Serie B…evute per Pescara – Catanzaro

I mirabili consigli enogastromici per chi va a Pescara a cura di Nicolò Ditta

Del Pescara mi ha sempre incuriosito lo stemma raffigurante il delfino.
Un animale che non si trova negli stemmi di squadre di calcio. Un animale nobile e assolutamente “unico” è il simbolo della nostra prossima avversaria.

Abruzzo, terra di confine a cavallo tra due realtà profondamente diverse tra loro.
Le montagne degli Appennini che racchiudono la più fredda città d’Italia (l’Aquila), che subito dopo degradano dolcemente verso un mare generoso e in ampi tratti ancora pulito e poco inquinato.

Due anime, racchiuse in una regione, che si rincorrono l’un l’altra mantenendo comunque una loro identità.
Vorrei lasciare intatte queste due anime, e seguire due percorsi differenti tra loro.
Uno più legato all’entroterra e alla cultura contadina; l’altra della costa che vede il mare protagonista a tavola.

Panorami tipicamente montanari con freddi inverni imbiancati di neve, si alternano a tiepide primavere foriere di verdi e rigogliosi prati.
Una cucina povera che mescola gli ingredienti seguendo una ben precisa stagionalità cercando di tirarne fuori il massimo del nutrimento col minimo dispendio economico.

Sembra quasi di vederla, una piccola e semplice casa di pastori verso l’ora di pranzo.
Il bianco candore delle nevi ha lasciato il posto al verde dei prati fioriti. La primavera, anche se è già arrivata, non ha ancora mostrato tutto il suo rigenerante tepore. Fuori dalle finestre appannate dal fuoco del camino, un acquazzone primaverile libera profumi di erba fresca e grassa, di terreno bagnato, e di legno umido.

La zuppa di patate e aglio, con la “compagnia” dello zafferano rappresenta l’estrema sintesi della tradizione contadina. Il vino non può che essere un rosso. E non per questioni di abbinamento, ma per pura e semplice logicità. Il contadino ha bisogno di energie e calorie per sopportare il clima e la fatica del lavoro in campagna. È il “rosso” è sicuramente più completo e corroborante del “bianco”.

Vitigno principe di questa regione è il “Montepulciano d’Abruzzo”. Vino di grandi tradizioni e di forte struttura capace di reggere il freddo clima invernale.
Un vino maschio che non si lascia scoprire, ma che ci colpisce con la sua notevole tipicità, con i suoi toni rubino intenso arricchite da sfumature violacee, che degradano verso l’aranciato col passare degli anni.

Il suo sapore, tipico e molto riconoscibile, è decisamente asciutto, leggermente sapido e con una buona presenza di tannini che si fanno notare soprattutto nei vini giovani.
Un vino che ha bisogno di qualche anno prima di trovare un suo equilibrio, ma che non è adatto a lunghissimo invecchiamento
Permettetemi di “sfruttare” l’elezione del papa per pensare che i nostri contadini abbiano voluto festeggiare. Cosa c’è di meglio se non un piatto di maccheroni al ragout d’agnello. Caldo e fumante, arriva in tavola dopo una lunga preparazione diffondendo i suoi intensi profumi per tutta la casa. Anche in questo caso non possiamo che bere lo stesso Montepulciano di prima, certi che questo abbinamento sarà sicuramente migliore.

Oltre ai piatti di verdure e legumi che sono comunque tipici di ogni tradizione contadina, un posto d’onore è riservato, nella tradizione gastronomica abruzzese, all’agnello.
Lo ritroviamo anche come secondo, in un curioso e insolito abbinamento con cacio e uovo.
Questo è un momento di quelli in cui il sommelier deve dar prova di essere veramente competente per trovare il migliore abbinamento.

Io non mi pregio di esserlo, quindi non vi do nessun consiglio…
Sappiate comunque che il sommelier DEVE provare tutti i piatti proposti dallo chef. Deve conoscere lo stile dello chef e il suo modo di interpretare i piatti e di intendere la cucina.
Solo dopo aver provato il piatto potrà trovare il suo ideale complemento in questa o quella bottiglia di vino.

