I Calici di Bari – Catanzaro

La rubrica di Nicolò Ditta

Finalmente è arrivata. L’aria è diversa, il sole è più caldo, le giornate più lunghe.
La primavera ci piace, è il risveglio dopo il lungo letargo invernale, il ritorno alla vita, quasi una boccata d’ossigeno dopo una lunga apnea.

È primavera, e la prossima trasferta ci porta in Puglia.
Andiamo in una splendida regione baciata dal sole e dal mare, andiamo a conoscerne piatti e vini tipici, per goderci un meritato fine settimana di relax.
Una cosa mi ha colpito della Puglia, è un territorio ampio, arioso, con una luce più forte che in altre regioni.
Un paesaggio semplice, scarno, rurale, con lunghi tratti pianeggianti intervallati da qualche piccola ondulazione. Un paesaggio che solo a guardarlo la dice lunga su quelli che sono gli elementi cardine della tradizione eno-gastronomica della regione.
Una tradizione basata su olio, grano, verdure e pesce, questa è la Puglia.
Semplicità ed essenzialità senza concessione alcuna al superfluo, questi sono i piatti pugliesi.

Un esempio è dato dai primi piatti. L’accostamento della pasta (magari fatta con il grano duro del tavoliere) con le superbe verdure: pasta e cime di broccoli; pasta e cavoli; maccheroni e melanzane; pasta e fagioli; pasta e purea di fave; spaghetti e cicoria; pasta e rucola; pasta e fiori di zucchina.
Sintesi di tutto ciò Sua maestà la pasta con cime di rapa, e per Sua maestà la pasta con cime di rapa il principe dei vini bianchi della provincia di Bari, il Locorotondo. Il vino bianco sicuramente più conosciuto della regione fatto da uve Verdeca e Bianco d’Alessano.
Vogliamo azzardare un rosato? perché no, in fin dei conti il gusto personale è sempre supremo nelle scelte. Di sicuro perderemo qualcosa (i tannini non è che ci stiano proprio bene con la pasta con le cime di rapa), ma dall’altro lato acquisteremo qualcosa (la leggera morbidezza del rosato).
Sicuramente non metteremo un rosso, i rossi pugliesi sono troppo pesanti per un piatto in fin dei conti semplice come questo. Pensiamo ad un Primitivo di Manduria o un Negroamaro. Vini che senza problemi raggiungono i 14/15 gradi alcolici, con una potenza devastante e una persistenza quasi infinita.

I grandi rossi pugliesi lasciamoli ai piatti di carne o ad alcuni dei formaggi della regione, magari allo splendido caciocavallo podolico del gargano (chiamato così perché il latte proviene dalle mucche di razza podolica).
Di contro la deliziosa burrata e la mozzarella di Andria non sono certo formaggi che sopportano così bene i vini, anzi…
C’è infine un formaggio è molto particolare, è il “Fallone di Gravina”. Un formaggio che ha la sua particolarità nel fatto di dover essere consumato in giornata. Prodotto con latte ovino e caprino crudi, vista la sua delicatezza oggi viene solo prodotto su richiesta.

Siamo agli inizi del periodo delle fave, e un cenno lo lascio ad uno dei miei piatti preferiti, fave e cicoria. Proviamolo in tutto il suo splendore con un filo di extra vergine d’oliva a crudo sopra, e il pranzo avrà tutto un altro sapore.
Ma questo è anche il periodo dei lampascioni, piccoli cipollotti amarognoli che sono alla base della “Tiedda”, ovverosia del “tegame”. Un tegame in cui si mettono a crudo strati di verdure, pesci, olive, riso e patate, che cuociono insieme dando un risultato molto particolare. Abbinamento difficile per via della presenza di varie componenti, ma che può trovare un matrimonio felice con un rosato. Vino che ha le caratteristiche sia del bianco che del rosso. Provare per credere. Così come si devono provare i molluschi crudi che sono tipici di Bari a cui abbiniamo (non me ne vogliano i nostri amici pugliesi) un prosecco di Valdobbiadene.
Vogliamo chiudere il pranzo in bellezza, niente di meglio che le zeppole di San Giuseppe (anche se è passato da poco) abbinate a un dolce Moscato di Trani.
Cin Cin

Nicolò Ditta

PS
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Autore

Redazione

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