Serie Bevute per Catania – Catanzaro

In alto i C…alici con Nicolò Ditta

Sicilia, terra di dominazioni e centro del mediterraneo, terra di conquista e sintesi di mille culture. Culture diverse tra loro che in quella terra si sono fuse in qualcosa di unico e diverso. Mille differenti sfaccettature, mille piccoli pezzi di un caleidoscopio che di volta in volta si combinano in modo diverso.
Eccoci quindi alla ennesima trasferta che ci vede scendere nella terra del sole.

L’Etna ed Erice, le due montagne che caratterizzano i due estremi opposti della Sicilia, e che fanno da cornice a due diverse realtà come la piccola e provinciale Trapani e la grande città industriale che è Catania.
Differenza che si vede anche nell’altezza delle due montagne, dai 753 metri di Erice, ai 3.323 metri del più alto vulcano d’Europa. Meta, quando non erutta, degli appassionati di sci che sulle pendici imbiancate possono trovare qualche impianto di risalita con un panorama che spazia dalla nostra amata Calabria all’immenso blu del Mare.
Partiamo da Erice in un viaggio di trasferimento alla volta di Catania. Erice è l’ultima realtà vitivinicola della Sicilia. Un clima fresco e ventilato che permette la coltivazione dell’uva in condizioni ideali, caldo di giorno, sole, e fresche notti con un importante sbalzo termico.

Proprio l’alternanza del caldo e del freddo tra il giorno e la notte (la celeberrima escursione termica) permette ai vini di sviluppare quei profumi e quegli aromi tipici dei grandi vini dell’Alto Adige.
In più l’escursione permette la produzione di vini con un elevato tasso di acidità che si traduce in “freschezza” e fragranza dei profumi. Volendo fare un paragone, un vino fresco e acido con profumi fragranti e “vivi” è un vino molto giovane, il classico bianco estivo con poco alcool. Il vino che invece soffre il caldo è un vino troppo invecchiato, che in bocca dà una sensazione alcolica, che allappa e sembra che sia farinoso. Sono vini che tendono al “marsalato”.

Pensiamo al clima della Sicilia e più in generale delle regioni del Sud. Tanto sole, caldo per vari mesi l’anno, poca pioggia per lo più concentrata in pochi mesi.
Una pianta che è esposta a queste condizioni climatiche ovviamente sarà stressata dal caldo e dalla siccità estiva, i vini e le uve saranno “cotte” ovvero saranno quasi disidratate e i vini saranno un concentrato di alcool (il sole facendo disidratare l’acino d’uva, aumenta la percentuale degli zuccheri contenuta nell’acino. Il vino che ne deriva sarà più dolce per via degli zuccheri che poi si traducono in alcool a seguito della fermentazione.
Ma i vini non solo saranno più dolci ma più “cotti” come si dice in gergo. Per farvi un’idea pensate a un frutto che è acerbo, che è maturo al punto giusto o che è troppo maturo.

Erice è una piccola bomboniera, un delizioso paesino di pietra e casette arroccato su un monte. Da qualche mese è stata attivata una cabinovia che in poco meno di 10 minuti vi porta comodamente in cima permettendovi di guardare uno straordinario panorama che vede le Isole Egadi fare da cornice a spettacolari tramonti.
Erice è stata colonizzata oltre che da orde di turisti in cerca di refrigerio dalla calura estiva (anche in pieno agosto la sera ci vuole un golfino leggero), anche da vignaioli in cerca di spazio per le loro piante.
Ad
Erice, oltre allo stupendo borgo, c’è da fare qualche sosta nelle pasticcerie che vendono i caratteristici dolci di mandorle e la “frutta Martorana” (come viene comunemente chiamata la pasta reale).

Veramente tipiche di Erice sono le “genovesi”. Dischi di pasta frolla sovrapposti farciti da crema pasticcera, infornati e spolverati di zucchero a velo. Prendono il nome dal cappello una volta usato dai marinai genovesi. Vanno rigorosamente mangiate calde! Ovvio abbinamento è un bicchiere di Marsala, straordinario vino da invecchiamento prodotto nell’omonima città a 40 km. Da Trapani.

Lasciando Trapani e dirigendoci verso Marsala, non possiamo non fare una sosta alla splendida isola di Mozia. Un museo a cielo aperto. Ci si trova immersi in un mare di reperti romani, una serie infinita di “cocci” e di vasi disseminati dovunque con degli splendidi ritrovamenti.

Giunti a Marsala, oltre al centro della cittadina è d’obbligo una sosta alle cantine più note per ammirare ed assaggiare il vino.

La visita prosegue per Selinunte e la grandiosa Valle dei templi.
Non avremo vini da degustare, ma un giro tra i templi vale il viaggio.

