Intervistiamo

Operazione dei ROS contro il clan Muto di Cetraro

Scritto da Redazione
Nell’inchiesta denominata “Frontiera” della Dda di Catanzaro sono finiti in carcere 58 persone

 Il clan capeggiato da Franco Muto, detto il “re del pesce” per i suoi interessi nel settore ittico, condiziona tutta l’economia del comprensorio tirrenico cosentino, dal mercato del pescato al commercio. Il controllo totale della famiglia Muto (oltre al boss sono finiti in carecere un figlio e una figlia) era esercitato anche sulle lavanderie e sul personale di sicurezza dei locali del litorale tirrenico.

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Ma i tentacoli del “re del pesce” erano tanto estesi da consentirgli di gestire anche i beni che gli erano stati sottratti dalla legge. E’ quanto emerge dall’inchiesta “Frontiera” della Dda di Catanzaro che ha portato in carcere 58 persone. I Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza hanno eseguito gli arresti nelle province di Cosenza e Salerno ed in altre località del territorio nazionale. I militari dell’Arma hanno impiegato circa 400 uomini, provenienti anche dalla Campania, per cingere d’assedio la zona di Cetraro ed evitare fughe. Gli arrestati devono rispondere a vario titolo di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione e rapina.

La cosca avrebbe monopolizzato per oltre 30 anni le risorse economiche del territorio, occupandosi della commercializzazione di prodotti ittici, di servizi di lavanderia industriale nelle strutture alberghiere e della vigilanza a favore dei locali d’intrattenimento della fascia tirrenica cosentina e del basso Cilento, area a forte vocazione turistica. Gli inquirenti, in particolare, avrebbero documentato un imponente traffico di stupefacenti che, sotto il controllo del clan, inondava di cocaina, hashish e marijuana le principali località balneari della costa tirrenica calabrese. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati beni per circa 7 milioni di euro.

La cosca controllava totalmente i mercati ittici, vessando i pescatori e costringendoli a consegnare solo alle sue rivendite, gestite tramite prestanome, il prodotto pescato. Se pescavano più del pattuito, o una tipologia di pesce non gradita alla cosca, il resto finiva di nuovo in mare.

“Un particolare – ha detto il procuratore capo, Nicola Gratteri – che testimonia la spietatezza della ‘ndrangheta, che arriva a vessare dei poveri pescatori. Pensiamo – ha aggiunto – di aver colpito i vertici della ‘ndrangheta su quel territorio. Se la gente vuole, adesso la gente può alzare un muro per non far arrivare quelli della terza fila a chiedere mazzette. Noi siamo disponibili ad ascoltare chi vuole denunciare. Pensiamo di meritare la fiducia della gente.

E tanti già si fidano”. “E’ un clan antico, perchè è conosciuto da tempo, ma anche moderno, perchè sa diversificare le sue attività – ha detto ancora Gratteri – come se fosse una multinazionale. Andavano dagli amministratori dei grandi supermercati ed imponevano la gestione della pescheria – ha detto Gratteri – pena severe ritorsioni”.

“Nei pressi di Sala Consilina – ha aggiunto il pm Vincenzo Luberto – hanno fatto saltare in aria un supermercato, il giorno dell’inaugurazione. La Conad è stata molto vessata dal clan. A Cetraro – ha aggiunto Luberto – il Comune ha costruito, ma mai attivato, l’asta del pesce, che liberebbe il mercato. Il Comune deve fare di più”. Nella rete degli inquirenti sono finiti anche gli amministratori giudiziari dei beni sequestrati al clan, di cui la Procura aveva chiesto l’arresto. Alcune aziende di Muto erano state già confiscate, ma amministratori compiacenti avrebbero consentito al clan di continuare a gestirla e a far prosperare gli affari illeciti.

“Proporremo appello contro la decisione di non arrestare gli amministratori giudiziari collusi, che abbiamo indagato, – ha detto il pm Giovanni Bombardieri – richiesta di arresto che noi avevamo fatto”. “Una cosa è certa – ha aggiunto Nicola Gratteri – queste persone non lavoreranno più con noi. E forse neanche con altri”. Le indagini che hanno portato agli arresti di oggi sono partite dall’omicidio di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica (Sa), nel Cilento, ma non risulterebbero persone indagate per quel delitto. Il particolare è stato reso noto dal generale Giuseppe Governale, comandante del Ros dei Carabinieri. “Un clan violento e tracotante – ha aggiunto Governale – ma oggi lo abbiamo disarticolato, dando ristoro ai cittadini dell’area tirrenica. Una vera holding – ha detto ancora Governale – che ha imponeva la legge della tracotanza e credo che questa operazione sia un vero spartiacque tra passato e presente”.

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