Serie B…evute per Modena – Catanzaro

A Modena con la guida enogastronomica di Nicolò Ditta

C’è chi affoga i propri dispiaceri nel vino, c’è chi li addolcisce con la cioccolata, c’è chi va a fare lo shopping, c’è chi parte e fa un viaggio, ma c’è anche chi è masochista e va a Modena a vedere le aquile impegnate nell’n-esima trasferta di questa lunga e tormentata stagione.

Allora cerchiamo di dimenticare per un attimo la classifica e pensiamo a un week-end in quel di Modena in compagnia di Tortellini Ferrari e Lambrusco.

Tanto per rimettere il dito nella piaga, sto seguendo con la coda dell’occhio Chelsea – Barcellona di Champion’s League. Semplicemente senza parole…
Ma che c’entra questo con la trasferta? Niente, lo so, ma un minimo di divagazione ci sta sempre bene, e poi questa è una rubrica frivola e quindi divagare un attimo fa parte del gioco.

Allora partiamo subito da una curiosità. Modena e la Ferrari. Non c’è bisogno di dire niente che tutto è stato scritto. Ma una cosa la possiamo dire.
Il rosso Ferrari è un simbolo e non si discute, ma il secondo colore della Ferrari è il Giallo che è proprio della città di Modena con qualche punta di blu.
Insomma, le Magiche Aquile come la Ferrari… peccato che ci manca il motore …

Eccoci al giorno della partita. Pensiamo di arrivare a Modena al volante di una fiammante Ferrari magari giallorossa, e parcheggiamo di fronte al ristorante.
La giornata è abbastanza fredda e magari un po’ uggiosa, non piove, ma il tempo è di quelli che ti invogliano a un caldo pranzetto di fronte al camino pensando alla prossima primavera che ancora tarda a venire.

Arriva il mètre e prende la comanda.
Siamo in Emilia, terra gaudente e ricca di storia e sapori, sapori forti e grassi, cibi che ci parlano di un lungo e forse un po’ troppo piatto inverno.

Se è l’inverno a farla da padrona fuori, dentro le mura lo sono i cibi.
La tavola che riunisce intorno al camino tutta la famiglia. È una tradizione particolare quella di Modena, che si mangi bene è indubbio e universalmente riconosciuto, ma non per questo si è persa l’origine contadina dei piatti.
Uno strano intreccio di umili origini e raffinati piatti alla corte degli Estensi.
Quando credi di aver pensato a quanto di famoso c’è a Modena, ti salta in mente qualcosa che avevi dimenticato. Decisamente sorprendente questa bella cittadina immersa nella pianura padana.

Ma parliamo di cibo, dobbiamo cominciare il pranzo e non possiamo non farlo che con i salumi. Orgoglio e punta di diamante della gastronomia modenese. Magari accompagnate dalla classica focaccia cotta a legna chiamata “Tigella”.

Già un piatto di salumi e formaggi ci fa pensare a un pranzo consumato senza fretta, tra un bicchiere di Lambrusco e l’altro.
il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro e il Lambrusco Salamino di Santa Croce. In queste tre sottodenominazioni possiamo trovare questo vino semplice e frizzante simbolo dell’enologia Modenese ed Emiliana nel mondo.
Il Lambrusco merita sicuramente un cenno. Non è un gran vino, e questo lo sappiamo già. C’è per fortuna qualche piccolo produttore che lo fa bene. Ma è una rarità. Per il resto si tratta di un vino semplice, senza pretese e, in non pochi casi, di un vino maledettamente commerciale o addirittura fatto in maniera oscena.
Sul Lambrusco vorrei dare un mio piccolo consiglio. È uno di quei vini “a rischio” se comprato sfuso come vino della casa in ristorante. A meno che non si sia certi della sua provenienza, è meglio diffidare.
In più, come metro di giudizio, se dopo un paio di bicchieri vi viene mal di testa, allora vuol dire che il produttore ha abbondato con la solforosa, il che non è un bene.

Tra una chiacchiera e l’altra abbiamo finito il nostro tagliere di salumi, svuotato qualche bottiglia di Lambrusco e possiamo quindi passare ai primi: Tortellini e passa la paura!
Tortellini in brodo con il ripieno a base di carne di maiale, prosciutto e parmigiano.
Cosa berci sopra? Beh, qui possiamo anche lasciare il Lambrusco per un altro vino. Ne ho parlato quando andammo a Cesena. Lo cito di nuovo ora perché mi sembra un buon abbinamento. Il “Sangiovese di Romagna”, anche se qui siamo nell’odiatissima Emilia, prendiamo a prestito un vino che ha nella piacevolezza del bere, nella morbidezza dei profumi e sapori e nella rotondità le sue armi migliori.
Non è che in Emilia non ci siano vini simili, ma perché limitarsi quando possiamo giocare con vini e piatti di zone diverse. In fin dei conti la provincia di Modena non ha vini se non il Lambrusco. Quindi allarghiamo il raggio d’azione e pensiamo a goderci il pranzo. Se vogliamo lasciare la pasta per un principe della gastronomia italiana, passiamo a un primo piatto col riso e penso alla “bomba di riso”, ovvero uno sformato di riso ripieno di piccione in umido e funghi).
Stesso abbinamento anche qua. Senza particolari problemi.

