Slow Foodball

Serie B…evute per Piacenza-Catanzaro

Nicolò Ditta ci guida tra le meraviglie enologiche e non solo della Bella Emilia.

La tipica riservatezza piemontese, la sobrietà ligure, l’intraprendenza lombarda e la giovialità emiliana.
Tutto questo è Piacenza, città di confine fra tre regioni, che ci attende per la prossima trasferta.

Cerchiamo allora di scoprirla e di trovarne qualche angolo nascosto della bella città ducale all’ombra del “grande fiume†che la lambisce nella sua riva destra.

Subito un piccolo aneddoto.
Tanti anni fa ci fu un Piacenza – Catanzaro.
Il treno era colmo fino all’inverosimile, noi eravamo un manipolo di senza casa alla disperata ricerca di un posto in treno; ne trovammo uno solo in uno scompartimento.
Noi altri ci arrangiammo nei sedili del corridoio, o addirittura sul portabagagli del corridoio (ci si dormiva bene e non ti dovevi spostare di continuo per far passare la gente, e magari il controllore non ti vedeva nemmeno…).
Sembrava di partire per un lungo interminabile viaggio, un po’ come l’odissea vissuta dagli UC per Trieste, e invece no.

Fu una notte abbastanza tranquilla quando ci addormentammo. Ma ce n’è voluto di tempo, anche per via di due donne di religione diversa che hanno pensato bene di ingaggiare un “duello rusticano†sulla bontà della loro fede rispetto l’altra.

Ma la notte è passata, e siamo arrivati a Piacenza.
Che non si dica che gli UC non sono acculturati, quindi subito via per un giro in città.
Splendida cittadina Piacenza, è una di quelle città da scoprire passeggiando tra le sue piccole, ma ordinate, stradine del centro storico, anche perché siamo sulla strada che dalla stazione porta allo stadio Garilli (n.b. le curve sono scoperte).

Un monumento su tutti merita una visita, è Palazzo Farnese con il suo museo. Ma meritano altrettanta attenzione le numerose chiese e chiesette che ci sono in città, nonché il delizioso centro storico con il suo passeggio e i suoi caffè.
Archiviato l’aspetto culturale della trasferta, possiamo tuffarci in uno dei ristorantini del capoluogo emiliano.

Terra gaudente l’Emilia, con i suoi profumi e sapori che ci fanno pregustare un lauto pasto degnamente accompagnato da splendidi vini.
In questo, la gastronomia piacentina, è gastronomia di confine e mostra affinità lombarde, piemontesi e liguri oltre, ovviamente alla ben radicata tradizione emiliana.

Ma ora sediamoci a tavola e prepariamoci, sarà un’esperienza da provare ma altrettanto “provante†per la nostra linea…

Dovendo scrivere un simile articolo, a volte ho qualche problema per trovare dei piatti e dei vini interessanti da segnalare per via della mancanza di piatti e vini.
Qua abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. Ma la scelta implica necessariamente una rinuncia, e allora non scegliamo niente, assaggiamo tutto, tanto in campo per fortuna non scenderemo noi ma i giocatori.

Un antipasto per cominciare?
Ovviamente si, siamo in Emilia, patria dei salumi, del prosciutto di Parma del Parmigiano Reggiano del Culatello di Zibello e di innumerevoli altri insaccati.
Piacenza vanta ben 2 D.O.P. tra i salumi: la Coppa Piacentina e il Salame Piacentino.

Il segreto della preparazione della Coppa Piacentina è gelosamente custodito dai “maestri†nascosti nelle valli e dai migliori salumifici.
Il risultato del loro lavoro è un prodotto dal profumo unico, dolce e delicato. Viene usata solo carne di suino nostrano.
La coppa è data dalla lavorazione del muscolo posto sotto l’attaccatura della testa. Viene salata a mano, a secco, e non in salamoia.
Viene poi aromatizzata con alloro, pepe nero spezzato, noce moscata, chiodi di garofano e cannella macinate. Avvolta in pelle naturale di suino e, quindi, legata a mano, e subisce una stagionatura minima di 6 mesi.

Il Salame Piacentino ha, invece, una classica forma cilindrica. La pasta è di un bel rosso acceso con gocce di grasso perfettamente bianco.
Il sapore è dolce e delicato; l’aroma è molto intenso, piuttosto dolce con l’odore tipico delle carni insaccate.

