Le spietate principesse della ‘ndrangheta

È dedicato alle donne dei clan il docu-film, in due puntate, che andrà in onda su Sky nella imminente stagione autunnale. Lo firma Beatrice Borromeo, giornalista del Fatto Quotidiano 
 

Beatrice Borromeo“Lady ’ndrangheta”. È il titolo scelto per il docu-film, in due puntate, che andrà in onda su Sky nella imminente stagione autunnale.

Lo firma Beatrice Borromeo, giornalista del Fatto Quotidiano lanciata da Michele Santoro ad Annozero, che lo ha realizzato per la Wildside di Lorenzo Mieli. Nel lavoro della Borromeo c’è di tutto: principesse e regine, ma della ’ndrangheta.

Donne che ordinano omicidi passionali, trafficano in armi, comandano il clan, spesso più crudeli dei mariti finiti in carcere. Madri che creano eserciti privati con i figli tossicodipendenti, cui iniettano la dose per renderli dipendenti dall’eroina e governare meglio il mercato della droga, la stessa che hanno imparato a impastare da ragazzine nel bagno di casa. Insomma quanto basta per prevedere un immancabile corollario di polemiche.

In un’intervista che verrà pubblicata da Vanity FairBeatrice Borromeo spiega l’origine della sua scelta di occuparsi di un tema così delicato e spinoso:
 «Un paio di anni fa, per la tesi del mio master in Giornalismo alla Columbia University, ho presentato un lavoro sul traffico di cocaina che dal Sudamerica arriva in Italia via New York. Avevo aperto dei contatti con Fbi e Dea e con Nicola Gratteri (procuratore aggiunto a Reggio Calabria e consulente della commissione parlamentare Antimafia, ndr).

È lui che mi ha raccontato dello strapotere femminile nella ’ndrangheta, la più potente mafia del mondo, con un giro d’affari di 40 miliardi di euro l’anno». Aggiunge ancora: 
«Mi sono confrontata con colleghi che ne sanno più di me: Enrico Fierro, Enzo e Nuccio Ciconte. E la chiave della società matriarcale nella mafia calabrese è piaciuta a Newsweek che ha finanziato l’inizio delle riprese, portate avanti con Oren Jacoby (regista di documentari, candidato all’Oscar, ndr). Abbiamo cercato di rompere lo stereotipo del padrino: mostriamo figure di donne che dalle inchieste emergono spietate e sempre protagoniste delle faide.

Un esempio fra i tanti: se subiscono un lutto, rifiutano di avere rapporti sessuali con il marito, esasperano l’ambiente familiare colpevolizzando tutti, fino a quando non viene accettato il loro ordine di vendetta».


Pa.Po – corrieredellacalabria

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Redazione

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