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L’arma in più del Catanzaro: la distinta del Ragusa

L’editoriale di Francesco Ceniti

Tre vittorie consecutive (due in trasferta) non possono essere archiviate come un caso sporadico. Il Catanzaro, quindi, sembra aver trovato il passo giusto per puntare dritti ai play off. Tra l’atro anche la forma fisica dei giocatori sembra più che buona, segno che la preparazione atletica è stata oculata (a differenza della passata stagione, quando dopo una partenza a razzo i giallorossi finirono la benzina a febbraio).
Ci sembra doveroso riconoscere i meriti, in questa fase, di Dellisanti: il tecnico tarantino ha corretto l’assetto della squadra (inserendo i Machado, gestendo i ritorni di Ambrosino, Alfieri e Milone) e soprattutto ha cementificato un gruppo che soltanto qualche mese addietro era d’argilla. Adesso, però, arriva la fase più delicata: cinque gare dove bisognerà sbagliare il meno possibile. Il primo test è forse il più difficile: l’Igea, infatti, è una squadra rognosa che arriverà al Ceravolo forte dei quattro punti di vantaggio. Di sicuro i siciliani aspetteranno i giallorossi per cercare di colpire in contropiede (Marra e La Spada sono temibili velocisti) e chiuderanno i varchi alle nostre ali.
Per questo motivo l’assenza di Toledo potrebbe essere meno grave del previsto: in una partita molta tattica spesso è l’esperienza a far pendere la bilancia da una parte. Diciamola tutta: domenica prossima ci aspettiamo molto da Ferrigno e Ambrosino. Se il duo ex Giulianova girerà a dovere, allora Falco e Moscelli avranno il compito facilitato. In caso contrario solo una giocata estemporanea romperà l’equilibrio.
Ma forse l’arma in più di questo Catanzaro è la nuova società. Lo scriviamo senza retorica e per rafforzare questa nostra tesi sveliamo un particolare raccontatoci dall’attuale presidente. E’ storia molta recente perché risale alla gara di Ragusa. Come tutti sappiamo i giallorossi persero in malo modo quella partita (2-1) contro una formazione mediocre (e gli ultimi risultati ne sono la conferma). Una sconfitta che sembrò spezzare i sogni di gloria: il Catanzaro, infatti, si ritrovò con 32 punti in classifica (come Palmese e Gela), distanziato di quattro lunghezze dai play off (con ben tre formazioni da scalzare), ma con la soglia retrocessione pericolosamente vicina (a quota trenta). Insomma, un futuro più grigio che roseo.
Ebbene, il martedì successivo, prima del solito allenamento, il dottor Claudio Parente ha incontrato la squadra negli spogliatoi. Un faccia a faccia pacato, lontano dall’iraconde sedute stile Gaucci. Il presidente giallorosso si è seduto in mezzo ai giocatori e poi ha tirato fuori della tasca un pezzo di carta. Non un foglio qualunque, ma la distinta del Ragusa. Ha iniziato lentamente a leggere i nomi dei giocatori siciliani e poi ha guardato negli occhi i suoi ragazzi domandandogli: “Secondo voi è normale perdere contro questi uomini? Vi sentite davvero inferiori a loro? Io la penso in modo diverso e voglio credere che sia stato solo l’ultimo episodio legato a un periodo travagliato. La società crede ancora nella possibilità di raggiungere i play off. E voi?”. Un discorso (se così si può definire) che ha di sicuro smosso l’orgoglio della squadra. Quantomeno a livello psicologico. Noi non c’eravamo, ma ci piace immaginare che una volta uscito Parente, i senatori della squadra si siano guardati negli occhi per poi decidere insieme con gli altri di dimostrare il loro valore.
Forse la nostra è solo una visione romantica, può anche darsi che sia stata solo una coincidenza, fatto sta che d’allora il Catanzaro ha centrato quattro vittorie e un pareggio. Ecco, per vincere un campionato non basta avere la formazione più forte: ogni tassello deve essere al suo posto e la presenza costante della società è un fattore fondamentale. L’arrivo di Gianni Improta ha colmato una lacuna, ma ci piace sottolineare anche le continue visite di Parente e Poggi (che non saltano una partita). Magari tutto questo non basterà per raggiungere l’obiettivo, ma le basi sono quelle giuste.

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Redazione

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