Una piccola critica la voglio fare, affiancandola però da una nota di merito.
Negli anni scorsi si è riscoperto il Montepulciano d’Abruzzo. Piccoli produttori hanno visto crescere la loro fama, e la considerazione dei loro vini, grazie ai punteggi dati loro dalle più importanti guide sui vini. Abbiamo anche rilevato che c’è stato un aumento pressoché costante dei prezzi di queste bottiglie. Ho aperto una di queste bottiglie nemmeno un mese fa, ed era del 1994, una annata medio-bassa.
Aveva ancora una freschezza nei profumi e nei sapori che oscurava quelli di molte altre bottiglie anche più blasonate tenute nelle stesse condizioni per lo stesso periodo di tempo.
Non posso non complimentarmi con chi lo ha prodotto, notando comunque l’aumento, a volte ingiustificato dei prezzi.

La vista si sfuoca un po’, le immagini diventano sempre più confuse e appannate. Chiudiamo gli occhi cercando di capire perché non vediamo più bene, ma quando li riapriamo abbiamo un panorama diverso.
Le montagne hanno lasciato posto al mare, i prati alle onde, il freddo vento portatore di neve alla temperata brezza marina. La casa è di una famiglia di pescatori, le finestre sono aperte lasciando entrare odori e rumori di una vita passata in barca a pescare.

La pentola è piena d’acqua, che bolle, il sugo è pronto e la pasta si sta cocendo.
La cucina ci inonda di profumi di pesce e di mare. Le seppie si sposano agli spaghetti in un particolarissimo matrimonio condito da pomodoro e un velo di parmigiano reggiano o, meglio, di pecorino.
Subito l’aneddoto.
Un amico ristoratore di Roma, originario dell’Aquila, me lo fece provare tempo addietro. Una puntina di pecorino dona a questo piatto una particolarissimo gusto, ma basta esagerare di un niente, e il sapore del piatto viene completamente stravolto.

Abbinamento di prassi sarà un bianco servito ben freddo. Vino principe è il “Trebbiano d’Abruzzo”.
Un uvaggio di “Trebbiano d’Abruzzo”, localmente chiamato “bombino” (che ritroveremo molto nei dintorni di Roma) e/o di Trebbiano Toscano.
Ho già detto che il Trebbiano non dà quasi mai vini di grande struttura, questo non significa però che non si possano trovare vini buoni e particolari con una loro bella identità.
Per fortuna pochi piccoli produttori continuano nel faticoso lavoro di coltivare uve e produrre vini tipici e tradizionali della loro terra. Sta a noi conoscerli e premiarli bevendo i loro vini.

L’Abruzzo è una terra di strani abbinamenti di sapori nei piatti. Il baccalà è cucinato e presentato “alla miglianichese” con uovo e noci oltre ai più classici pomodori e al prezzemolo.
Così come la triglia allo zafferano, ma soprattutto nel nasello ai sedani che unisce due sapori delicatissimi.

Come dicevo oggi è festa e allora chiudiamo con un tipico dolce, il “Carrozzo Abruzzese”. Una torta secca di mandorle e cioccolato a far compagnia a farina, fecola zucchero e uova.
A questo abbiniamo un “Controguerra Passito Rosso”. Un vino prodotto nell’interno della regione, da uve Montepulciano da solo o in uvaggio con altre varietà autoctone locali, che ha un appassimento in pianta prima, e in graticci poi, che ha nel tenore zuccherino e nella presenza di tannini le sue più peculiari caratteristiche.

Ma ora beviamo!
In alto i calici e buona Serie B…evute!

Nicolò Ditta

Per informazioni critiche richieste o suggerimenti, tranne soldi o bottiglie di vino, scrivetemi pure a uctrapani@uscatanzaro.net

Autore

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