Serie B…evute per Genoa – CATANZARO

La serie di Nicolò Ditta per la penultima puntata fa tappa a Genova

Riviera di ponente e riviera di levante, due facce della stessa medaglia, due anime della stessa terra, due mondi così vicini ma così diversi.
E al centro, all’ombra della lanterna, il “marassi”.
Arriviamo così al ultimo atto di questa serie B (lo so, l’ultimo è terni, ma lo considero quasi una passerella finale, una sorta di giro d’onore concesso agli UC.
Se avessi potuto scegliere, avrei sicuramente preferito chiudere in uno stadio storico e splendido così come è il Nereo Rocco di Trieste, in cui è iniziata la nostra avventura in campionato, ma va bene anche così.

Sediamoci a tavola e prepariamoci a un bel pranzo, le giornate si sono fatte più lunghe e il caldo comincia a farsi sentire, ne risentiamo noi, ma ne risentono le nostre abitudini a tavole, cotture più brevi, quasi totale eliminazione di salse e sughi, largo uso di vegetali e frutta.
Sembra quasi che la cucina ligure capiti a proposito.
Una cucina falsamente povera (di idee intendo), ma che usa i prodotti che si trovano in quella regione, pensiamo agli strapiombi, alle rocce a picco sul mare che non lasciano un solo centimetro di terra coltivabile, dove ogni granello di terra viene curato quasi fosse oro, dove i terrazzamenti la fanno da padrone.

Non sarà certamente un panorama simile a quello desolatamente piatto della pianura padana, ma un continuo susseguirsi di cale e insenature, di rocce a strapiombo e piccoli paesi arroccati in cima a stretti lembi di terra.
Una conformazione simile non può farci pensare a verdi pascoli per mucche o per animali da cortile.
Ecco che quel po’ di terra che si riesce a lavorare lo si coltiva a ortaggi. Non solo ortaggi ma anche, ed è questa la grande ricchezza di quella terra, le erbe aromatiche.
il rosmarino, la maggiorana, il timo, la salvia, la borragine ed un basilico eccezionale, dalle foglie ampie e profumate che è l’ingrediente base per una salsa verde che ha fatto il giro del mondo: il pesto.
In una regione dove mare e montagna si incontrano, il matrimonio di ortaggi e pesci, dai più umili ai più pregiati, impreziositi da un tocco di olio extra vergine d’oliva, ci dà la sintesi della gastronomia.

La riviera di ponente che va da Genova a Mentone, presenta una certa influenza francese. Ha una cucina prevalentemente basata sul pesce, e in particolar modo le acciughe,
Se volessimo pensare a un menù della riviera di ponente potremmo avere un riso con le acciughe, piatto in cui due elementi poveri quale riso e acciughe si sposano per dar vita a un piatto veramente molto particolare.
Per secondo possiamo pensare ai moscardini, e a una preparazione che li vede co-protagonisti con prezzemolo, rosmarino, funghi, pomodoro e crostini di pane fritto.

Infine i ravioli dolci, una preparazione in cui l’impasto tipico dei ravioli viene farcito di ricotta, cioccolato e aromatizzato da buccia di arancia, canditi e liquore, poi cotto al forno, servito quindi con panna fresca.
Con questi piatti possiamo abbinare due vini bianchi tipici della zona, ovvero un “riviera di ponente” Pigato o Vermentino.
Tutti e due i vini prendono il nome da quello dell’uva con cui sono fatti. Più asciutto e aromatico il primo, più delicato, morbido e fruttato il secondo.
Vogliamo provare un vino rosso su piatti di pesce? Perché no, un dolcetto che in questa zona si chiama “Ormeasco”, mettiamolo qualche minuto in fresco, visto che la temperatura si è alzata, e godiamocelo un po’ di più.

La riviera di Levante si stende da Genova a La Spezia. Se già la Riviera di Pera stretta e angusta quella di Levante, lo è ancor di più. Eppure in questo caso un piatto tipico è la trippa. Accompagniamola in un ideale viaggio eno-gastronomico, dalla focaccia ligure, alta e spessa, con il suo impasto a base di patate, farina lievito e birra quindi cotta al forno.
Altro piatto di carne è lo stracotto. In questo caso l’influenza della vicina Toscana si fa sentire.

Ecco che su questi piatti l’Ormeasco di cui abbiamo parlato prima è sicuramente più indicato.

Lasciamo le due riviere per tornare a Genova.
E chiudiamo in bellezza con sua maestà il basilico e il pesto. Per favore, non usate il frullatore. Usate il caro vecchio mortaio e tanto olio di gomito, il risultato sarà delizioso.
Non solo pesto nella città della lanterna, ma anche risotti o linguine al nero di seppia, o minestrone, in un insieme di sapori semplici ma affascinanti.
Chiudo con un cenno a un grande ma poco conosciuto vino dolce, lo sciacchetrà.
Nella splendida zona delle cinque terre, in cui si fanno alcuni dei migliori vini della zona, oltre a delicati e profumati bianchi si produce un insieme di sensazioni.
Bosco Albarola e Vermentino le uve che danno vita a un tipico vino da meditazione, non potente e aggressivo come un vecchio Marsala o un Moscato Passito di Pantelleria, ma più dolce e leggermente delicato, come i grandi vini dolci del nord Italia. Ma in questo caso parliamo di uno dei vini più rari d’Italia.

Sulle 5 terre ci sarebbe da scrivere per giorni, l’unica cosa che vi voglio consigliare è di farci una puntatine, un week-end stretti tra montagne e mare, in un fazzoletto di terra a cui le case sembrano aggrapparsi per non cadere in basso, può aprire il cuore e rinfrancare lo spirito.

Ma ora beviamo, in alto i calici e buona Serie B…evute!

Nicolò Ditta

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