Strage di Duisburg, ergastoli confermati

Strage di Duisburg, ergastoli confermatiUn’assoluzione, due clamorose riforme di pena e la lieve riduzione di una condanna in precedenza rimediata, ma anche una valanga di conferme per la sentenza emessa un anno fa dalla Corte d’Assise di Locri, presieduta da Bruno Muscolo. È dunque una sostanziale conferma dell’impianto accusatorio costruito in primo grado dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri e dagli allora sostituti procuratori Salvatore Boemi, Adriana Fimiani e Federico Perrone Capano, la sentenza emessa nel pomeriggio dalla Corte d’appello di Reggio Calabria, presieduta da Rosalia Gaeta con Campagna a latere, a conclusione del processo “Fehida”, il procedimento scaturito dall’omonima operazione che il 30 agosto del 2007 ha stretto il cerchio attorno alle ‘ndrine di San Luca ritenute responsabili della strage di Duisburg, dove – solo 15 giorni prima – sei persone erano state trucidate davanti al ristorante italiano “Da Bruno”. 
A cadere sotto i colpi dei killer erano stati Tommaso Venturi, Francesco Giorgi, Francesco Pergola, Marco Pergola, Marco Marmo, Sebastiano Strangio. Tutti quanti – scopriranno gli inquirenti nel giro di poco tempo – gravitavano nell’orbita del clan Pelle-Vottari, in lotta da oltre quindici anni con il clan Nirta-Strangio che con quella strage aveva voluto “punire” l’omicidio di Maria Strangio, moglie di Gianluca Nirta e cugina di Giovanni, uccisa per sbaglio, al posto del marito, in un agguato nel giorno di Natale 2006 in cui rimase ferito anche un bambino di cinque anni. In precedenza, il 4 gennaio del 2007, per lavare nel sangue l’omicidio della donna,  era stato ucciso Bruno Pizzata, cognato di Giuseppe Vottari, freddato da numerosi colpi di arma da fuoco mentre era alla guida della sua automobile. Tutte pagine sanguinose della faida di San Luca, tra le quali l’indagine “Fehida” è riuscita a mettere ordine, portandone i protagonisti alla sbarra.
Un’inchiesta solida, conclusasi in primo grado con una sola assoluzione, 8 ergastoli e altre  pesanti condanne, confermate – se non per alcune eccezioni – anche in appello. 
Cadono le accuse per Antonio Carabetta, in primo grado punito con una condanna a 9 anni di reclusione e assolto in secondo grado, mentre vengono assolti dall’accusa di aver ucciso Bruno Pizzata, ma ritenuti colpevoli di associazione mafiosa  il marito di Maria Strangio, Giovanni Luca Nirta – che dall’ergastolo passa ad una condanna a 14 anni di reclusione –  e Sebastiano Romeo, cui la Corte ha inflitto una condanna a 12 anni di carcere, in luogo dell’ergastolo in precedenza rimediato. Lieve sconto di pena arriva anche per Antonio Pelle, classe 1988, che da una condanna a 18 anni passa a 12 anni di reclusione. Confermati invece gli ergastoli per Francesco Nirta, Giuseppe Nirta, Francesco Pelle, Giovanni Strangio,  Francesco Vottari e Sebastiano Vottari, come pure i 9 anni di reclusione inflitti in primo grado a Sonia Carabetta e l’assoluzione di Luca Liotino. 

corrieredellacalabria

Autore

Salvatore Ferragina

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