Intervistiamo

Il passato calabrese del jihadista arrestato a Bari

Scritto da Redazione
L’uomo, un 45enne iracheno, era libero da gennaio dopo aver scontato una condanna a 10 anni per terrorismo internazionale e aveva vinto un ricorso presentato al Tribunale di Cosenza contro un provvedimento di espulsione emesso alcuni mesi prima dal prefetto della stessa città calabrese
 
 
 
 

L’iracheno Majid Muhamad, arrestato oggi a Bari dalla polizia di Stato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nell’ambito di un’indagine più ampia sul terrorismo di matrice islamica, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare a firma del gup Giovanni Abbattista, ha già scontato in Italia 10 anni di carcere per terrorismo internazionale.

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Stando alle indagini della Procura di Milano, confermate da una sentenza ormai passata in giudicato, il 45enne iracheno apparteneva ad una cellula con base in Italia, a Parma, e inserita nella black list dei gruppi terroristici internazionali, fondata nel 2001 da parte dell’emiro Mullah Krehar e attualmente dimorante in Norvegia. Muhamad, secondo quanto emerso dalle indagini di Milano, aveva il ruolo – come si legge negli atti notificati dalla procura di Bari – di «raccordo tra i capi dell’organizzazione transnazionale e l’attività dei membri della cellula italiana, con particolare riferimento all’approvvigionamento di documenti falsi» e all’accoglienza «in alcuni campi di addestramento dislocati nel Kurdistan e nella Siria, volontari per la jihad reclutati in Europa». L’organizzazione – sempre secondo quanto accertato dagli investigatori di Milano – avrebbe fatto arrivare, in quegli anni, sullo scenario di guerra irachena centinaia di combattenti di cui almeno cinque sarebbero morti in attentati kamikaze contro obiettivi americani.

Nell’ottobre del 2002 Majid Muhamad aveva lasciato l’Italia per recarsi in Siria da dove faceva la spola con il Kurdistan iracheno, occupandosi di gestire i volontari che dall’Italia venivano inviati dalla rete riconducibile ad Ansar al Islam nei campi di addestramento per poi combattere contro l’esercito americano.
Majid Muhamad era libero da gennaio scorso dopo aver scontato una condanna a 10 anni inflitta dal Tribunale di Milano per terrorismo internazionale e ha vinto un ricorso presentato al Tribunale di Cosenza contro un provvedimento di espulsione emesso alcuni mesi prima dal prefetto della stessa città calabrese.

Dopo il provvedimento di espulsione, infatti, l’uomo era stato trasferito nel Cie di Bari e, una volta vinto il ricorso e tornato in libertà, aveva deciso di restare nel capoluogo pugliese.

Qui nel giro di pochi mesi – secondo quanto emerso dalle indagini – avrebbe intrecciato una serie di rapporti e conoscenze con cittadini extracomunitari di varie etnie (marocchini, tunisini, georgiani) dai quali sarebbe stato riconosciuto come leader. Luogo di intrattenimento e socializzazione è stato individuato dagli investigatori in un Kebab nel centro della città che poi l’uomo avrebbe anche acquistato.

Dall’esame dei tabulati telefonici dell’utenza utilizzata da Majid Muhamad da gennaio scorso risulterebbero chiamate in arrivo o partenza verso svariati numeri internazionali di stati esteri tra i quali, oltre all’Iraq dove il 45enne ha moglie e figli, Francia, Germania, Regno Unito, Repubblica Ceca, Tunisia, Norvegia, Grecia, Svizzera, Romania e Afghanistan. Su queste utenze internazionali sono in corso verifiche da parte di procure estere. Molti di questi contatti, secondo gli inquirenti dell’Antimafia di Bari, sarebbero con soggetti contigui alla cellula terroristica di Parma, dimostrando che dopo anni quel gruppo si sarebbe ricostituito.

La Dda ritiene infatti che Majid Muhamad volesse «riaccreditarsi nuovamente agli occhi dei suoi interlocutori» e «rappresentare per essi ancora un punto di riferimento importante nel gruppo di matrice terroristica».
Majid Muhamad era stato trovato in possesso di un quaderno con copertina rossa, su cui appariva evidenziato il nome di Bassam Ayachi (l’imam del Belgio assolto alcuni anni fa dalla Corte di Appello di Bari dopo essere stato arrestato, processato e condannato in primo grado per terrorismo internazionale). Majid probabilmente aveva conosciuto Ayachi durante la detenzione nel carcere di Benevento. Gli agenti trovarono anche numerose cartoline postali, sul cui retro erano riportate, scritte con penna biro, frasi in lingua araba.

Si tratterebbe di messaggi scambiati con altri detenuti negli anni della sua carcerazione, tutti accusati di reati di terrorismo internazionale. «Fratello prediletto Abu Abd Rahman – è scritto in una cartolina – grazie a Dio io sto bene, sia Lode a te Dio Onnipotente che ci guidi. Mi pento verso di lui e chiedo una vita felice, la morte dei martiri e la vittoria sui nemici». In un altro messaggio è menzionato l’Isis: «In un momento storico in cui, in realtà, – sottolineano gli inquirenti baresi – la denominazione Isis non ancora contraddistingueva i seguaci del cosiddetto “Stato Islamico”, perlomeno nei resoconti di cronaca di quel periodo (giugno 2011). Infatti, l’unico riferimento a una possibile notizia che riguardasse l’Isis nel giugno del 2011, reperito da fonti aperte, è quello relativo all’inizio della rivolta armata in Siria».

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