L'emigrante

Fhortun is olveis aiding

…se mungi subba u canala 1929 ci sono le repliche in bianco e nero dei fasti della città perduta
Il giallorosso d’oltralpe si è dovuto arrangiare tant’era affamato di calcio, pane e sosizzi. Come volete che trascorra le sue grigie domeniche inglesi un neolaureato di belle speranze strappato dai tre colli come un’erbaccia dall’aiuola? E che dire dei talentuosi oriundi bavaresi che snocciolano un fluente tetesko mentre chiudono gli occhi sognando che il wurstel si trasformi in suppressata? E come potremmo dimenticare gli infaticabili impiegati elvetici che pur di sentirsi a casa continuano a portare i calzini bianchi con i mocassini? Cosa aggiungere ai brillanti stilisti che sotto la torre Eiffel inviterebbero la premiere dame a un plat de morcellò? E non fanno forse tenerezza gli autotrasportatori dei paesi dell’est che nei loro tir hanno la foto di Palanca in mezzo ai calendari di inebrianti playmate?

Fermiamoci qua. Fermiamo il nostro pensiero sul sorriso sornione del nostro calciatore simbolo e riflettiamo sul nostro territorio che diventa ogni giorno più ostile. L’emorragia di giovani che partono verso altri lidi è diventata inarrestabile al pari della notorietà della nostra regione per questioni poco dignitose. Eppure non si cerca una cura, anzi al contrario si cerca di restare malati per avere sempre la scusa fresca di piangersi addosso. E tanto varrebbe a questo punto votare davvero per Pino Pollo. Ma alla fine aggiungeremmo solo del sale su una ferita che brucia. Caro futuro amministratore della cosa pubblica, quella ferita che brucia si chiama Catanzaro. E il calcio è solo un buon dolce a fine pasto. I successi sportivi, cosi come una società forte, verrebbero da soli senza neanche doverli cercare. Tuttavia, se non ci si mette d’impegno e non si agisce con il dovuto rigore, diventa vano lo sforzo di migliorare la qualità della vita in questa regione. A verità fino a mmò si sforzaru assai… comu ti giri e comu ti voti ci su problemi.

All’emigrante si imputa il difetto di essere un po’ bacchettone, ciarliero e perchè no anche presuntuoso. Come se fuori dal Sansinato si perdesse il diritto di parola per incompetenza territoriale. Come se vivere lontano dalla propria terra fosse motivo di vanto a prescindere. Vistu ca tinda jisti a Timbuctù, và fhatti u prohessora ddrà. La guerra dei poveri, quella di chi combatte contro suo fratello invece di cercare forza da lui. D’altra parte se gli emigranti fossero tutti dei supereroi non staremmo oggi alle prese con un fallimento dopo l’altro.
Ad esempio il presidente emigrante ci mancava, ce lo abbiamo avuto e al pari dei nostrani predecessori si è rivelato del tutto incapace di gestire una squadra di calcio. Cosi i tifosi da ogni angolo della città, e più o meno ogni angolo del pianeta, aspettano novità un po’ più sostanziose del nome del becchino che metterà la parola fine a questa farsa. Ma ahimè non è l’unica, un’intera città in crisi si risveglia al suono del can can politico che guarda un pò vede di fronte il nostrano stagionato e il giovane emigrante. Scherzi del destino, lo specchio di questa città che sta invecchiando perchè i giovani vanno da un’altra parte e non tutti ritornano. E non si tratta di essere saccenti residenti o prohessori emigrati, qui c’è in ballo il destino di una città.

E il tifoso che fa? Quello nostrano si aggrega a stento, quello forestiero ha già pronto il biglietto aereo per le ferie pasquali. Entrambi vorrebbero che la politica avesse a cuore l’obbiettivo di riportare i giovani al sud offrendogli quelle opportunità che hanno avuto altrove. Entrambi preferirebbero che la singolar tenzone fosse una fucina di idee concrete, non di parole. Il tifoso sa che il calcio langue perchè manca un piano regolatore moderno, perchè non si potenzia l’università, perchè non si bonificano aree che potrebbero essere destinate allo sviluppo del turismo, perchè non si organizza un centro fieristico, perchè non si investe nella raccolta differenziata e nelle energie rinnovabili, perchè la città non cresce mai.
Giustu na pittata ogni tanto. Come quando pittarono le barriere metalliche sul ponte della standa perchè sarebbe passato il papa. E proprio il papa parlò di una città chiamata a svolgere un ruolo importante per la Calabria. Dieci anni più tardi la provincia si staccò in tre pezzi, mentre la città iniziava il suo lento declino. Trenta anni più tardi ci ritroviamo in coda a molte classifiche. In qualcuna di queste con risultati prossimi allo zero.

Il tifoso tutte queste cose le sa, le vede e vorrebbe che fossero prioritarie nelle agendine dei candidati. E invece no, prima delle elezioni s’imbriganu e dopo si fhannu i dispetti. E ciliegina sulla torta, quale nababbo dovrebbe avere interesse a fare calcio a Catanzaro? Ci è rimasta la pay per view, cosi possiamo farci gli occhi guardando il resto del mondo e magari un giorno qualcuno riuscirà a capire cosa cantavano in un certo stadio… fhortun is olveis aiding, ai lukked evriuere.

Davide Greco

Autore

Davide Greco

Scrivi un commento