Serie B…evute per Venezia – CATANZARO

Suggerimenti ed idee enogastronomiche per chi non abbandona il Catanzaro e va a Venezia

Eccoci qua.
Venezia! Quando basta la parola, una delle meraviglie del mondo ci attende a braccia aperte per la prima trasferta di primavera.
Venezia ci aspetta in tutta la sua bellezza, con tutto il suo fascino e la sua storia millenaria, le sue calli e i suoi campielli, i colombi di piazza San Marco, lo stadio raggiungibile via mare (non so se è l’unico al mondo ma poco ci manca).
Il generale inverno ha ceduto il passo a sorella primavera, la stagione del risveglio che preannuncia la rinascita della vita sulla terra.
Ma basta parlare di sogni, torniamo alla realtà. Torniamo a Venezia…

Siamo arrivati presto e siamo a piazza San Marco seduti a uno dei caffè che da sempre hanno fatto cornice a uno degli scenari più incantevoli del mondo.
Godiamoci le prime luci della giornata e la piazza quasi vuota facciamo colazione e poi via alla scoperta della città. In questo vorrei darvi un piccolo consiglio. Oltre ai luoghi classici, provate a “perdervi” tra vie e viuzze o, meglio tra calli e campielli. L’ho fatto anni fa e ho trovato degli scorci splendidi da scoprire con molti meno turisti.

Ogni centimetro di questa città trasuda storia e “nobiltà”. L’unicità della repubblica dei dogi, la città dei vetri, della laguna, delle gondole, non ha eguali al mondo. E l’unicità di Venezia la troviamo anche a tavola.

Sono tanti i locali famosi al mondo per aver creato un piatto o una bevanda che da sola ha dato lustro e fama al locale, ma se pensate ad un locale che abbia visto nascere due simboli della gastronomia mondiale tra le stesse mura, allora pensate a Venezia e pensate al Harry’s Bar, al Bellini e al Carpaccio.

Il Carpaccio prende il nome dal celebre pittore veneziano noto per il suo uso di brillanti toni di rosso e di bianco. Il piatto nasce nel 1950 in contemporanea con la grande mostra del Carpaccio a Venezia. E nasce per la richiesta di una contessa cui il medico aveva proibito di mangiare carne cotta. Giuseppe Cipriani, fondatore del locale inventò il piatto usando controfiletto di manzo affettato molto sottile e decorato con una salsa a base di maionese, salsa worcestershire, limone, latte, sale e pepe bianco.
Cosa abbinare al piatto, possiamo provare tranquillamente con un bel vino rosso a base di Cabernet Sauvignon.

Il Bellini nasce dall’unione delle dolci e succose pesche bianche, meglio se piccole e con la buccia rosata, schiacciate con tutta la buccia in un imbuto cinese o in uno schiacciapatate.
Tre quarti di Prosecco di Conegliano – Valdobbiadene e un quarto di succo di pesca. Nient’altro.
Nella semplicità della ricetta c’è la grandezza di questo cocktail. Piccole variazioni sul tema sono il “Tiziano” che è un Bellini fatto con uva fragola; il “Mimosa” sono il mandarino e l’arancia; il “Rossini” fatto con il succo di fragola. Olè!
L’olè a parte che ci sta sempre bene, è il degno commento a una serie di cocktail bevuti d’un sorso…

Ma torniamo al pranzo.
Iniziamo con l’antipasto. Piatto storico e tradizionale della cucina veneziana sono le “Sarde in Saor”; un piatto particolare di sarde che vengono fritte in olio e condite da aceto e cipolla in un insolito contrasto di sapori. Due vini molto interessanti da provare sono il soave, vino bianco di grande classe da uve Garganega; oppure una più profumata Ribolla Gialla, vino molto particolare molto profumato ed elegante che non raggiunge picchi di importanza e di struttura ma che durante un pasto è delizioso.
La stessa preparazione vede protagonisti ora melanzane come ortaggi o i fagioli

Il pranzo continua mentre i turisti si spostano a branchi intasando le strette viuzze della città lagunare, passiamo ai primi. Piatto principe della tradizione è la Pasta e Fagioli. Una vera istituzione. Non siamo nella stagione migliore (l’estate), ma un piatto del genere lo si mangia sempre con piacere. Un piatto splendido come quello merita un altrettanto splendido vino.

