UNIVERSITA’: Il professor Giovanni Cuda sull’attivazione della struttura clinica

“Gli articoli apparsi nei giorni scorsi, relativi alla difficile e complessa “trattativa” fra Regione Calabria e Università di Catanzaro sull’attivazione del Campus di Germaneto, mi spingono ad una riflessione che, spero, possa contribuire ad una più completa e corretta informazione da parte di chi ci legge. La mia è una prospettiva diversa, ma solo apparentemente distante dalle posizioni fin qui espresse. Occupandomi di ricerca di base, ed in particolare dello studio delle basi molecolari dei tumori ereditari attraverso il moderno approccio della proteomica (dell’analisi, cioè, del corredo proteico di campioni biologici di pazienti affetti da neoplasie e loro familiari), potrei essere – ma solo in teoria – risparmiato dalle pesanti conseguenze che il mancato trasferimento della componente clinico-sanitaria comporta sull’economia del nostro Ateneo. Di fatto, purtroppo, è proprio la mancanza di una vicinanza “fisica” con i miei colleghi medici, chirurghi, con il personale dei servizi diagnostici, a pesare in maniera drammatica sulla qualità del mio lavoro, il cui scopo è quello di sviluppare ricerca di qualità, i cui risultati possano essere rapidamente trasferiti in un contesto clinico, al servizio e nell’interesse, dunque, del paziente. Le moderne attrezzature scientifiche presenti nei laboratori del Campus, e nel mio in particolare, restano, come quelle altrettanto avanzate del settore clinico, inutilizzate o sottoutilizzate, facendo pagare, dunque, alla ricerca un prezzo pesantissimo. Ricerca che potrebbe essere straordinariamente produttiva se dall’altra parte del corridoio, così come l’edificio delle Bioscienze è stato pensato in un perfetto spirito di integrazione fra diversi saperi, fosse possibile accedere ai pazienti ed interagire, spalla a spalla, con i colleghi clinici. Il segreto del progresso, in ambito medico in particolare, sta proprio nella filosofia del “from bench to bed”, cioè del passaggio bidirezionale di informazioni, risultati, dati scientifici, dal banco di laboratorio al letto dell’ammalato e viceversa. Cosa dire, poi, dell’enorme perdita di esperienze formative che i nostri studenti dei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, in Biotecnologie, delle professioni sanitarie sono costretti a subire a causa della mancanza di una piena e totale attivazione del Campus. Le esperienze più avanzate sono proprio quelle che vedono l’Università come un “sistema” complesso, capace di erogare un’offerta multidisciplinare e non settorializzata o, peggio ancora, monca. Soltanto attraverso l’esposizione dei giovani che scelgono di studiare nel nostro Ateneo ad una offerta formativa completa ed integrata sarà, infatti, possibile “costruire” delle figure professionali di elevato livello qualitativo e porre fine all’emorragia di intelligenze che penalizza fortemente la nostra regione. Non è, dunque, soltanto un danno all’utenza ed alla popolazione che questo ingiustificato ritardo sta comportando, ma anche un pericoloso e sensibile rallentamento delle attività di ricerca che fanno di una Università vero polo di attrazione e centro di cultura”.
Emanuele Amoruso

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