CASSAZIONE: Invitare a ”farsi una canna” non è reato

Un padre che invita il figlio a “farsi una canna” non è perseguibile penalmente. Il suo atteggiamento, infatti, per quanto riprovevole, deve essere considerato una semplice provocazione non punibile.

Lo sottolinea la Corte di Cassazione che, in una sua sentenza, ha assolto Francesco B., un chirurgo cinquantenne originario del catanzarese padre di due figli, accusato di aver tentato di indurre il figlio minore Daniele a fumare insieme a lui e alle cugine uno spinello di hashish.

Per la Suprema Corte, l’uomo non merita la condanna perchè il suo atteggiamento non è altro che una squallida provocazione attuata da persona praticante uno spregiudicato, trasgressivo ed anticonformista modo di vita.

Una vita sicuramente anticonformista quella del chirurgo, accusato di aver tentato di indurre il figlio al consumo di haschish, che andava sulla spiaggia insieme alle nipoti e agli amici per assumere hashish, suscitando l’irritazione e la riprovazione del figlio minore Daniele.

Ma per tutta risposta, il padre lo invitava a farsi a sua volta una canna. Di qui la denuncia dei figli e della ex moglie secondo i quali il solo invito rivolto al figlio a fumare hashish configurava reato, al di là della reazione che avrebbe avuto il ragazzo. Francesco B. è stato assolto anche in Cassazione.

La Terza sezione penale, contrariamente alle richieste del pm Luigi Ciampoli che aveva chiesto di annullare la sentenza assolutoria, ha respinto il ricorso presentato dai figli, costituitisi parti civili, condannandoli anche al pagamento delle spese processuali. Scrive piazza Cavour che “non può essere censurata l’assoluzione dell’imputato dal tentativo di induzione del figlio Daniele al consumo di hascish, avendo la Corte d’appello correttamente ritenuto che l’invito ad aspirare la canna è stata la reazione dell’imputato al rimprovero del figlio e alla sua esortazione a desistere dal fumare”.

Sicchè, annota la Suprema Corte, “non può che essersi trattato di una squallida provocazione attuata da persona praticante uno spregiudicato, trasgressivo ed anticonformista modo di vita con la sicura consapevolezza che l’offerta, stante la perentorietà del giudizio critico espresso da persona recisamente contraria all’uso di droga, sarebbe stata rifiutata”.

Da annotare ancora che Francesco B. era stato accusato anche di tenere atteggiamenti “eccessivamente permissivi nella sfera sessuale” nei confronti della figlia minore Sara (l’accusa era di atti sessuali sulla figlia minore). Ma anche in questo caso, la Cassazione ha ritenuto corretto il giudizio assolutorio espresso nei confronti del padre che “non può essere in alcun modo sminuito – annota la Cassazione – dagli elementi segnalati in ricorso circa la personalità dell’imputato, molto libera e permissiva nella sfera sessuale, sui quali, in assenza di elementi probatori che depongano inequivocabilmente per la sussistenza sui fatti penalmente rilevanti, non può essere basato un giudizio di responsabilità“. (CNN 30.03.2004)

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Redazione

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