Intervistiamo

Terremoti, scoperto sistema di faglie tra la Sicilia e la Calabria

Scritto da Redazione
Secondo i ricercatori italiani la “finestra” spiegherebbe il lento, ma progressivo allontanamento tra le due Regioni, oltre all’alto rischio sismico nella zona
 

Un sistema di fratture litosferiche sta separando la Sicilia dal resto dell’Italia nella regione compresa tra lo stretto di Messina e l’Etna. Lungo questo sistema di faglie risalgono diapiri di serpentino che si originano nel mantello dell’antico oceano della Tetide.

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Sotto il fondale marino del Mar Ionio c’è dunque una finestra tettonica che permette di osservare da vicino blocchi dell’antico oceano Mesozoico e svela la natura della Tetide e i processi che hanno portato alla sua formazione. Lo afferma lo studio ‘Lower plate serpentinite diapirism in the Calabrian Arc subduction complex’, condotto da un team di ricercatori del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità ambientale dell’Università di Parma, composto dai professori Luigi Torelli e Andrea Artoni, dal dottor Mirko Carlini e da ricercatori dell’Istituto di Scienze Marine (ISMAR) del CNR di Bologna, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e del GEOMAR (Kiel, Germania), coordinato da Alina Polonia ricercatrice ISMARBo del CNR, e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica ‘Nature Communications’.

Le profonde faglie lungo le quali risale il mantello della Tetide controllano anche la formazione del Monte Etna, dimostrando che si tratta di un sistema di strutture in grado di innescare processi vulcanici ed essere sorgente di terremoti. Grazie a questa scoperta l’Arco Calabro, il sistema di subduzione tra Africa ed Europa al largo dell’Italia meridionale, ha dunque un importante primato.

È l’unica regione al mondo in cui siano stati descritti diapiri di serpentino che si originano nel mantello della placca inferiore che sprofonda al di sotto del complesso di subduzione. Questa scoperta avrà importanti implicazioni per capire meglio come si formano le rocce ofiolitiche e le catene montuose e, come afferma uno dei revisori, essa diventerà riferimento per i futuri studi geodinamici nell’area mediterranea e più in generale nelle zone di subduzione.

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