Serie …Bevute per crotone – CATANZARO

La trasferta in provincia permette un analisi sui vini calabresi, come al solito mirabilmente analizzati da Nicolò Ditta

Bene Bravi Bis.

Che c’entra questo tormentone con la squadra? Niente! E nemmeno con la mia rubrica.

Voglio e spero solo che sia di Buon auspicio per il prossimo impegno delle aquile.

Ma ora parliamo di vino e di cucina.

Per la verità ci sarebbe poco da dire, non devo certo essere io a parlarvi dei piatti e dei vini della nostra amata regione che conoscete meglio di me vivendoci da una vita. Cosa che io non ho fatto, me, povero e tapino deportato in terra sicula, ma con il Catanzaro e Catanzaro nel cuore!!!

Già dal tempo dei greci la Calabria fu chiamata enòtria, ovverosia “terra del vino”. I suoi vini venivano dati grazie all’alto grado zuccherino, agli atleti che avevano appena finito le competizioni come bevanda ristoratrice e corroborante. Oggi probabilmente un atleta l’unica cosa che non berrebbe è proprio l’alcool ma allora integratori amminoacidi e altre diavolerie non esistevano. Ci si limitava ad assumere quindi zuccheri naturali.

E in omaggio a questa tradizione che anche nei recenti Giochi Olimpici di Atene 2004 al vincitore di ogni gara è stata donata una bottiglia di Cirò. Un bel riconoscimento per i nostri vini e per la nostra amata Terra.

Riferendomi a questo, e visto che sono da poco stato sulla neve vi do un consiglio. Erroneamente si pensa che bere una grappa o comunque dell’alcool aiuti a sopportare il freddo e a non sentirlo. Certo la sensazione di caldo dopo aver bevuto un cicchetto è la prima cosa che sentiamo, ma c’è un fattore da non sottovalutare, l’alcool è vaso-dilatatore. Bevendo grappa o vino o altri superalcolici le vene si dilatano facendo raffreddare il sangue. Questo da un lato ci dà quella sensazione di benessere dovuta al caldo, ma dall’altro lato ci fa perdere calore. Che non riusciamo più a reintegrare.
Nella malaugurata ipotesi di dover passare una notte al freddo e al gelo, ha più possibilità di portare la pellaccia a casa la persona che non ha bevuto alcolici, piuttosto che quella che si è fatta 5 o 6 grappini.
Se volete energie in quel caso prendete del miele, o se volete liquidi è paradossalmente meglio una bevanda fredda che fa restringere le vene e permette di conservare meglio il calore.

Questo nel caso vogliate andarvi a fare una bella sciatina in Sila, visto che sta nevicando più li che a Madonna di Campiglio.

Lasciamo stare i consigli tecnici e parliamo della situazione dei vini nella nostra regione.
Purtroppo, e lo dico con profondo dispiacere, non è delle migliori.

La Calabria soffre la mancanza di un nome commercialmente “forte” come possono averlo la Sicilia o la Toscana o altre regioni. E questo già incide negativamente sulle possibilità di vendita dei nostri prodotti.

Guardando la cartina geografica, vediamo che la produzione vinicola è concentrata in poche zone.

Le produzioni più importanti si trovano a nei dintorni del Pollino; a nord e a sud di crotone, in particolare il Cirò, il Melissa, il Savuto, il Capo Rizzuto; e a Lamezia.

Una piccola zona è anche a sud sul versante jonico nei dintorni di Bianco dove si produce l’omonimo “Greco di Bianco”.

Purtroppo la produzione è tutta qua. Come ho più volte scritto non c’è assolutamente relazione tra classificazione (DOC e DOCG per esempio) e qualità.

Il Cirò è sicuramente la nostra bandiera, il vino più rappresentativo e quello con cui si identifica anche l’intera regione. Ultimamente anche la DOC Lamezia si sta facendo conoscere, ma è ancora troppo poco.

I nostri vini soffrono dell’alto valore zuccherino e quindi alcolico che deriva dalle temperature che ci sono durante l’anno.
I nostri produttori dovrebbero provare a cambiare un po’ i metodi di vinificazione, magari anticipando la vendemmia in modo da diminuire il grado alcolico, o a controllare le temperature di fermentazione o a ridurre il tempo di contatto tra bucce e mosto, il tutto per cercare di avere dei vini con profumi e sapori più freschi, e con una maggiore acidità e minor grado alcolico. Spesso ho sentito dei vini che sono “cotti”, ovvero troppo alcolici o con profumi e sapori “evoluti”.

Per farvi capire cosa intendo con questi termini basta pensare a un frutto qualsiasi, se lo aprite quando non è maturo sentirete un odore agre.
Se lo aprite quando è maturo sentirete l’odore del frutto in tutta la sua pienezza, se lo aprite e lo mangiate quando è troppo maturo sentirete un odore diverso perché sarà probabilmente iniziato il processo di fermentazione.

Questi sono i tre stadi dei sapori. Per la piacevolezza del vino è meglio che i sapori siano al primo o al secondo stadio. Se sono al terzo il vino ha qualche problema

Più di una volta mi è capitato di sentire dei vini che erano al terzo stadio. E non perché fossero vecchi, ma uscivano così direttamente dalle cantine.

Faccio un paragone con i vini italiani.
Fino agli anni ’80 il vino italiano non era affatto conosciuto nel mondo. Nelle aste venivano battuti solo vini francesi e basta.

Ci ha pensato un grosso produttore che ha fatto un Cabernet Sauvignon che ha spopolato tra gli esperti di vini di mezzo mondo.

Noi, l’unico paese che vanta OLTRE 1.000 VARIETA’ AUTOCTONE DI UVE, roba che la francia se le sogna la notte, dobbiamo il successo dei nostri vini a un vitigno internazionale.

Io da sempre preferisco i vitigni autoctoni italiani piuttosto che gli internazionali, ma forse in questo caso produrre qualche vino da uve internazionali e usarlo come esca, potrebbe darci quella notorietà nei mercati internazionali che fino ad oggi ci è mancata.

Cara Calabria, con tutto il bene che ti voglio alza la testa e fatti valere!

Caro CATANZARO, con tutto il bene che ti voglio rialza la testa e fatti valere!!!

Ma ora brindiamo, in alto i calici e buona Serie …Bevute con Bruno Bolchi!!!

Nicolò Ditta

Per informazioni consigli critiche o suggerimenti, tranne soldi o bottiglie di vini scrivetemi pure a uctrapani@uscatanzaro.net

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Redazione

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