Rassegna stampa

«Cagni non può essere un capro espiatorio»

Tato Sabadini e il momento delle Aquile: «Con la Triestina in palio molte chance salvezza»
da Il Domani

A quattro giorni dall’ennesimo scontro salvezza, sembra quasi che nella tifoseria sia tornata la voglia di credere nella rimonta. In altre parole, il pareggio in quel di Bari ha riacceso la fiammella della speranza. Così, cresce l’attesa per la gara di domenica, considerata la prova del fuoco per una compagine, che al “San Nicola” ha lasciato intravedere segnali di miglioramento. La pensa allo stesso modo Tato Sabadini : «Ritengo che il Catanzaro non sia affatto spacciato. Almeno fino al match con i giuliani. Con loro si giocherà quasi tutte le chance di rimanere in serie cadetta. Ragion per cui, bisognerà lottare, dando il massimo in ogni occasione. La vittoria diventa un imperativo categorico, perchè potrebbe valere doppio. Infatti, non solo si guadagnerebbero tre punti, ma si risucchierebbe la Triestina che, per ammissione del suo allenatore Tesser, attraversa un preoccupante periodo di crisi».
Ritiene, quindi, che ci siano i margini per risalire la china. Eppure la squadra, salvo poche eccezioni, non ha destato una buona impressione, rimediando figure barbine?
«I filmati osservati in televisione mi hanno portato a pensare che a questo gruppo sia mancato il necessario amalgama. Non ho notato sincronismo tra i reparti. Segno di scarso affiatamento. Al contrario, le uniche cose buone sono state frutto di giocate individuali. Ma si sa che, se ci si affida all’estro di un singolo, può esserci il rischio di naufragare appena dovesse venir meno il suo apporto».
Secondo lei può essere questa la ragione principale della grave crisi tecnica che sta affliggendo i giallorossi?
«Direi di no. In merito, posso riferire le voci che ho sentito circolare nell’ambiente quando ancora ero alla guida del Taranto. Si tratta di notizie tutt’altro che confortanti: poca chiarezza a livello societario, mancanza di alcune figure professionali indispensabili e calciatori alle prese con un’inspiegabile involuzione. Un miscela esplosiva e, soprattutto, difficile da gestire che, probabilmente, ha sfaldato lo spogliatoio, facendo venir meno la compattezza e la volontà di restare uniti di fronte alle avversità».
Come potrebbe bastare allora una vittoria contro gli alabardati per uscire dalla crisi?
«Non è che in caso di successo i problemi sarebbero risolti. Però, spesso, nel calcio è sufficiente un episodio per cambiare tutto. Chissà, il pubblico ritrova l’entusiasmo perduto, i ragazzi acquistano fiducia nei propri mezzi e così, in poco tempo, le cose ricominciano a girare nel verso giusto. Il morale è importante e se è alto, può valere molto di più delle doti tecniche o atletiche. Del resto, mancano ancora tante partite al termine del campionato che, centrando un filotto di risultati positivi, ci si può allontanare dai bassifondi della classifica».
Magari una mano la può dare quel Floria Myrtaj che all’esordio si è comportato ottimamente, segnando un gol e muovendosi con grande disinvoltura.
«Nessun giocatore, a meno che non si chiami Maradona, può cambiare da solo il volto di una squadra. Tuttavia, può fare da traino per quei compagni che, per un motivo o per un altro, non si esprimono al meglio delle proprie possibilità. Ad esempio lo stesso Corona potrebbe giovarsi della verve dell’albanese».
Sicuramente conoscerà Gigi Cagni, per cui potrà esprimere un parere sulla sua riconferma da parte della dirigenza.
«Effettivamente c’è una vecchia amicizia che risale ai tempi in cui calcavamo il rettangolo verde. Per giunta, abbiamo anche fatto il corso di allenatore insieme per ottenere il patentino di seconda categoria. Lo stimo parecchio ma, al di là di questo, sono del parere che dargli fiducia sia stato un bene. Infatti, qualsiasi tecnico va messo nelle migliori condizioni per lavorare. Oltretutto, se un presidente fa una scelta significa che ne è convinto e, allora, la deve difendere anche a costo di mettersi contro tutto e tutti. A patto, naturalmente, che non si renda conto di essere in errore».
Non è che nell’ultima risposta si è lasciato condizionare troppo dallo spirito corporativo?
«Premesso che non mi permetterei mai di giudicare negativamente l’operato di un collega, sono concettualmente contrario a questa mania dei tifosi di cercare nella mia categoria il capro espiatorio. Se le cose vanno male non può essere sempre colpa nostra. Anzi, la maggior parte delle volte, paghiamo responsabilità di altri che ci usano come parafulmine, nascondendo la verità. Non è giusto e mi rammarico del fatto che la gente non riesca a capirlo».

Danilo Colacino

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