Dalla Curva

Una voce fuori dal coro

LA DIGNITA’ NON HA SERIE DI APPARTENENZA

Di G. Cuomo

Leggevo qualche giorno fa, da qualche parte, che ancora nessuno aveva preso a strombazzare per le strade, alla notizia che 4 squadre erano state escluse dalla COVISOC dai rispettivi campionati. Ancora nessuno. E che il Catanzaro vanterebbe un legittimo diritto a disputare la serie Cadetta.
Non prendetemi per un novello De Coubertain, non lo sono, per due o tre punti in più del Catanzaro sopprimerei una decina di sport cosiddetti minori, ossia non calcistici (scegliete voi, ovviamente è una boutade). Ma mi sono venuti i brividi.
Noi, che la serie A l’abbiamo fatta per primi, e per davvero, rappresentando tutta una regione. Noi, che appena giovedì sera celebravamo il mito di Mammì e degli eroi del 71, figure d’altri tempi e di un calcio che tutti rimpiangiamo, fatto di uomini veri, di regole, di sacrificio e passione. In cui i campionati finivano a giugno e ad agosto si andava in ritiro, in montagna, sapendo che se si era stati promossi si sarebbe scalata una categoria e se si era retrocessi toccava lavorare a capo chino, per riprendersi dignità e promozione.
Ecco, la dignità. Ne dimostreremmo a strombazzare fuori per le strade in caso di un ripescaggio dovuto al fallimento di altre compagini, quattro per giunta, tutte salve o promosse a giugno? Noi oggetto del ludibrio calcistico di tutto lo stivale pallonaro? Festeggiare? E cosa? L’esser più bravi in questo calcio dei bilanci e dei ricorsi?

Posso capire che a festeggiare sia chi tifa non per il Catanzaro, ma per il Catanzaro in serie B. Non chi il calcio lo ama, il Catanzaro lo ama anche di più e lo segue indipendentemente dalla categoria. E’ antipatico ricordarlo, ma in questa sede è opportuno. In C2 non eravamo migliaia in trasferta, e sono sicuro che non vedrò nessuna delle facce che ho visto in quegli anni sugli spalti di tante cittadine (ricordo tutti, o quasi) a festeggiare per le strade. Questione di stile, di attaccamento vero. Gente che tifava per il Catanzaro di Promutico e Andolina, di Capuozzo e Camporese.
Anche loro si informano sui ripescaggi e sulle esclusioni, ma con pudore, quasi di nascosto… si vorrebbe, ma si sa che non lo si merita, che non sarebbe giusto, non quest’anno, non dopo una retrocessione così. Senza dignità, senza decoro, senza l’onore delle armi.

Ripercorro con la mente gli ultimi tre anni: la sconfitta in finale con l’Acireale, un ripescaggio attesissimo e meritato, dopo 12 anni da un torto subìto e mai cancellato, a causa del fallimento di una squadra della Sila calabrese. Il colpo di scena che invertiva anni e anni di vessazioni subite, “le ccoupe de teatre” che di fatto cancellava i lupi della Sila dal professionismo a seguito di debiti ed affini. E il Catanzaro di nuovo a lottare per un posto al sole. E poi la promozione ai danni dei simpatici linguisti crotonesi, che se le bombe a King’s cross fossero scoppiate un mese fa avrebbero potuto esporre il loro striscione di solidarietà “VICINI L’INGHILTERRA”. Con la spiacevole coda di una storia di cantanti e latticini che ci ha tenuti incollati alle vicende dell’US per tutta l’estate. Ma ormai ci siamo abituati, i campionati non finiscono più a maggio né a giugno. Basta saperlo, ci si organizza. Si salta qualche trasferta e si pianifica un bel fine settimana a Roma con annesso venerdì mattina a via Allegri, regolamenti COVISOC alla mano e borghetti ghiacciato in tasca. Certo, tutto può succedere. Cancellazioni, ripescaggi, graduatorie, meriti, indici di bilancio, fideiussioni, ricapitalizzazioni, tutti parlano di tutto senza capire nulla. Un paio di volte mi sono avvicinato alle astruse regole del lodo Petrucci, per poi abbandonare. Mica è un lavoro, mi dicevo. Faranno quello che vorranno. Come al solito. Ma vogliamo festeggiare per le strade un ripescaggio come sarebbe quello di quest’anno? Sul serio? Come abbiamo festeggiato la vittoria nel campionato di C1, o come negli anni scorsi altre memorabili promozioni, fino a quella storica del 1971? No, ne sviliremmo la portata. La dimensione di vera festa popolare.
Se ne avessi l’autorevolezza, o la legittimità, lancerei un appello a tutta la città, a tutta la provincia. A tutti i catanzaresi, e a tutti i tifosi del Catanzaro. Non festeggiamo l’eventuale ripescaggio, non scendiamo per le strade, prendiamoci quel che forse ci spetta in base alle nuove e più rigide regole fatte dai signori del calcio e a capo chino torniamo a casa a lavorare per non fare le figuracce dello scorso anno. Evitiamo, se del caso, tristi scene di signore e bambini bardati di giallorosso in macchine “aggggghiacciantemente” agghindate per l’occasione. Ci faremmo ridere dietro. Non ce lo meritiamo. Non per colpa vostra. Ricordiamoci della parola dignità.
E in caso di mancato ripescaggio, pensiamo che forse era giusto così, e cerchiamo di tacere. Perché la serie B ce la conquisteremo sul campo. Fra un anno, o forse fra due o tre. Ma sul campo. E nel frattempo saremo stati in altri campi, a giocare altre partite, a vedere i vecchi amici su altri spalti, dopo altre bevute. Non è questo, quello che conta?
Noi dobbiamo dimostrare che festeggiamo solo quando ci va, quando abbiamo vinto, quando siamo stati i migliori. Non quando ci buttano una pietanza fredda e insipida nel piatto, o meglio nella mangiatoia. Noi ci meritiamo altro. Siamo o non siamo il Catanzaro?

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Redazione

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