Serie B…evute per Salernitana – CATANZARO

I vini, il cibo e la Campania sotto la lente d’ingrandimento di Nicolò Ditta

“…Qui dove il mare luccica e tira forte il vento
su una vecchia terrazza davanti al golfo di Surriento…”

si, lo so. Andiamo a Salerno e non a Sorrento. Ma pensando all’articolo mi sono venute in mente le parole della bellissima “Caruso” di Lucio Dalla, e allora ho detto perché no?!
In fondo questo è un piccolo viaggio immaginario tra cibi e vini di altre città, e allora sogniamo, e sogniamo di trovarci su una bella terrazza a mezza costa, in una calda serata di prima estate, con una bella luna piena, una dolce musica in sottofondo, magari proprio quella che ho citato in apertura, qualche candela per rendere ancora più romantica la cenetta, e prepariamoci a gustare la serata…

Eccoci allora pronti a partire alla volta della provincia più estesa d’Italia. Io non l’avrei mai detto ma è così. Era Milano, ma dopo la “promozione” di Lodi a provincia ha perso il primato in favore di Salerno.
Una provincia lunga quasi 200 Km., comporta anche il poter subire influenze da altre province o da altre realtà.
La tradizione gastronomica nella regione non ha grosse differenze tra le province, e si può tranquillamente parlare di “cucina campana” senza problemi.
In più la relativa vicinanza, non solo geografica, da Napoli ha il suo peso.

Ma torniamo alla nostra cena, una leggera brezza serale muove i suoi capelli, la tavola è semplice. Magari è un bel tavolo di maiolica di Vietri, una tovaglia di lino bianco, un bel servizio di calici di cristallo e dei bei piatti di porcellana. Sognare una serata come questanon costa nulla ed è un toccasana sia per le rigide temperature di questi giorni, sia per la classifica che ci vede orgogliosamente primi (se la leggiamo al contrario).

La cucina campana, ovvero la nobiltà della cucina povera.
La Campania si presenta così, con i suoi porti pescherecci, le fertilissime pianure del Garigliano, del Sele, del Volturno, e del Sarno. Tra le colture più tipiche: il pomodoro San Marzano della zona di Sarno e Noverino, le albicocche del Vesuvio, la Mele Annurche di Caserta, i Carciofi di Paestum, e i Fichi Bianchi del Cilento.

Iniziamo con un piccolo antipasto.
Siamo di fronte al mare e quindi due piatti d i pesce, i polipetti affogati o una più classica impepata di cozze. Come vini ovviamente i bianchi. E qui parliamo di due pezzi grossi come il “Greco di Tufo” e il “Fiano di Avellino”, due vini bianchi a DOCG.
Anche in questo caso DOCG non significa assolutamente qualità, è difficile trovare buoni o ottimi vini. La gran parte sono di qualità sufficiente, e alcuni anche pessima rovinando quanto di buono fatto da altri onesti produttori.

Altro piatto tipico è la “pasta cresciuta”. Una frittella calda farcita ora con ovoline di bufala o da salumi vari. L’abbinamento sarà lo stesso. Ma possiamo proporre una variante, il “Gragnano” nelle sottozone “Gragnano Lettere o Sorrento”, nelle versioni Bianco, Rosso o Frizzante; da uve Falangina, Biancolella e Greco per il bianco; e da Piedirosso (detto “Per’e Palammo”) e Aglianico per il rosso.
Non aspettatevi niente di particolare, è un vinello molto semplice che a me personalmente non piace, ma che comunque è da citare. Il frizzante si serve fresco e lo si abbina tradizionalmente a Sua Maestà la Mozzarella di Bufala.

Riguardo la Mozzarella, questa dev’essere compatta e dura, assolutamente non moscia; quando la si morde dev’essere nodosa e coriacea e il rumore che fa tra i denti è simile a quello che fa un dito passato su un piatto ben pulito con il detersivo, e deve grondare latte.
Assolutamente NON dev’essere farinosa o moscia!!!