Come secondi piatti, diamo solo un cenno alle splendide carni alla griglia, retaggio della più antica tradizione contadina, parliamo di sua maestà lo Zampone che, accompagnato dalle lenticchie, ha un’origine che si perde tra mito e leggenda.

Ma lasciamo il giusto spazio al vero ed indiscusso principe della tradizione gastronomica modenese: l’Aceto Balsamico TRADIZIONALE (!) di Modena.
L’avreste mai detto, ma il denso e scuro Aceto Balsamico Tradizionale deriva da un uva bianca: il Trebbiano.

Vinificato in purezza, il Trebbiano solo in due o tre casi dà vini di grande struttura, per il resto è un vinello senza spunti particolari.
Le uve si raccolgono, si pigiano e il mosto viene immediatamente cotto a cielo aperto per molte ore fino a ridursi della metà. Li inizia il lento invecchiamento in botticelle (dette anche “Vaselli”), di legno diverso e capienza via via minore. Dopo il periodo minimo di invecchiamento, ogni anno si toglie una piccola quantità dalla botte più piccola e la si imbottiglia. La botte si riempie con l’aceto della botte immediatamente più grande e così via.
Questo è il metodo con cui, dopo un lungo invecchiamento in botticelle di legni pregiati che hanno tra i cento e i duecento anni l’una, si ha un aceto che in poche gocce racchiude un mondo di sensazioni di profumi e sapori.
Un “Elisir” da usare in piccolissime dosi, centellinandolo goccia a goccia. Anni fa dei nostri amici di Bologna ce ne regalarono una boccetta di un contadino che aveva più di cento anni. È ancora li, e ogni volta che lo sento dà un’emozione sempre nuova.

Nel nome ho messo volutamente in maiuscolo la parola “TRADIZIONALE”. Non è un errore. La differenza tra quello che spacciano per aceto di Modena e il “VERO” aceto balsamico è in tutta quella parolina che basta a moltiplicare il costo della bottiglia per venti o trenta volte il prezzo della normale bottiglietta commerciale.
In parole povere, il VERO Aceto Balsamico di Modena è quello TRADIZIONALE e costa un patrimonio, parliamo di almeno 100.000 lire per 100 ml. Di prodotto. In pratica un milione al litro.
Ma parliamo del prezzo minimo destinato a salire e di tanto, per aceti particolarissimi e con invecchiamenti ultradecennali o centenari.
Perché comprarlo direte voi?! Sicuramente è un’esperienza, così come il tartufo o un grande vino d’annata. Se vi piace allora fatelo!

Pensiamo allora a uno splendido e succosissimo Filetto di Manzo alla griglia, cotto al sangue, con un filo di Aceto Balsamico TRADIZIONALE di Modena, e abbiamo un grande secondo piatto. Oppure un risotto così come un semplice piatto di fragole o un gelato. L’Aceto Balsamico tradizionale dà il meglio di se in ogni piatto.

Vogliamo continuare a sognare? Non c’è problema. Modena è parte del territorio in cui si produce il “Parmigiano Reggiano”. Serve che ve lo presenti o che vi dica qualcosa di lui? Non serve. Uno dei monumenti dell’Italia nel mondo si sposa divinamente (specie quando è stravecchio) con qualche goccia di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.

Torniamo però con i piedi per terra, e pensiamo a terminare il nostro pranzo.
Pensiamo allora alle “Ciliegie di Vignola”, splendide da gustare una dopo l’altra, oppure in una bella crostata con un po’ di crema e una copertura di zucchero a velo o magari accompagnate da una pallina di gelato alla vaniglia, in quel caso meglio se sono state fatte sotto spirito.
Ma parliamo anche di un bel castagnaccio. In questo come abbinamento torniamo al Lambrusco. Non l’ho detto prima volutamente. Ma questo vino oltre che nella normale versione secca è fatto anche in altre due versioni, “Amabile” e “Dolce”. E proprio quest’ultima si accompagna spesso ai dolci della zona. Il tutto senza dimenticare un bel bicchiere di “Nocino”. Non avremo il Limoncello di Salerno ma anche Modena ha il suo bravo digestivo da fine pasto.
Se i piatti non sono riusciti a placare la vostra “sete di golosità”, deliziatevi con qualche amaretto tipico della zona di Spilamberto (patria anche dell’Aceto TRADIZIONALE), o con qualche “Cioccolatino all’Aceto Balsamico TRADIZIONALE di Modena).

Abbiamo parlato troppo ormai, quindi… brindiamo!

Ina alto i calici e buona Serie B…evute!!!

Nicolò Ditta

Per informazioni critiche suggerimenti o altro, tranne soldi o bottiglie di vino, scrivetemi pure a uctrapani@uscatanzaro.net

Autore

Redazione

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