Avversario di turno

L’Atalanta e un dolce ricordo: il Catanzaro di Guerini

I bergamaschi ritrovano i giallo-rossi a distanza di 17 anni per centrare un’altra promozione

ROMA – Sulla carta non c’è partita. Il
Catanzaro è “brutto, sporco e cattivo”. L’Atalanta è una corazzata, strettissima parente di
quella splendida Cenerentola che l’anno scorso arrivò a un passo
da una miracolosa salvezza, dopo essere stata altrettanto vicina a un
vergognoso fallimento tecnico. Proprio come quello del Catanzaro.
L’arrivo di Delio Rossi, invece, trasformò una banda di ragazzini
spauriti in uno sciame di cavallette assatanate, pronte ad aggredire e a far
tremare qualsiasi avversario. Compresa la Roma salvata da capitan Cassano ad un
alito dalla serie B.

NUMERI KILLER – Terzo posto in classifica, otto vittorie su otto
partite in casa con sedici gol fatti e tre subiti (due dei quali alla prima di
campionato contro il Verona). Otto vittorie e uno 0-0 in nove precedenti di
serie B contro il Catanzaro, seguendo un filo temporale di settanta anni che
ricopre quasi tutta la storia del dei giallo-rossi. Un solo gol subito da Edy
Bivi vent’anni fa. Il vecchio Comunale come un fortino, espugnato solo da
un blitz nella massima serie firmato Improta-Rossi,
nella stagione di Mazzone. Altri tempi. Ora lo stadio
di Bergamo si chiama pomposamente “Atleti Azzurri d’Italia” e
ci gioca anche l’Albinoleffe. Sarà
importante per il Catanzaro non pensare all’ultima sfida giocata contro
l’Atalanta e persa 4-0 (con un rigore fallito
da Palanca) nella stagione ’87-88, l’ultima della grandeur giallo-rossa. L’ultima con
Vincenzo Guerini in panchina.

RICOSTRUZIONE
COLANTUONO –
Come accade in
tante piazze affamate di grande calcio, anche Bergamo contesta da tempo
l’operato del presidente Ruggeri. Eppure la solida struttura societaria
dell’Atalanta è lontana anni-luce da
quella del Catanzaro. Un vivaio storicamente prolifico (due campionati
Primavera e due Viareggio vinti) garantisce ai nerazzurri un sicuro avvenire.
La scelta di Colantuono per la panchina è
garanzia di pragmatismo in una squadra con scarsa personalità,
ricostruita in parte dopo la retrocessione. Partiti i pezzi pregiati,
l’ex tecnico del Perugia ha dovuto riparare interamente la dorsale della
squadra (Taibi- Natali-Montolivo-Makinwa),
emigrata verso lidi prestigiosi.

VECCHIA
GUARDIA E GIOVANI D’AUTORE –
La squadra è stata rinforzata con innesti pesanti. Qualche
dubbio c’era sull’attacco con il reintegro di Ventola (dopo la
fallimentare avventura al Crystal Palace)
e di Saudati, ormai sfinito dalla tratta privilegiata
Empoli-Bergamo. Il gigante di cristallo Budan e l’emergente Soncin
(21 gol l’anno scorso a Lanciano) non davano sufficienti garanzie.
Invece, Colantuono è riuscito a imporre il suo
marchio di fabbrica perugino all’Atalanta,
creando un telaio capace di mandare in gol undici giocatori diversi, grazie
alla qualità del collettivo.

CENTROCAMPO
STELLARE –
Il segreto
risiede nella linea mediana formata da una serie di cursori fenomenali e
impreziosita dai piedi buoni e dalla fantasia di Lazzari
e Bombardini. A supportare le geometrie e la corsa di Bernardini
e Marcolini è arrivato dalla Fiorentina Ariatti. Senza dimenticare i mastini Migliaccio (chiave di
volta dello scorso campionato dei nerazzurri) e Mingazzini,
i dribbling ubriacanti di D’Agostino (protagonista della promozione del
Treviso) e il genio ribelle di Defendi, già nazionale under 21. La
difesa offre solide garanzie con l’esperienza di Rivalta
e Loria, la fantasia brasiliana di Adriano (scoperto dal Palermo al Gremio), il dinamismo di Bellini, la maturità del
portiere Calderoni.

GLI
SCHERZI DELL’INFERMERIA –
Finora
il problema principale dell’Atalanta è
stato la continuità di rendimento, in chiaro deficit fuori dal catino di
casa. In compenso non è mancata la continuità negli infortuni:
una vera e propria grandinata di malanni che ha privato Colantuono
a turno di molti uomini-chiave, facilitandogli probabilmente scelte complicate.
La sfida di giovedì contro l’Udinese in Coppa Italia è
diventata una ghiotta occasione per rivedere giocatori poco utilizzati o al
rientro da infortuni: il risultato (vittoria per 1-0 con un gol di
D’Agostino) è il marchio di qualità stampato
sull’organico. Un successo che fa morale dopo lo stop nel derby sotto la
neve contro il Brescia, perso di misura più per demeriti
dell’arbitro (gol regolarissimo annullato a Ventola sullo 0-0) che
propri. La sconfitta ha chiuso una striscia di tre vittorie consecutive che
avevano riportato l’Atalanta nelle prime
posizioni.

CONTRO
IL CATANZARO (QUASI) AL COMPLETO –
Vicini
al rientro in campionato il croato Budan, ancora
arrugginito, e il corazziere Terra che aggiungerà il suo contributo di
centimetri e gol (cinque l’anno scorso a Pescara). Pronto Bernardini che, contro il Catanzaro, tornerà
titolare in cabina di regia al posto dello squalificato Mingazzini.
Rimarranno ancora fuori Migliaccio e Soncin, uscito
per infortunio nel derby. Il resto della squadra sarà confermato col
rientro di nove titolari a riposo contro l’Udinese. L’unico dubbio
è il modulo: due trequartisti dietro a
Ventola, con l’inserimento di Lazzari al fianco
di Bombardini, o due punte vere, con l’innesto di Saudati
al posto di Soncin. Vista la classifica del
Catanzaro, la seconda opzione appare la più logica. Anche se il
probabile bunker (a cinque) predisposto da Guerini
potrebbe consigliare la presenza di più incursori arretrati, per evitare
di concedere punti di riferimento alle sfingi giallo-rosse. Un enigma tattico che
Di Carlo e il suo Mantova, appena due settimane fa, non sono riusciti a
risolvere.

PROBABILE
FORMAZIONE (4-3-1-2) –
Calderoni;
Adriano, Rivalta, Loria, Bellini; Ariatti,
Bernardini, Marcolini;
Bombardini; Saudati (Lazzari),
Ventola. All.: Colantuono.

Ivan Pugliese

ivan@uscatanzaro.net

 

Autore

Redazione

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