo si faccia per dare fiducia ai giovani di questa regione.