Il Rompicalcio

48 ore per non morire

Scenari e responsabilità a 48 ore e 460.000 euro dalla seconda scomparsa del Catanzaro in tre anni
Ci siamo. Poco più di 48 ore e 460.000 euro separano il Catanzaro dalla seconda scomparsa in tre anni dal panorama calcistico nazionale. Quarantotto ore dividono la società dal termine ultimo di presentazione del ricorso contro la decisione della Covisoc di escludere i giallorossi dal prossimo campionato di Seconda Divisione. 460.000 euro è la cifra mancante per poter presentare il ricorso. Una cifra richiesta ieri, in un comunicato congiunto, dai tre soci del FC Catanzaro. Una cifra che è salita di 60.000 euro rispetto a quella paventata dal socio Aiello 48 ore prima in un appello al Sindaco Olivo. Una cifra che i soci non possono ripianare e che richiedono alle istituzioni locali politiche ed economiche e ai singoli imprenditori della città, riuniti oggi intorno a un tavolo per cercare una soluzione.

SCENARIO 1: LA COLLETTA – Le possibili vie d’uscita da questa situazione sono tre. La prima è la “solita” colletta a fondo perduto che permetterebbe ai soci attuali di iscrivere la squadra e di tirare a campare fino alla prossima emergenza. È forse la soluzione peggiore ma, purtroppo, anche la più probabile. Considerato il numero di imprenditori convocato al tavolo delle trattative, la cifra in ballo non sembra essere un grosso problema. Tutti i soggetti interessati sono pronti a vestire gli abiti ormai consunti di “salvatori della patria calcistica”, tra gli applausi di una parte della tifoseria professionista in questi giorni colpevolmente silente. Una soluzione di questo tipo non avrebbe prospettiva, ammazzerebbe la passione verso i colori giallorossi e svuoterebbe definitivamente il “Ceravolo”. Ma salverebbe quel simulacro di calcio professionistico che va in scena da qualche anno a Catanzaro.

SCENARIO 2: IL FALLIMENTO – La seconda via d’uscita sarebbe una “soluzione finale”, il secondo fallimento in tre anni. Cancellerebbe definitivamente la squadra dalla mappa calcistica facendo ridere tutta l’Italia che vedrebbe il Catanzaro giocare di domenica su campi dove, solitamente, si allena nelle partitelle infrasettimanali. E comunque rimarrebbe irrisolto il nodo di una nuova proprietà che dovrebbe comunque investire ingenti somme (vedi tra le altre Siracusa e a Cosenza) per risalire la china dai dilettanti verso il professionismo. Con nessuna garanzia sulla discontinuità rispetto alle logiche attuali e passate. Brividi.

SCENARIO 3: IL SOGNO – La terza via d’uscita è quella sognata dalla stragrande maggioranza dei tifosi giallorossi. Quindi, anche la più tortuosa da percorrere. Gli attuali e i vecchi soci dovrebbero accollarsi tutti i debiti pregressi, ufficiali e non, e lasciare il Catanzaro “pulito” nelle mani di nuovi imprenditori (magari tra quelli seduti al “tavolo della colletta”) che, con 460.000 euro oggi, avrebbero la possibilità di ricostruire il giocattolo più prezioso e amato in città. Nessuno chiede la luna. Solo programmazione, competenza, capacità gestionali, serietà.

IL LODO “BRUCIATO” – L’ennesima emergenza-Catanzaro impone un rapido rewind per ripercorrere il nastro degli ultimi tre anni. Tanti ne sono serviti per dilapidare il Lodo Petrucci. O forse anche meno. Del duo Coppola-Pittelli, il primo è finito in galera, il secondo in Parlamento. “Cinque anni per tornare grandi” (Pittelli, 19/06/2006), meno di due anni per dimettersi (15/02/2008) e ritrovare il seggio in Parlamento grazie ai voti dei catanzaresi. Ma soprattutto in tempo per lasciare il Catanzaro in un mare di debiti, con una scia di deferimenti e sanzioni che, ancora oggi, gli attuali soci sono costretti a pagare (come dichiarato nel comunicato congiunto di ieri). UsCatanzaro.net definì Pittelli il “peggior Presidente nella storia del calcio sui tre colli” (08/05/2008).

BOVE, SOLURI, AIELLO – L’eredità lasciata era pesante ma il suo successore, Pasquale Bove, non ha certamente brillato per capacità e trasparenza. “Il Progetto Umiltà” (Soluri, 15/02/2008) è naufragato in un oceano di supponenza, “vuoto gestionale” (Provenza, 25/06/2009) e assenza di comunicazione. Le rassicurazioni sull’iscrizione alla prossima stagione, ribadite più volte nell’ultimo mese, sono la ciliegina sulla torta. Salvo accorgersi o render noto last second che un nuovo fallimento era alle porte. La sua parte di responsabilità, commisurata alla percentuale di quote e ai mesi trascorsi nella compagine societaria, ce l’ha anche Antonio Aiello. A rischio di apparire ingenerosi verso chi ha consentito, in un modo o nell’altro, al Catanzaro di trascinarsi fino alla fine della stagione. L’imprenditore “cuneese” ha taciuto sulla situazione patrimoniale fino alla fine. Il 28/06/2009 rassicurava i tifosi che “anche di quest’ultimo impegno (ndr: iscrizione e ricapitalizzazione) ce ne faremo carico con il Sig. Bove”, salvo poi, una settimana dopo, chiedere “un ultimo sforzo” per “fare questo miracolo” (06/07/2009). Con le collette degli altri.

IMPRENDITORI, COMUNE, TIFOSI – Di imprenditori sempre pronti a elargire soldi una tantum senza costruire niente di duraturo. Di un Comune che, dopo aver “bruciato” il Lodo Petrucci affidandolo al duo Coppola-Pittelli, ha stanziato per questa società 150.000 l’anno scorso (06/06/2008) e altri 150.000 pochi giorni fa (24/06/2009), oltre ai soldi destinati alla discutibile ristrutturazione del “Ceravolo”. Alla finestra attendono i tifosi. Quelli di professione e quelli spassionati. Quelli residenti e quelli emigrati. Quelli che mettono la faccia e si vedono puntare il dito contro e quelli che aspettano di salire sul carro dei “salvatori della patria”. Uniti dalla passione per il Catanzaro che sta di nuovo morendo, ma divisi sulle metodologie della protesta. Catanzaro sta per diventare l’unica piazza italiana dove, a 48 ore dalla possibile scomparsa della squadra di calcio, gli ultras non ci sono. Non protestano, non contestano, non esistono. UsCatanzaro.net, nel dopo Pescina, aveva chiesto a gran voce “che si facesse piazza pulita, si ricominciasse da zero, con forze fresche e volti nuovi” (09/06/2009). Mancava ancora un mese. Si poteva trovare un’alternativa. Oggi è più complicato. Sono passati 30 giorni di marciume, di sotterfugi, di comunicati e di teatrini. La nausea è troppa. L’eutanasia è vicina.

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Redazione

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