Intervistiamo

Omicidio Gualtieri, chiesta conferma condanne

È arrivata oggi, alla Corte d’assise d’appello di Catanzaro, la richiesta della pubblica accusa della conferma delle condanne già sentenziate in primo grado per l’omicidio aggravato di Federico Gualtieri, ucciso a Lamezia Terme, il 27 marzo del 2007 in un agguato mafioso.

Il sostituto procuratore generale, Massimo Lia, ha chiesto ai giudici di non modificare la sentenza di primo grado, emessa il 3 marzo del 2014, mente richieste opposte sono giunte dai difensori degli imputati. Infine la Corte (presidente Palma Talerico) ha rinviato all’udienza del 9 aprile, per la discussione dell’ultimo difensore, l’avvocato Francesco Gambardella, e la sentenza.

Con la sentenza di primo grado Domenico Commodaro, giudice distrettuale dell’udienza preliminare di Catanzaro, al termine dei giudizi abbreviati – che valsero agli imputati lo sconto di pena di un terzo evitando a 3 di loro l’ergastolo -, ritenne colpevole e condannò a 30 anni di reclusione ciascuno Pasquale Giampà, detto “Mille lire”; Aldo Notarianni, detto “Alduzzu”; e Vincenzo Bonaddio, detto “Lucky”, ritenuti tra i componenti della cupola del clan Giampà, e mandanti del delitto.

Sei anni di reclusione ciascuno furono invece inflitti ai due collaboratori di giustizia Giuseppe Giampà, ritenuto anch’egli fra i mandanti dell’omicidio, ex capo dell’omonimo clan, e per Vincenzo Ventura, divenuto collaboratore di giustizia mentre era in corso il processo. Il 35enne Federico Gualtieri fu freddato con 8 colpi di pistola il mattino del 23 marzo del 2007 mentre stava sistemando la sua bancarella della frutta insieme alla moglie e al suocero in via Mario Ferlaino.

Secondo gli investigatori il delitto maturò nell’ambito della guerra fra i clan Giampà da un lato e Cerra-Torcasio-Gualtieri dall’altro. Il giovane, in particolare, sarebbe stato ucciso perchè Pasquale Giampà avrebbe temuto per la propria vita in quanto sospettava di essere la vittima predestinata di un agguato per preparare il quale il giovane Gualtieri stava effettuando dei sopralluoghi. Un sospetto che, sempre stando alle accuse, costo al 35enne una condanna a morte che, secondo l’accusa, sarebbe stata firmata dagli esponenti di vertice dei Giampà che in primo grado sono stati per questo condannati.

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Redazione

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