Pensiamo a un bel piatto con delle fette di questi splendidi salumi, pensiamo a qualche bella fetta di pane casereccio; anche se, tradizione vuole che i salumi si accompagnino al famoso “gnocco frittoâ€.
Si tratta di frittelle, generalmente romboidali, a base di farina, lievito di birra, olio e sale, fritte nello strutto o nell’olio, e quindi serviti caldissimi.
Cosa manca a questo splendido antipasto se non un bel bicchiere di vino rosso. E allora lasciamoci tentare da una splendida bottiglia di Gutturnio (o Gutturnio dei colli piacentini per essere pignoli).
Il vino prende il nome da un boccale, o coppa argentea, di vino di epoca romana detto appunto “gutturniumâ€.

C’è una caratteristica della produzione di vini in Emilia, ogni provincia ha i suoi vini tipici e sembra quasi si produca solo quello. Il bello è che sono vini completamente diversi l’uno dall’altro. Torniamo al Piemonte, i vini Barolo e Barbaresco per quanto diversi tra loro sono comunque a base di uva nebbiolo; in Toscana che sia Chianti Classico o Brunello, è tutto Sangiovese. In Emilia, no.

I vini sono diversi, da provincia a provincia, perché le uve sono diverse.
A Bologna si produce Lambrusco, a Piacenza Gutturnio o Bonarda. Sono due province che subiscono l’influenza diversa per la loro posizione.

Se dovessimo definire i vini emiliani con un aggettivo potremmo dire “frizzanteâ€. Quasi tutti i vini sono proposti anche in versione vivace, frizzante o spumantizzata.
Un piacevolissimo ricordo resterà una teglia di lasagne tanti anni fa con una barbera vivace servita leggermente fresca.

Premesso che non amo quel tipo di vini, vi posso assicurare che molte di quelle bottiglie sono ottime per tutto il pasto, indifferentemente dalla stagione in cui ci si trova e dall’occasione.
È ovvio che dovremo seguire un minimo di logica nell’abbinare cibi e piatti, ma non lasciamoci limitare da queste regole che in occasioni conviviali lasciano il tempo che trovano.

Se quindi volessimo provare un vino bianco sull’antipasto? Perché no, chi ce lo impedisce…
Anche tra i bianchi troviamo vini semplici, pensiamo ad un “Ortrugoâ€, un bianco che può essere vinificato sia in versione “spumantizzata†che “fermaâ€.
Ottimo vino da tutto pasto, servito ben freddo, specie nelle calde sere d’estate.

Non ci piacciono i vini spumanti? Nessun problema, un’altra particolarità è la produzione di vini “aromaticiâ€, ovvero un largo uso, tra i bianchi, di “malvasiaâ€.
Tutti sarete abituati a sentirne parlare come di un vino dolce (la malvasia delle Lipari n.d.r.), ma posso assicurarvi che vinificata secca dà splendidi e intriganti risultati (stessi risultati che dà anche il moscato vinificato secco).
Non faccio nomi, ma uno dei più interessanti vini bianchi italiani, a mio avviso, è prodotto proprio nella provincia di Piacenza, da un piccolo ma splendido produttore, ed è a base di Malvasia.

Questi vini hanno la particolarità di avere quella nota aromatica che li differenzia da qualunque altro vino bianco, sembra quasi che abbiano un “qualcosa in piùâ€, un surplus che li pone su un piano diverso dagli altri bianchi, come se fossero, ed in un certo senso lo sono, una categoria a parte.

Ovviamente, non è tutto oro quel che luccica alla fiera. Il problema con i vini aromatici, ma anche con certi tipi di vini dolci, è che se fatto male, si ha un vino che è stucchevole e basta, e dopo uno o due sorsi ci stanca di berlo.
In questo sta la bravura di chi produce il vino con cura e amore. Come fare a bere una bella bottiglia di vino aromatico o dolce buona per capirlo veramente? Semplice, si spende un po’ di più e si fa il paragone…

Basta parlare, vi sto annoiando troppo e non stiamo bevendo nemmeno un goccio. Quindi, anche se non abbiamo ancora finito l’articolo, in alto i calici e facciamo un brindisi.

L’Emilia, è una terra di primi piatti generosi, dai tortelli, alle lasagne, a tutte le altre paste ripiene, in brodo o al sugo, o come vi pare.

La tradizione piacentina ci parla di alcuni grandi primi, innanzitutto i tortelli con ripieno di ricotta e spinaci conditi con burro e salvia oppure, in alternativa, con una salsa di pomodoro e funghi.