Da li possiamo scegliere di continuare con il nostro itinerario costiero o di tornare verso il centro dell’isola, e la zona di donnafugata particolarmente vocata alla produzione di vini.
Scegliendo di continuare dal lato Sud, passiamo per Agrigento con i suoi splendidi mandorli in fiore, Ragusa e Siracusa con il suo teatro greco, e Piazza armerina con i suoi splendidi mosaici.

Se scegliamo di puntare a Nord, una visita a Palermo e ai suoi innumerevoli tesori che spaziano dal barocco al liberty del Basile ci porta a prendere l’autostrada per Catania e viaggiare alla volta dello stadio.

Ma ora siamo arrivati e quindi Brindiamo!
In alto i calici e buona Serie Bevute

Nicolò Ditta

PS per informazioni critiche richieste o suggerimenti, tranne soldi o bottiglie di vino, scrivetemi pure a uctrapani@uscatanzaro.net

Serie …Bevute per Catania – CATANZARO

Mirabile viaggio in Trinacria a cura di Nicolò Ditta

E finalmente si va in Sicilia, mi sembra quasi una partita da giocare a casa…

Anche se io, da buon trapanese non ho molta simpatia per quelli dell’altra sponda. He he he…

Ma lasciamo stare gli screzi calcistici e campanilistici e parliamo un po’ della situazione enogastronomica in Sicilia.

Partiamo da un aneddoto, pochi mesi fa ho fatto una bella degustazione in giro per varie enoteche romane sui vini siciliani. È stato curioso sentire parlare i responsabili e i proprietari delle varie aziende vinicole con accento spiccatamente milanese, o lombardo, o veneto, o toscano, o romano, e uno solo sicuramente indigeno.

Come ho scritto della “colonizzazione” della Puglia da parte dei grandi gruppi industriali del nord, lo stesso può dirsi in Sicilia. Negli ultimi anni abbiamo assistito a uno sbarco massiccio di capitali e “menti” del nord attratte da costi più bassi e dalla possibilità di poter legare la provenienza del loro vino al nome “forte” di una regione tra le più conosciute in tutto il mondo.

La Sicilia ha vissuto un periodo d’oro dalla seconda metà degli anni ottanta per circa dieci anni i vini siciliani sono stati sinonimo di grossa qualità e profonda innovazione nelle tecniche. Tanto è cambiato da quando le autobotti partivano cariche di vino alla volta della francia e della toscana… chi di noi non ricorda da piccoli quando c’erano le serrate dei viticultori francesi al confine mentre distruggevano le botti appena giunte da Puglia e Sicilia?

Non che questo non succeda anche oggi, ma in misura molto minore. La provincia di Trapani è una delle prime province per la produzione di vino in Italia. Basta questo dato per farvi capire cosa significa vino da noi.

Proviamo a dividere la Sicilia in varie zone, solo così potremo avere un quadra un po’ più chiaro della situazione.

Partendo da Trapani citiamo ovviamente Marsala con i suoi vini e gli splendidi moscato passito o no di Pantelleria, e il più piccolo Bianco d’Alcamo che va benissimo col pesce. Altre produzioni della provincia ci sono ma non sono rilevanti.

Il centro della Sicilia è regno di storiche cantine che da sempre hanno rappresentato il nome della Sicilia nel mondo dei vini. Grosse produzioni da un lato e piccole nicchie dall’altro, in uno strano mix.

La Sicilia orientale è sicuramente molto più varia.
In basso la zona di Siracusa con il suo omonimo moscato che si stava perdendo ma che fortunatamente è stato rivalutato dal barone Pupillo, e un’altra zona molto interessante nei pressi di Avola col suo “Nero d’Avola”. Chiudiamo nei dintorni di Catania con i vini dell’Etna e nelle Eolie con la Malvasia.

Questo in generale, ma in particolare cosa possiamo dire di più direi niente, sediamoci a tavola e lasciamoci consigliare dallo chef…

Tanto per iniziare bene la giornata, parliamo del cous-cous di pesce, detto volgarmente alla siciliana. Bene, quel piatto è tipicamente trapanese!!! E nemmeno di tutta la provincia. Il cous-cous di pesce è stato importato dagli arabi proprio a Trapani. Nel senso che è arrivato condito da verdure legumi e carni varie come da tradizione araba, a Trapani è nata la versione col pesce. Oggi mi va di essere un po’ polemico…

Cominciamo il pranzo con un bell’antipasto e quindi parliamo di arance. Non vi preoccupate, non è un controsenso, ci sono due piatti nella tradizione siciliana che hanno come ingrediente principale questo splendido agrume, “l’insalata di aringhe e arance” che è un antipasto, e “l’insalata di arance e finocchi” che è un piatto di mezzo. Non berrei vino con nessuno dei due, ma acqua, troppo delicato soprattutto il secondo piatto. Specie con i vini siciliani che hanno gradazioni alcoliche molto alte.
Ma passiamo all’insalata di polipo, qua un bel bianco dell’Etna ci sta tutto!

