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Il pareggio della discordia e gli incubi dimenticati troppo in fretta

L’editoriale di Francesco Ceniti

Sest’ultimi. Ficchiamoci bene in mente questo obiettivo. Perché è bello sognare, ma quando per 14 anni il tuo sonno è stato popolato da incubi (chiamati Gladiator, Astrea, Albanova, Marsala, Tivoli…) allora preferisci restare sveglio e ancorato alla realtà. La nostra, quella del Catanzaro, è una serie B da preservare, coccolare e fortificare in questa stagione difficile. Per il futuro c’è tempo. Perché questo richiamo? Il motivo è semplice: dopo il pari casalingo con l’Arezzo (preziosissimo) qualcuno, ma in realtà sono molti di più, si è sentito in dovere di far notare lo scarso livello dello spettacolo offerto dai giallorossi. La cosa, per inciso, è vera. Ma non è questo il punto. Non ci è mai capitato di vedere una squadra che lotta per la salvezza esibire un grande calcio. O meglio, forse solo Zeman ha provato con scarsissimi risultati questa difficile strada. Per il resto quando si è impelagati nei bassifondi della classifica ci si affida alla politica dei piccoli passi. Quella attuata dal Catanzaro quando pareggiava in casa con il Milan o l’Inter (e nessuno si lamentava più di tanto). E guardate che nell’attuale campionato di B noi siamo nella fascia medio-bassa proprio come i giallorossi guidati 25 anni fa da Mazzone. Lo scandalo non sono i nostri 16 punti, ma i 17 dell’Arezzo che dispone di una squadra stellare (costata parecchi soldini in sede di mercato). Prendete le panchine, come esempio. I toscani si permettono il lusso di tenere seduti calciatori come Senigallia e Del Core (28 gol in due nella passata stagione), mentre noi per completare i quadri abbiamo dovuto reintegrare persone che in serie C vedevano il campo con il binocolo.
Ben vengano, allora, altri pareggi come quelli di domenica scorsa. In fin dei conti il Catanzaro versione Ceravolo è di tutto rispetto (4 vittorie, 3 pari, una sola sconfitta). E’ fuori casa che dobbiamo centrare qualche punto in più se vogliamo mantenerci fuori dalla zona minata. Certo, i prossimi avversari saranno Empoli e Torino ma le sorprese in un campionato livellato sono sempre dietro l’angolo.
Torniamo, però, ai mugugni del dopo Arezzo. I proclami della società (“abbiamo costruito una squadra importante”) possono aver contribuito a creare false illusioni. Noi, per la verità, è dall’inizio del campionato che la pensiamo in maniera opposta (scrivendolo): in sede di mercato sono stati commessi errori grossolani, in buona fede. Sbagliando s’impara, o si dovrebbe. A gennaio non basteranno la buona volontà del presidente Parente o l’entusiasmo di Princi, così come all’Inter non sono serviti i soldi di Moratti per vincere uno scudetto. Insomma, qualcuno dovrà fare un passo indietro (e non per questo dovrà sentirsi sminuito). Solo così si eviterà di prestare il fianco alle giuste critiche.
E passiamo ai tifosi: intanto notiamo con dispiacere che la quota di 10.000 spettatori a partita è una chimera. Più o meno le presenze sono uguali a quelle del passato campionato. Questo vuol dire due cose: che per attirare nuove persone allo stadio non basta la B (anche per via di Sky), ma occorre come minimo lottare per la promozione in A. L’altra faccia della medaglia è un certo zoccolo duro sempre presente al Ceravolo. Molti di loro, però, faticano a calarsi nel nuovo campionato. Insomma, abituati a vedere i giallorossi (almeno negli ultimi due anni) quasi sempre vittoriosi in casa, trovano scandaloso un pari contro l’Arezzo all’ultimo minuto. Sinceramente noi tra un Catanzaro killer tra le mura amiche, ma in C1, e un altro più titubante, ma in B, preferiamo il secondo. E poi non stiamo chiedendo la fiducia illimitata a questo gruppo, compresi società e Cagni (che come tutti i tecnici sbaglia: domenica scorsa, ad esempio, secondo noi avrebbe dovuto sacrificare Briano su De Zerbi con una marcatura stile Gentile-Maradona), ma solo l’appoggio per raggiungere la salvezza.
Una volta pagato dazio all’anno di transizione, la società dovrà fare tesoro dell’esperienza e consegnare alla città una squadra davvero competitiva. Non solo a parole. Per farlo occorre mettere da parte rancori e invidie personali, cosa che invece ultimamente abbondano in seno all’Us Catanzaro. Del resto i 14 anni consecutivi di quarta serie non sono stati certo colpa del destino “cinico e baro”.

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Redazione

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