Prime condanne per il caso Rappoccio

Un anno e otto mesi per Loredana Tolla, collaboratrice dell’ex consigliere regionale; un anno e due mesi a Francesco Verbaro, altro assistente del politico

Prime condanne per il caso Rappoccio Arrivano le prime condanne per il caso Rappoccio, l’ex consigliere regionale finito al centro di diverse inchieste per truffa e peculato, ma soprattutto per il sistema di drenaggio dei consensi nascosto dietro le tre presunte cooperative fantasma a lui riconducibili e costituite per alimentare una personalissima macchina elettorale.

All’esito del procedimento con rito abbreviato, scaturito dall’inchiesta avocata dalla procura generale e coordinata dal pg Francesco Scuderi, il gup Massimo Minniti ha riconosciuto l’esistenza di un’associazione a delinquere di cui Rappoccio – a giudizio in ordinario – è considerato il capo promotore, condannando per questo i due collaboratori del politico che mesi fa hanno optato per il rito alternativo.

Incassa dunque un anno e otto mesi, senza sospensione della pena, Loredana Tolla, collaboratrice dell’ex consigliere riconosciuta colpevole di associazione a delinquere, concorso in truffa e concorso in corruzione elettorale, mentre è di un anno e due mesi la pena inflitta a un altro collaboratore del politico, Francesco Verbaro, marito di Maria Antonia Catanzariti, principale collaboratrice di Rappoccio, condannato per associazione a delinquere e concorso in corruzione elettorale.

Da oggi, non solo per il pg Francesco Scuderi che ha coordinato l’inchiesta e sostenuto l’accusa in dibattimento, ma anche per il tribunale di Reggio Calabria, la Tolla e Verbaro responsabili di essersi associati per consentire a Rappoccio di «essere eletto così come avvenuto, nonché di tentare di far eleggere al consiglio comunale, nel maggio 2011, Campolo Elisa che, pur non venendo eletta, otteneva un gran numero di voti ed infine di disporre di un congruo serbatoio di voti in vista delle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento nazionale».

Una sentenza importante, che sembra trascendere i confini del singolo procedimento e conferma l’esistenza di quell’associazione a delinquere – denunciata fin dai primi esposti dall’avvocato Aurelio Chizzoniti, cui oggi è stato riconosciuto il diritto ad un risarcimento che si stabilirà in sede civile –  che nei mesi precedenti alle ultime regionali ha fagocitato le speranze e i voti di tanti giovani e meno giovani disoccupati reggini. «Rappoccio – scriveva infatti il pg Scuderi nella richiesta di rinvio a giudizio – approfittando della grave crisi occupazionale in atto in questa Regione, ancor prima della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio regionale della Calabria, iniziava a prospettare concrete possibilità di lavoro presso cooperative strumentalmente costituite che, a suo dire, avrebbero dovuto operare in vari settori e, per ultimo, in quello fotovoltaico attraverso la cooperativa Alicante, la quale nel novembre 2008 bandiva un concorso per la copertura a tempo indeterminato fino a 400 posti di varie categorie professionali, di cui 250 vincitori e 150 idonei in graduatoria, che prevedeva l`assunzione dei vincitori con un contratto individuale di lavoro da parte di una multinazionale operante nel settore della produzione di energia alternativa».

Una – finta – selezione gestita «in un secondo momento dalla Iride Solare srl ed infine dalla Sud Energia, società create ad arte dal Rappoccio per continuare a proseguire i suoi fini illeciti e nel contempo fare sparire dalla scena quegli enti sui quali si erano appuntati i sospetti della stampa locale e le accuse del denunciante avvocato Chizzoniti, partecipavano 850 persone circa, cui veniva richiesto, in vista delle consultazioni elettorali del marzo 2010 per il rinnovo del consiglio regionale della Calabria, il proprio sostegno e quello di parenti e amici al Rappoccio, il cui successo veniva prospettato come elemento fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo della creazione dei posti di lavoro oggetto del bando. In particolare, a ognuno dei partecipanti al concorso veniva consegnata una scheda, da restituire ai collaboratori-correi del Rappoccio, la sua segreteria, con l’indicazione degli elettori dei quali si assicurava il voto, l’ubicazione del seggio ed il numero della sezione elettorale».

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

Autore

Salvatore Ferragina

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