Penso a un Valpolicella, che altro non è che la versione “normale” del più conosciuto “Amarone della Valpolicella”. La base sono tre uve autoctone, Corvina, Rondinella e Molinara.
Purtroppo qualche produttore lo “imbastardisce” aggiungendo del Sangiovese o del Cabernet. Ma così facendo si perde l’identità del vino, la sua tipicità, quel sapore unico che lo contraddistingue di fronte ad altri diecimila. In generale il Valpolicella non è un vino di grandissima struttura ma di dolci e delicati profumi e sapore. Nella versione “classico” presenta un corpo e una struttura sicuramente maggiori.

Venezia e i suoi canali, una giornata un po’ nebbiosa che si apre riscaldata da un timido sole. Sembra quasi naturale pensare a un primo piatto a base di riso. Il connubio tra questo splendido protagonista della nostra cucina e la Serenissima è un matrimonio d’amore. La ricchezza di Venezia sono le sue isole. Oltre a quelle famose per la produzione degli splendidi vetri, ci sono quelle più piccole e meno conosciute in cui si coltivano splendidi ortaggi, ed è così che nasce il risotto alla primavera con le verdure di cui sopra.
Non dimentichiamo i “Risi e Bisi”, ovvero riso e piselli.
Tutti questi piatti sia di pasta che di riso possono anche trovarsi con i deliziosi pesci pescati nell’adriatico. E con questo possiamo archiviare i primi.

In omaggio alla marineria lagunare. Inizio subito a parlare della “Granseola” o “Granceola”, che dir si voglia. Uno dei grandi sapori del mare della tradizione veneziana. Ma accanto a questo splendido granchio, non possiamo dimenticare i molluschi allevati in laguna, delle “Cape Sante” dette anche “Conchiglie di San Giacomo” da grigliare leggermente irrorandole con un paio di gocce di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e una semplice insalatina, o da servire in insalata con qualche lamella di funghi.

Piatto tradizionale sono le “Seppie in Tecia col Nero” accompagnate da un po’ di polenta bianca appena grigliata o fritta un attimo in padella con un filo d’olio. Ovviamente anche qui il vino bianco la fa da padrone. Non penserei mai di metterci un rosso. Un Soave andrà più che bene, ma non disdegnerei un pinot grigio.

Le carni hanno un grosso protagonista, il pollo. Cucinato in vari modi, è il principe della tavola veneziana. Ma il vero re dei secondi piatti è il “Fegato alla Veneziana”. Uno splendido contrasto di sapori col dolce delle piccole e bianche cipolle delle isole della laguna: fegato, cipolle, olio, burro, prezzemolo, sale e pepe appena macinato. Aggiungete una padella ben calda e servite in tavola ben caldo. A questo punto posso giocarmi il pezzo da novanta: l’Amarone della Valpolicella!
Un dono degli dei che ha un solo difetto costa uno sproposito! Le migliori bottiglie hanno prezzi fuori da molte se non da tutte le logiche…

Ci avviamo alla fine del pasto. E arriviamo ai dolci. Anche qui l’unicità della città la fa da padrona. Lo zabaione o zabaglione come lo chiamano da queste parti, oltre ad essere l’ingrediente principale del tiramisù, è l’attore principale dell’omonima torta.
Così come lo sono le meringhe. Gli albumi difficilmente sono usati in cucina. Di solito si buttano ma con le meringhe si possono preparare splendidi dolci.

Ma la grandiosa semplicità della cucina veneziana la troviamo anche nelle “Pere affogate con crema pasticciera”, nelle crostate di frutta, nei “Galani” (le “frappe”).
Anche qui abbiamo splendidi vini da abbinare. O un “Recioto di Soave” o un “Recioto della Valpolicella”. Il procedimento è lo stesso, ovvero si taglia la parte inferiore del grappolo lasciando le “Recie” cioè la spalla dello stesso. Che poi viene lasciata maturare sulla pianta e poi essiccate sui graticci. Si ottengono un vino rispettivamente bianco o rosso di grandissima concentrazione e struttura. Con profumi avvolgenti e sinuosi.
Spesso parlando con clienti parlo di “dolcezza” dei profumi. Con questo non mi riferisco assolutamente al fatto che il vino è “dolce” come lo è un passito di Pantelleria. Ma semplicemente che è paragonabile a un “novello” tanto per fare un esempio. Un vino “duro” (cioè l’opposto di morbido) è paragonabile a un Cirò.

Io a questo punto farei una cosa, dopo aver pagato il conto lascerei il ristorante mi siederei ai tavolini di un bar a Piazza San Marco. Lo so, è da turisti, ma uno spettacolo così non si vede tutti i giorni…

Ma ora brindiamo, in alto i calici e buona Serie B…evute!!!

Per informazioni critiche suggerimenti, tranne soldi e bottiglie di vino, scrivetemi pure a uctrapani@uscatanzaro.net

Autore

Redazione

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