Altri antipasti sono gli affumicati di pesce, non solo “pesce spada”, ma soprattutto di “Tonno”. Vi assicuro è qualcosa di inarrivabile!!! Più che un vino una bella bottiglia di bollicine ben fredde è il migliore accompagnamento.

Un discorso a parte meritano i ricci di mare. Mangiati crudi con due gocce di limone e un pezzo di pane sulla barca lasciandosi cullare dalle onde, o come contorno ad una pasta. Sia maledetto e perisca nelle fiamme dell’inferno chi osa fare un soffittino (3 Kg. e ½) di aglio, un po’ di olio (2 Lt.), e un’idea di peperoncino (1 piantagione intera)… per farci stufare le uova dei ricci per un quarto d’ora, coprendole di prezzemolo e facendoci saltare pure la pasta nella stessa padella tanto per farli amalgamare un po’… PESTE VI COLGA!!!

I ricci sono delicatissimi, NON devono MAI andare sul fuoco! Devono essere crudi, e possibilmente su spaghetti, o linguine, raffreddate in acqua e mescolate con olio extra-vergine d’oliva. Eventualmente una spruzzatina di prezzemolo alla fine ma poco, e nulla più! La delicatezza delle uova deve risaltare. Provate e poi mi direte.

Stesso discorso vale per gli spaghetti con le uova di tonno. Schiacciate con la forchetta con un filo d’olio extra-vergine d’oliva e poca acqua di cottura della pasta, una bella manciata di prezzemolo e gli spaghetti fumanti messi all’ultimo minuto! Qua l’abbinamento è un po’ più difficile, molto sapide le uova di tonno e tendenzialmente dolce la pasta, aromatico il prezzemolo e grasso l’olio. Insomma ci sono tutte le componenti.

Come provocazione si può provare un goccio di “Marsala Soleras” un po’ freddo, ma è un azzardo e bisogna stare molto attenti al tipo di bottiglia che si sceglie. In caso contrario un bianco dell’Etna sarà più che buono. Ma posso provocarvi con un “Moscato Secco di Pantelleria”, ovvero un vino bianco secco fatto con uve moscato, la differenza è che è molto aromatico e vagamente dolciastro. Anche se questo lo berrei più sulla pasta con le sarde.

Catania, Bellini e La Norma. Un matrimonio che durerà nei secoli e che è il primo piatto che mangiamo oggi, la pasta alla norma: spaghetti, salsa di pomodoro, melanzane fritte, due foglie di basilico e ricotta salata e affumicata. Una delle meraviglie del mondo e dei motivi per cui vale la pena vivere!!!

Che vino ci mettiamo? Un rosso va bene, non so se un amaro “nero d’Avola” sarebbe il mio preferito, forse è meglio cercare qualche vino ottenuto da quest’uva e Merlot, che è sicuramente un po’ più morbido e rotondo. Così come un “Cerasuolo di Vittoria”, magari servito leggermente più freddo specie nelle calde sere d’estate.

Ma possiamo provare anche un bel bianco strutturato che abbia fatto un po’ di legno e che abbia una bella morbidezza. Sicuramente non un bianco d’Alcamo o dell’Etna, meglio uno Chardonnay, magari in uvaggio con qualche vitigno autoctono come l’Inzolia o il Cataratto.
Stesso abbinamento lo possiamo fare con la “pasta con la salsa e zucchine fritte”.

Secondi piatti. Ci si dovrebbe scrivere un trattato. Ma stringiamo.
Caponata di melanzane, polpette di pesce spada, arancini di riso, sarde a beccafico e chi più ne ha più ne metta. Dal ragù di tonno alle sarde alla ghiotta passando per involtini di pesce spada al ragù di maiale con cui si fa anche la pasta, a tutti i pesci possibili e immaginabili.

Finiamo con qualche dolce, a parte le granite di mandorle o di gelso di fragola limone ecc, i vari sorbetti di mandarino e i vari gelati, la pignolata di Messina, i dolci di Erice a base di pasta di mandorla, la “frutta martorana” ovvero i dolci di mandorla fatti a forma di frutti e dipinti, il “gelo di melone”, e per finire cannoli, cassata e “graffe”, ovvero il krapfen (o la bomba come si dice a Roma), ripiena con la stessa ricotta usata per i cannoli. È da sballo!!! I vini dolci li ho già detti, scegliete quello che più vi piace. Una bel moscato passito o non di Pantelleria, un interessantissimo moscato di Siracusa, o una Malvasia delle Lipari o un marsala saranno perfetti su tutti i dolci, ma non sui gelati. Con il gelato solo acqua!!!

Ma ora brindiamo, in alto i calici e buona Serie …Bevute!!

Nicolò Ditta

P.S. per informazioni critiche suggerimenti o altro, tranne soldi o bottiglie di vino, scrivetemi pure a uctrapani@uscatanzaro.net

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