L'emigrante

L’anno che verrà

Il calcio e la città tra satira e denuncia sociale: fatti e misfatti visti con gli occhi di chi vive fuori dai Tre Colli e raccontati da Davide Greco, “emigrante di ritorno”

Parte oggi con il numero zero una nuova rubrica, L’emigrante, a cura di Davide Greco, un “emigrante di ritorno” che ha scelto coraggiosamente di tornare a Catanzaro dopo una lunga parentesi di vita vissuta a 1000 chilometri di distanza. Una rubrica che racconterà le vicende del pallone e della città, viste dalla prospettiva e con gli occhi spigliati, rabbiosi, malinconici di chi ha abbandonato i Tre Colli, per scelta o per necessità, di chi ritorna magari solo per una settimana all’anno, di chi si tiene informato su tutto quanto accade a Catanzaro perché visceralmente legato alle proprio radici.

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Anno nuovo, vita nuova… magari !! Nemmeno il tempo di smaltire la bisboccia natalizia che tocca stropicciarsi gli occhi. Niente di nuovo sui tre colli, siamo ancora a zero punti. Rosario è tornato a Torino, Mimmo a Bologna, Roberto a Milano. Taliano invece è rimasto in loco, anche lui può tornare a occuparsi a tempo pieno della sua attività preferita: il birdwatching. 

D’altronde un mestiere bisognerà pure inventarselo visto che non ci è rimasto nemmeno il calcio. Qui non abbiamo la fabbrica, la grande azienda o il turismo delle città d’arte. A più di qualcuno ogni tanto sfugge la frase “non haju mancu a strada ma caminu”. E l’amministrazione comunale che fa?
L’anno nuovo generalmente parte con una buona dose di entusiasmo e di prospettive. A Catanzaro non è cosi. Una miriade di errori grossolani hanno determinato una situazione che non è più sostenibile nè a livello calcistico nè a livello cittadino. Lo sport non è l’ultimo dei problemi, bensì lo specchio di una realtà che si alimenta di notizie come “il sito del Comune di Catanzaro costa 120.000 euro l’anno”, “il Cavatore sul gioco da tavolo del Monopoly” o le lettere di cittadini ostaggi della delinquenza.
Quando chiude la propria valigia, mettendosi ordinatamente in coda al check-in, l’emigrante pensa a quello che si lascia alle spalle. Un turbinio di emozioni rimbalzano nella testa e nel cuore dei partenti. Ma la malinconia passa in fretta, più veloce di un banale raffreddore. L’emigrante torna a nord e ci guarda. Aspetta un segnale positivo, una nuvoletta di fumo all’orizzonte. Intanto lavora, produce, guadagna.
Catanzaro e il Catanzaro sono in piena agonia, dopo i migranti e i figli dei migranti sono andati via anche i calciatori. Le parole di Corapi hanno fatto discutere per quel poco velato accenno alla mancanza di spirito di iniziativa dell’imprenditoria locale. Il che, dall’ottica del tifoso, fa il paio con la poca buona volontà dimostrata poco prima dell’ingresso a Porta Pia in Roma qualche mese addietro. Doveva essere una breccia… è stato come finire la benzina a 1 metro dal traguardo. Eravamo tutti in C1 con una super formazione che faceva dimenticare i superproblemi della città.
E invece cittadini e tifosi ci ritroviamo sempre in coda al resto d’Italia. Bisogna fare meglio. E’ doveroso nei confronti della città, nei confronti dei catanzaresi che sono rimasti e di quelli che sono emigrati lontano da qui. Una città scarsamente attrattativa invita i giovani a fuggire. Davanti a questa deprimente alternativa, un noto tifoso giallorosso ha detto “speriamo nomma sinda va puru l’onorevole Tassone…”. Non è vero, perdonateci la battuta. Nella nostra piccola città i paperoni si contano sulle dita di una mano e quando spunta fuori un novello milionario ci si aggrappa a lui come fosse l’ultima ancora di salvezza. Non fosse altro che di giornalisti, muratori, orafi e titolari di piccole srl ne abbiamo fin qui. Il calcio è tosto.
Il 2011 è il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia e Bruno Vespa in un suo libro descrive Garibaldi, Cavour, Umberto I, Giolitti e D’Annunzio come dei gran donnaioli. Insomma i padri della patria avevano la scappatella nel DNA. Anche qui da noi, senza scomodare grossi personaggi, la situazione è letteralmente andata a p… ulzelle. Sarà dunque l’anno della rinascita? l’atto conclusivo di questa sordida vicenda calcistica che ci ha regalato un’infinità di umiliazioni? fuori dal Sansinato gli occhi sono puntati su di noi. Sono gli occhi di chi è partito, di chi si informa e di chi spera che un giorno le cose possano davvero cambiare.
Ma i cambiamenti non piovono dal cielo. Le cose cambiano se siamo noi a volerlo. E’ questo il grande insegnamento che gli emigranti ci danno. Di questo insegnamento dovremmo farne tutti tesoro senza dar spazio alla stucchevole indisponenza del catanzarese cchi nessunu ci pò insegnara nenta pecchi nasciu già imparatu. Cari politici, amministratori, imprenditori e cittadini datevi e diamoci da fare per cambiare questa situazione. “Ma come Pino, a quest’ora?”
Davide Greco

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Davide Greco

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