Anche se il primo piatto forse più tipico e conosciuto sono i “Pisareï e Fasòâ€, ovvero gli gnocchetti con i fagioli.
Gli ingredienti per la pasta:
gr. 300 farina
gr. 100 pangrattato
sale, acqua

Gli ingredienti per il sugo sono:
gr. 300 farina
gr. 30 burro
2 cucchiai d’olio d’oliva
gr. 50 lardo pesto
(lardo battuto con prezzemolo e uno spicchio d’aglio)
1 gambo di sedano, 1 carota e 1/2 cipolla tritati
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro diluito in mezzo bicchiere d’acqua; oppure gr. 300 di salsa di pomodoro
sale, pepe e grana grattugiato.

Per la preparazione, in un tegame si fa soffriggere il trito di lardo e verdure in olio e burro.
Si aggiungono i fagioli, sale e pepe, lasciando insaporire per alcuni minuti.
Si aggiunge quindi il concentrato, o la salsa, e si cuoce a fuoco lento, aggiungendo, se occorre, dell’acqua tiepida, fino a cottura ultimata.

Si preparano gli gnocchetti nel modo consueto, e si lessano in abbondante acqua bollente salata.
Man mano che vengono a galla (bastano pochi minuti), si scolano in una zuppiera, condendoli col sugo di fagioli e abbondante formaggio grana grattugiato.
L’acquolina si sarà fatta sicuramente sentire, avete l’impressione di sentire il profumo di un bel piatto fumante di fronte a voi.
Stappiamo allora una bella bottiglia di Gutturnio, ma scegliamo una riserva in questo caso, oppure una bella Barbera o anche una Bonarda che deriva dall’omonima uva anche chiamata Croatina.
I vitigni sono sempre gli stessi, la Barbera e la Bonarda vinificate singolarmente, oppure vinificate insieme e avremo il Gutturnio.

Basteranno questi due piatti per placare il vostro appetito?! Penso di si, anche perché il pranzo non è finito, quindi passiamo ai secondi.

Una nota meritano lo Stracotto, e le torte rustiche con patate o bietole.
Lo stracotto è un piatto tipico delle regioni del nord, con la carne che per via della lunga cottura diventa morbidissima, quasi cremosa.
Un delitto non bere un bel bicchiere di un grande vino rosso. In questo caso, mi sia consentito, niente vini frizzanti. Qua abbiamo bisogno di grandi vini, di grande struttura.
Meno tipici o “caratteristici†sono i vitigni cosiddetti “internazionali†che abbiamo già incontrato in altre parti d’Italia.
Bene, il Pinot Nero, in particolare ottiene nella zona alcuni ottimi risultati.
Ma lo stesso possiamo dire di una piccolissima produzione di Cabernet Sauvignon.

Io passerei ai dolci, e non possiamo non parlare della “Torta Sbrisolonaâ€.
Gli ingredienti sono:
300 g di farina bianca
300 g di farina gialla fine
150 g di burro
150 g di strutto
300 g di zucchero
3 tuorli d’uovo
una buccia di limone
1 pizzico di sale
1 bicchiere di vino bianco secco

Per la preparazione:
Si versa sul tagliere la farina bianca e gialla e lo zucchero; si incorporano via via il burro, lo strutto, le uova e la buccia di limone, bagnando a poco a poco con il vino bianco.
Prima di infornare, con il coltello, si taglia la torta a spicchi. Quando la sbrisolona sarà cotta, toglietela dalla teglia mentre è ancora ben calda. Perchè si chiama sbrisolona, semplice, perchè si “sbriciola” sotto le vostre dita. Provatela e la riproverete.

Cosa abbinargli? Perché non provare una malvasia passita, non ve ne pentirete.
Se poi preferite altri dolci, potrete optare per il Buslàn, ovvero la classica ciambella.

Possiamo passare a un caffè, e magari un liquore, come quello prodotto in zona detto delle tredici erbe: camomilla; tè; basilico; salvia; erba “luigiaâ€; erba limoncina; menta; foglie di limone; alloro; maggiorana; rosmarino; zafferano; bergamotto; “sagarzettaâ€; ginepro; chiodi di garofano; un pezzetto di cannella; una bacca di vaniglia o una bustina di vaniglina.

Io a questo punto sfido chiunque ad alzarsi, qualora riusciate a farlo, una lenta passeggiata vi sarà d’aiuto nella digestione. Chi non avrà la forza, ozierà ancora un po’ al ristorante.

Ma ora brindiamo, in alto i calici e buona

Serie B…evute!

Nicolò Ditta

Per informazioni, richieste critiche o suggerimenti o tutto quello che vi pare, tranne soldi o bottiglie di vino; scrivetemi pure a: uctrapani@uscatanzaro.net

Autore

Tony Marchese

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