Quale il futuro del calcio a Catanzaro?

L’opinione di Francesco Mardente

Un Passato glorioso, un presente altalenante, un futuro incerto.
Così, in tre aggettivi, può sintetizzarsi il calcio nella nostra città.
Un passato glorioso, che ancora oggi rappresenta per i tifosi catanzaresi motivo di grande orgoglio per avere rappresentato, in serie A, non solo una città, ma un’intera Regione.

Un presente altalenante, che alterna, appunto, la gioia di rivedere la serie cadetta all’amarezza di doverla vivere dopo anni di inferno, che hanno lasciato il segno.
Qualcuno dice che il calcio cambia ogni cinque anni, che questo sport è in continua evoluzione, soprattutto a determinati livelli. Il risultato di questa considerazione è che il Catanzaro e Catanzaro sono rimasti circa tre lustri indietro, e non è possibile dargli torto.

Tanti anni di C2 ci hanno cambiato, non solo nel modo di vedere il calcio, ma anche nel modo di viverlo. Hanno cambiato non solo il tifoso, che soffre e gioisce in maniera diversa, ma hanno reso determinate componenti inadeguate a questo “nuovo calcio”.
Così ci siamo trovati a vivere una retrocessione bruciante, una retrocessione con poche scusanti, dovuta soprattutto all’inadeguatezza della nostra società, che si ritrovava in serie B dopo quattordici anni, quasi per caso, quasi senza volerlo. Quella retrocessione è stata cancellata grazie ai tribunali del calcio, ma non solo, è stata cancellata (questo bisogna riconoscerlo) anche grazie
ad un’oculata gestione amministrativa.
E così ci ritroviamo ancora in serie B, con una società che sta cercando di rimediare ai propri errori, ma con ancora qualche componente inadeguata alla categoria.
Si, è così, siamo ancora inadeguati, non siamo ancora pronti ad avere una squadra di calcio che militi ad alti livelli. Cos’è ancora inadeguato?! Semplice, la città!
Proprio così, il “Capoluogo di Regione” non è da serie B, abbiamo una città che, per infrastrutture sportive, ma non solo, è ancora da C2.

Ecco, qui ci casca il “futuro incerto”.
Com’è possibile che in una città di 100.000 abitanti, che vanta una squadra in Serie B, ci siano così pochi campi da calcio?
La carenza di infrastrutture è una caratteristica di tutto il meridione ma credo che in un’ipotetica statistica il nostro centro si collocherebbe all’ultimo posto in tutta la penisola.
I luoghi dov’è possibile praticare “lo sport nazionale” possono contarsi sulle dita di una mano:“u campu e Runci”, “u campu da Sala”, il “Verdolina” di Gagliano, “u campu e Santa Maria”, “u campu da Marina”, in più c’è un campetto da poco costruito nel quartiere Corvo che, tra l’altro, è quasi inutilizzato (ci scusiamo se ce ne sfugge qualcuno, ma l’importante è altro). Una media di un “rettangolo di gioco” ogni circa 15.000 abitanti, insomma, una media spaventosa se si considera che tra quelli sopra citati nessuna di queste infrastrutture può fregiarsi di possedere un manto erboso, e pochi sono forniti di spogliatoi all’altezza.
Ci piacerebbe annoverare tra i “terreni” agibili anche il “poligiovino”, però purtroppo non può definirsi tale (nonostante avesse addirittura la classica erbetta!) grazie all’incuranza in cui è caduto dopo soli 12 mesi dall’inaugurazione.
Come si può, alla luce di tutto questo, sperare in un futuro calcistico roseo?
Sfornare nuovi talenti è sempre più difficile per le nostre scuole calcio che riescono ad allenarsi a stento dovendosi dividere in così poche strutture adeguate.
La questione principale, però, non è l’impossibilità di produrre campioni, quanto mantenere il sempre più difficile compito di togliere i ragazzini dalla strada ed educarli ai valori, non solo sportivi, del calcio. Un campo su cui passare un pomeriggio diverso è anche il sogno di molti ragazzi dei nostri quartieri, un modo per sfuggire alla difficile realtà che ci circonda.
Rimanendo nell’ambito del calcio (altrimenti il discorso diventerebbe veramente troppo lungo), la carenza di strutture adeguate si fa veramente pesante se si pensa che l’US Catanzaro è una delle pochissime squadre (se non l’unica), tra A e B a non possedere un centro sportivo dove riunirsi per gli allenamenti. Una mancanza grave se si considera che il manto erboso del “Ceravolo” potrebbe non reggere, con l’arrivo dell’inverno, tanta attività. Un problema troppo grande se vogliamo sognare un futuro all’altezza della nostra storia.
La presenza di un centro sportivo è vitale per il futuro della nostra gloriosa squadra e, chi ne ha la competenza, deve sforzarsi di capire che è arrivato il momento di costruire delle basi solide affinché non si ritorni a giocare nei campetti della periferia campana. Noi tifosi sapremo adeguarci, riusciremo a sopravvivere senza la possibilità di vedere gli allenamenti a due passi da casa, soprattutto se saremo ricambiati da campionati a buoni livelli.
Sforziamoci, tutti insieme, per cambiare la realtà della nostra terra. Iniziamo, adesso, a costruire veramente qualcosa di concreto. Impegniamoci a far risalire la china alla nostra città, iniziamo dal calcio, diventiamo, almeno in questo, da serie A.

Francesco Mardente

Autore

Tony Marchese

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