Per i primi lasciamo stare la pizza per ovvii motivi, e citiamo la pasta con vongole (e più in generale con i pesci) o con ragù alla napoletana.
Voglio però parlare di uno dei trionfi della cucina Italiana: il Sartù di riso!!!
Vi lascio la ricetta e poi vi racconto un piccolo aneddoto.
Per 6 persone:
400 gr. di riso; 300 di manzo tritato; 250 di piselli; 200 di fegatini di pollo; 100 di sugna; 15 di funghi secchi; parmigiano grattugiato; 1 salsiccia di maiale; 1 litro e 1/2 di brodo; 1 kg di passata di pomodoro; 100 di mozzarella; 1/2 cipolla; farina; pane grattugiato; olio extravergine di oliva; 4 uova fresche; 2 uova sode; sale e pepe.
Somiglia un po’ alla nostra “pasta china”.

E ora l’aneddoto. Qualche anno fa ad una cena alla reggia di Capodimonte a Napoli per la presentazione del calendario Pirelli il primo piatto era proprio il Sartù. Un intero Sartù ogni 8 persone, alla fine è rimasto metà Sartù per ogni tavolo, fatevi il conto…

Noi eravamo partiti alle 8 di mattina da Roma. La sera ancora non avevamo toccato cibo dopo una giornata di preparativi e di lavoro.
Durante una pausa siamo entrati in cucina e abbiamo visto tutto quel ben di Dio di Sartù. Un disperato in pieno deserto non avrebbe avuto la nostra espressione, e capirete che fine hanno fatto i sartù…

Certo un primo piatto del genere non è propriamente dietetico o romantico, ma fa il suo bel effetto!
Cosa abbinarci? Direi sicuramente un “Taurasi”. Uno dei pochi grandi vini italiani da uve “Aglianico” che è anche una delle DOCG del nostro paese anche se, lo ripeterò fino alla noia, DOC o DOCG non significa affatto che sia di qualità o che sia buono!!!

L’Aglianico è considerato il “Barolo del Sud”.
Vino da buon invecchiamento è dotato di grande struttura e di un profondo colore e di profumi che con l’invecchiamento assumono splendide note speziate. Ha un suo sapore molto caratteristico, il nome deriva dalla parola “aglio”, e in certi vini possiamo anche ritrovare quel particolare sentore.

C’è anche un altro piatto tipico di Salerno che è pure molto carino. Si fa fondere in padella la Mozzarella, la si stende sul piatto e la si farcisce con i broccoletti saltati e la salsiccia cotta e fritta e quindi tagliata a pezzetti. Si chiude il tutto come a formare un’arancino di riso, la si passa nel pan grattato e la si frigge. Qui possiamo provare un bianco poco diffuso, il “Lacryma Christi del Vesuvio”.

I broccoletti sono usati in un’altra preparazione tipica della zona: le torte rustiche. Farcite da broccoletti e da provola, ma non solo.
Cambiamo vino e proviamo un “Ravello” o un “Furore”, le uve sono sempre le stesse, le tipologie prevedono sia una versione bianca che rossa.

Passiamo a un bel secondo di pesce, d’obbligo sono lo “scorfano all’acqua pazza” o il “Polpo alla Luciana”. In questo caso possiamo bere un vino dalla piccolissima ma interessante produzione, il “Coda Di Volpe del Taburno” ottenuto dalla omonima uva si sposa bene con pesci e crostacei.
Piccola citazione per qualche altra realtà, il Cilento bianco rosato e rosso, il Biancolella, l’Ischia e il Solopaca.

Al limite se avessimo un primo o un secondo piatto che ha una presenza importante del limone possiamo abbinargli un “Asprinio di Aversa” da uve “Asprinio”. Il nome dice tutto e non serve che spieghi altro. Forse possiamo provarlo anche su frutti di mare crudi conditi da una goccia di limone.
Secondi di carne ne cito solo due, il Coniglio all’Ischitana e i medaglioni di Vitello alla Pizzaiola, visto che siamo nel regno della mozzarella.

Passiamo ai dolci, e qui ti si apre il cuore con il Babà, la Pastiera, gli Struffoli, le Sfogliatelle e chi più ne ha più ne metta!!!

Chiudiamo la cena con due pezzi forti della tradizione campana: il caffè e un meno aristocratico, ma sicuramente piacevole, Limoncello!

Che altro dire? nulla, se non un… “E ora brindiamo!!!”

In alto i calici e buona Serie B…evute!!!

Nicolò Ditta

Per informazioni critiche suggerimenti, tranne soldi o bottiglie di vino, scrivetemi pure a uctrapani@uscatanzaro.net

Autore

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