Rassegna stampa

Dove Carbone è diventato Benny

Dalla Gazzetta dello Sport

E’ cresciuto nel Torino, ma oggi è la bandiera del Catanzaro: «Vorrei fare come Zola a Cagliari»

Torino può essere la città più dolce del mondo. E questa volta i gianduiotti non c’entrano nulla, perché nei sogni di un ragazzino arrivato dalla Calabria c’era spazio solo per il pallone. Benito Carbone aveva 13 anni quando lasciò Bagnara. «Minuto ma con due piedi fatati», era stato il giudizio degli osservatori granata.
L’inizio di un’avventura che poteva non avere un lieto fine. A Torino, invece, il ragazzo di Calabria diventa per tutti Benny e stagione dopo stagione si conquista spazi importanti. E Torino ricambia: il cuore granata dei tifosi batte forte per quel piccoletto che fa ammattire gli avversari. E che esordisce in A non ancora maggiorenne: 15 gennaio del 1989, il Pisa impone lo 0-0 casalingo al Toro. Un risultato che quasi 16 anni dopo farebbe felice Carbone e il Catanzaro. Il capitano giallorosso ritorna oggi da avversario in un momento che dolce non lo è per nessuno. Due squadre e due tecnici (Ezio Rossi e Gigi Cagni) in bilico, seppur con classifiche e situazioni opposte.
— Allora, Carbone: ha dribblato anche la febbre per non mancare all’appuntamento. Ci teneva proprio a salutare i suoi vecchi sostenitori.
«Guardi che considero Torino come se fosse casa mia. Se fosse dipeso da me ci avrei concluso la carriera. E sarebbe stato bellissimo. Purtroppo le cose sono andate diversamente. Ma non voglio parlare di cose tristi. Ci tengo soprattutto a ringraziare gli ultrà della Maratona perché grazie a loro ho vissuto momenti indimenticabili. Se sono un calciatore lo devo a questa città. Quando sono stato ceduto per me è stato un dramma. In ogni caso la maglia granata è come una seconda pelle». — Ha parlato di ricordi. Siamo curiosi…
«Tanto per capirci: a Torino abitano da sempre mia sorella e mio fratello che hanno coccolato e viziato la mia adolescenza. E io li ripagavo con i gol. Quante vittorie con la Primavera granata: un paio di scudetti, due tornei di Viareggio e altrettanti coppe Italia. Eravamo una grande squadra! Bresciani, Venturin, Lentini, Califano. Allenatore Vatta. Di sicuro gli anni più belli della mia vita».
— A proposito: la scelto di ritornare in Calabria va proprio in questa direzione.
«Certo. Avrei potuto restare in serie A, ma mi ha convinto il progetto. Ho firmato per quattro anni e mi sento di affermare che sono pochi per quello che posso ancora dare. Ho un modello: Gianfranco Zola. Vorrei fare quello che lui ha fatto con il Cagliari. Mi pare che a 38 anni stia ancora insegnando calcio in serie A. Ecco, non vorrei sembrare presuntuoso, ma penso che anche a Catanzaro ci siano i presupposti per seguire quella strada».
— E’ un progetto ambizioso, ma intanto la realtà è diversa: siete in zona retrocessione.
«Lo so e corro volentieri il rischio di passare per pazzo. Ma lei lo sente il tono della mia voce? Sono tranquillissimo. Abbiamo avuto problemi a inizio stagione, ma l’importante è quello che è stato seminato. Le garantisco produrrà frutti importanti».
— Ci faccia capire meglio.
«Iniziamo dalla società che poi è la base di ogni cosa. Bene, chi guida il Catanzaro ha le idee chiare: un bilancio sano, ma nello stesso tempo ci sono capitali importanti da spendere per regalare alla città un traguardo che manca da troppo tempo. Non solo, abbiamo forse l’allenatore più esperto della categoria. Cagni ha la mia piena fiducia. In carriera ho conosciuto tanti allenatori e credo di essere in grado di capire quando un tecnico fa la differenza. Ecco, mi sento di affermare che il Catanzaro è in buone mani. E poi non dimentichiamo i giocatori: molti di loro hanno vinto il campionato di C1 e sono una grande risorsa. Hanno entusiasmo e voglia di far bene nella nuova categoria». — Ci scusi Carbone, sembra un quadro idilliaco. Però i problemi del Catanzaro sono sotto gli occhi di tutti.
«La crisi di risultati non la posso negare. Certo, a inizio stagione c’è stata qualche difficoltà d’inserimento tra i nuovi arrivati e il gruppo storico. Questa situazione ha influito negativamente anche sulla gestione tecnica tanto che la società ha deciso di dare una sterzata chiamando Cagni. La reazione è subito arrivata: in casa abbiamo vinto due gare consecutive, mentre in trasferta c’è stato il pari contro l’AlbinoLeffe e la sconfitta rocambolesca di Piacenza, dove avremmo meritato di vincere. Insomma, la strada sembrava in discesa…» — E invece?
«E invece dietro l’angolo è iniziata la salita: prima il mio infortunio, poi una serie di squalifiche e gare incredibili, come Vicenza dove tutto è andato storto. Io da fuori sentivo la pressione dell’ambiente e ho sbagliato a voler affrettare i tempi del recupero: mi sono bloccato di nuovo nel momento più difficile del campionato. Ma ora posso garantire che usciremo fuori da questa situazione. Lo scriva pure: i tifosi del Catanzaro non devono temere. A giugno i fatti mi daranno ragione».
— Lei è subito diventato un punto di riferimento della tifoseria.
«Che dire, sono fortunato. A Torino ho conosciuto gente splendida, adesso indossare la maglia giallorossa mi dà delle sensazioni incredibili: era da tempo che non provavo cose simili. I sostenitori del Catanzaro sono per me una guida: in ogni stadio d’Italia ci fanno sentire a casa. Con loro sarò sempre in debito. E non basteranno certo questi quattro anni per ripagarli».
Torino può essere dolce, ma i miracoli non sono la sua specialità. Ecco perché stasera qualcuno (granata o giallorosso) la scoprirà amara.

Francesco Ceniti

Autore

Tony Marchese

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