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La cessione farsa del Catanzaro: non ci resta che ridere

L’editoriale di Francesco Ceniti

A saperlo prima si poteva chiedere al sindaco di aprire il Teatro Politeama: quale palcoscenico migliore per la farsa andata ieri sera in scena dal titolo “Il Catanzaro in vendita. Anzi, no”. Tra l’altro, vista la voglia di prosa dei catanzaresi, si sarebbe tirato su un cospicuo incasso e magari con la cifra si riusciva anche a comprare qualche azione dell’Uesse.
Battute a parte (ma mica tanto): prima di passare alla cronaca spicciola (che prevede, come nelle migliori commedie, tre versioni diverse) vorremmo illustrare il nostro parere. Noi non siamo dalla parte di nessuno: né di Mancuso, né di Tallarida. A noi interessa solo il futuro del Catanzaro. Ora, chiunque guiderà la società giallorossa nei prossimi mesi abbia in mente una cosa: lo stile e l’immagine di un’azienda sono le cose più importanti (se vengono a mancare il danno procurato all’impresa è elevatissimo). La capacità imprenditoriale si misura soprattutto in questi settori, non a caso esistono i manager (pagati fior di miliardi). Lo scempio di quest’ultimo mese resterà indelebile nella storia del Catanzaro: come e quanto il sesto posto in serie A. Un po’ di rispetto non guasterebbe nei confronti di chi da sempre ha le aquile nel cuore, di chi la domenica si collega a Internet dalla Norvegia o dal Messico per ascoltare una partita di C2. Se lo rammentino bene i padroni (nuovi o vecchi) del Catanzaro di domani.
Passiamo ai fatti. Come sapete la riunione di ieri sera doveva sancire il passaggio delle quote di Mancuso, Parente e Poggi al nuova società formata da Tallarida, Cavallaro e Signifredi. Davanti al commercialista Ierace si sono ritrovati gli attori (un termine che ha duplici significati) della trattativa. Qualcosa, però, è andato subito storto: secondo le indiscrezioni filtrate Giovanni Mancuso avrebbe costatato che le carte in tavola avevano subito un sostanziale mutamento. Il 51% della società, infatti, sarebbe finito in tasca dell’attuale socio di minoranza Claudio Parente, mentre solo il 49% sarebbe stato coperto (in contanti: soldi che sarebbero serviti a pagare gli stipendi dei giocatori) da Tallarida e Signifredi. Un segreto di Pulcinella (tutta la città era a conoscenza delle intenzioni del gruppo Medical) che avrebbe mandato su tutte le furie Mancuso.
Adesso vi chiediamo un minimo d’attenzione, così come quando è di scena il momento clou. I resoconti, infatti, sono tre. Procediamo con ordine. Versione di Tallarida e Signifredi: “Mancuso non vuole più vendere. Quando ha capito che con noi c’era Parente, ha mandato tutto all’aria. Diciamo le cose come stanno: noi ci siamo presentati a Catanzaro su sollecitazione di Parente. Ci sembra strano che adesso Mancuso non voglia più cedere le sue quote. Avevamo portato la nostra parte in contanti e domani (oggi per chi legge, ndr) avremmo pagato i giocatori. Non solo, avevamo già bloccato cinque calciatori per rinforzare la squadra. Trattativa saltata? Domani (oggi per chi legge, ndr) ci sarà la riunione definitiva”. Nostre considerazioni a margine: perché portare avanti una trattativa così ingarbugliata (con Parente che gioca a nascondino) quando i Mancuso avevano dichiarato più volte l’intenzione di cedere a chiunque la società? Come mai si è andati avanti per più di un mese con questa telenovela quando bastava presentarsi da subito con le fideiussioni? Perché Tallarida e Signifredi non hanno comprato, come d’accordo siglato, il 100% delle azioni (magari con delle garanzie firmate da Parente) per poi rivendere a cose fatte il 51% all’attuale amministratore delegato? Attendiamo risposte.
Versione numero due: Giovanni Mancuso. Secondo l’ex presidente la trattativa sarebbe saltata perché Tallarida e Signifredi non avrebbero portato i soldi necessari per coprire l’operazione. Uscendo dallo studio Ierace ha anche annunciato ai tifosi che il prossimo presidente del Catanzaro sarebbe stato “il giudice Fontanazzo”, che si occupa di fallimenti. Non solo, davanti a un centinaio di persone non ha trovato di meglio che insultare controparte e buona parte della tifoseria. Nostre considerazioni a margine. Fermo restando che le contumelie proferite (e ascoltate da molte persone) non sono giustificabili in nessun modo (a meno che non facessero parte del copione, ma a questo punto vorremmo conoscere l’autore), ci sembra di poter affermare una cosa: se Mancuso ha davvero voglia di uscire dal Catanzaro lo faccia subito. Non capiamo cosa possa interessargli se una quota resti in mano a Parente. Se, invece, non ha intenzione di lasciare la società in mano al suo socio di minoranza, lo dichiari pubblicamente. In questo caso, però, provveda immediatamente a pagare gli stipendi arretrati e subito dopo rinforzi in modo serio una squadra incompleta (allestita da questa dirigenza). Anche perché la battuta ad effetto sul nuovo presidente del Catanzaro (il giudice fallimentare) è assolutamente inverosimile. Non crediamo, infatti, che a Mancuso faccia piacere vedersi spulciare dagli ufficiali giudiziari tutti i bilanci della sue aziende. Questo, infatti, sarebbe lo scenario in caso di fallimento del Catanzaro. Quindi le ipotesi sono due: o Mancuso vende (a tutti, compreso Parente) o decide di restare (ma lo deve comunicare oggi stesso). Anche qui attendiamo risposte.
Terza versione. Quella soft di Domenico Cavallaro. Il presidente traghettatore ha dichiarato che “gli acquirenti non avevano tutte le garanzie necessarie”. Quel “tutte” spiega molte cose. In sostanza conferma quello che già si sapeva: Tallarida e Signifredi avevano i soldi per il 49%, mentre il resto delle garanzie spettava a Parente. Ma questo punto è stato giudicato come un cambiamento dell’accordo, bloccando, di fatto, la trattativa.
Il sipario, per il momento, si è chiuso. Si solleverà questa mattina, quando entrambe le parti cercheranno di chiudere la trattativa in loro favore. Una città intera resterà ad attendere, domandandosi se abbiano fatto bene a sottoscrivere un abbonamento al teatro Politeama, quando sarebbe bastato aspettare gratuitamente l’uscita di un gruppo di signori dallo studio Ierace.
Francesco Ceniti

p. s. se si continua su questa falsariga domenica scenderà in campo la beretti. Sarebbe l’ennesima umiliazione, ma si sa: al peggio non c’è mai fine

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Redazione

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